sabato 25 dicembre 2010

Buon Natale... e si salvi chi può!


“Babbo Natale è una figura mitica presente nel folclore di molte culture che distribuisce i doni ai bambini, di solito la sera della vigilia di Natale. Babbo Natale è un elemento importante della tradizione natalizia della civiltà occidentale, oltre che in America latina, in Giappone ed in altre parti dell'Asia orientale...”

Questo secondo le prime righe di Wikipedia, e il generale conformismo che induce a ignorare i tanti legami del personaggio con culture e pratiche profane. Potremmo ricordare le parentele con il leggendario San Nicola vescovo di Mira, e speculare su quanto le campagne commerciali della Coca-Cola abbiano influenzato l’iconografia del noto genio del Natale. Babbo Natale inizialmente vestiva di verde, rammenta sempre Wikipedia, e fu la bevanda più gasata del mondo a renderlo il pancione scarlatto e bianco che si conosce. Almeno così viene detto da decenni. Simbolo del solstizio d’inverno, momento di rinascita e rigenerazione, cui in seguito fu sovrapposta la ricorrenza della nascita di Gesù, Babbo Natale è in realtà una figura panica. Panico nel senso del tutto e del dionisiaco. Figura allegorica dalle mille valenze, si cristallizza come risultato di spunti culturali eterogenei. Ma la sua anima primordiale è barbara, poco affine all’asettico candore con cui di solito il personaggio è rappresentato. Il suo fato è sempre stato quello di mutare nei secoli, integrando pulsioni e sogni differenti, diventando a volte icona di innocenza, altre oggetto di trasgressione e di stravaganti invenzioni pop. Fino all’erotizzazione di Babbo Natale, vera icona del movimento omosessuale degli orsi, la sottocultura gay che valorizza la sensualità di uomini paffuti e barbuti. Insomma, Babbo Natale porta regali a tutti. Belli e brutti. Buoni e bricconi. Mistici e miscredenti. Cristiani e pagani. Babbo Natale è lo spirito della terra, e uno dei suoi segreti leggendari – sdoganato di recente da Helena Velena sul suo sito e nelle sue performance – ha davvero del bizzarro.


Torniamo a parlare per un momento della matrice del Babbo, cioè del tradizionale San Nicola. Tradizione che nasce in Russia, tra i territori della Siberia e il Circolo Polare Artico. Può suonare sorprendente, eppure le popolazioni pagane, per lo più tribù nomadi, che albergavano quelle fredde regioni, per il solstizio d’Inverno celebravano questa figura leggendaria scambiandosi dei doni esattamente come chi festeggia oggi la ricorrenza natalizia. Una pratica in particolare, se vogliamo, rappresentava il piatto forte di questa festa. Un dono allucinante. Sì, perché in quelle lande cresce un fungo molto particolare, dal caratteristico cappello scarlatto spruzzato di eleganti chiazze bianche... come (pensa un po’!) l’abito di Babbo Natale. Il suo nome è Amanita Muscaria, un fungo di cui esistono alcune varianti molto velenose, ma che è celebre per le sue proprietà allucinogene. Per arginare gli effetti tossici dell’Amanita, chi era avvezzo a farne uso, soleva farla seccare lasciandolo appesa per giorni davanti al caminetto in un modo che ricorda parecchio la famosa calza in cui Babbo Natale dovrebbe lasciare i suoi doni. Ma non finisce qui. Altro sistema per ricorrere alle proprietà stupefacenti del fungo senza troppi pericoli, era quello bislacco di farne cibare le renne, animale molto diffuso in quelle regioni. Infatti, l’apparato digerente delle renne, a differenza di quello umano, ha la facoltà di epurare l’Amanita dai suoi componenti più tossici. Agli esseri umani non restava che brindare con le urine rilasciate da questi animali, liquido che conservava le doti psichedeliche liberate dalle componenti chimiche che l’avrebbero reso mortale.


Rosso, bianco, camino, funghetti, renne... Un’equazione che parla da sé. Molto, molto prima dell’avvento tutto americano della Coca-Cola. Eppure, i parenti scomodi trovano quasi sempre il mondo di presenziare agli eventi importanti, e di ritagliarsi un posto intorno alla tavola imbandita. Non è un caso che quei funghetti rossi e bianchi, quelli che vediamo tanto spesso nelle illustrazioni delle più famose fiabe, siano anche diventati tra i più diffusi ornamenti natalizi. Non mancano neppure nel presepe, tra licheni, palme e altra improbabile vegetazione. L’Amanita Muscaria, rossa e bianca come la casacca di Babbo Natale, è presente anche lì. Vivace, ambigua e irrinunciabile per il completamento del consueto quadro festivo. 


Le feste, di cui l’umanità ha bisogno come delle pause per dormire, delle barzellette per ridere, dei sogni per andare avanti, appartengono a tutti, e spesso sono state prodotte da un coacervo di fenomeni popolari, che lungi da sottrarre importanza ai simboli possono soltanto rinforzarli. Per questo diciamo che Babbo Natale è una figura panica, cioè primeva e selvaggia, legata alla natura, alla vegetazione, alle bestie, e al bisogno di gioire, di far festa, impazzire e amare. Anche se schiacciati dalla ruota della festa più consumistica, e spesso ipocrita, dell’anno. Babbo Natale è ugualmente tra noi, e lo accogliamo per quello che può offrirci, nella nostra lingua, secondo i nostri codici culturali, sogni e aspirazioni. In barba alle tradizioni più ortodosse, al consumismo e all’insofferenza più snob. Per questo diciamo, anzi urliamo, aggrappati alla zattera del nostro quotidiano:  Buon Natale... e si salvi chi può. 

 
 
 

 


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