Alla base di tutto c’è il Ciclo di Sookie Stackhouse, serie di romanzi firmati dalla scrittrice Charlaine Harris ed editi in Italia dalla Delos Books. L’azione si svolge nella paludosa Louisiana, in un mondo dove i vampiri sono finalmente usciti allo scoperto dopo che un’industria farmaceutica giapponese ha creato e diffuso sul mercato il True Blood, uno speciale sangue sintetico in grado di soddisfare ogni loro esigenza nutrizionale. I vampiri possono quindi abbandonare il loro tradizionale ruolo di predatori, e lasciare che la razionalità e la voglia di integrazione prevalgano. Naturalmente, dopo secoli di inimicizia, la nuova convivenza con gli esseri umani non è proprio semplice. Le creature della notte continuano a essere temute e odiate. Tanto più che qualcuno ha scoperto le potenzialità allucinogene del loro sangue, la più seduecente delle droghe, mettendo su un commercio clandestino che causa un fatale ribaltamento dei ruoli. Ago della bilancia in questa delicata situazione, è Sookie, la giovane cameriera di un grill dotata di poteri telepatici. Sentire costantemente i pensieri disordinati e volgari delle persone intorno a sé non è piacevole per Sookie. Per questo tende a essere affascinata dai vampiri, le uniche creature a cui non riesce a leggere la mente. E l’arrivo di Bill, vampiro ultracentenario dai modi gentili, la coinvolgerà in una spirale vertiginosa di amore e violenza. Intorno a Bill e Sookie si muove una piccola folla di comprimari pittoreschi e ben caratterizzati. Jason, il fratello di Sookie. Un ragazzo fondamentalmente buono, ma impulsivo, tossico ed erotomane, pronto a seguire chiunque ci sappia fare con le parole. Sam, il proprietario del bar dove Sookie lavora. Gentile e innamorato, ma custode di un segreto inquietante. Tara, irascibile e bella afroamericana, che riveste il ruolo di migliore amica di Sookie a dispetto delle non poche tragedie con cui si trova a dover fare i conti. E mentre tra Sookie e Bill divampa un amore proibito, una catena di delitti insanguina la piccola città immaginaria di Bon Temps. Un assassino senza volto sta uccidendo tutte le donne umane colpevoli di aver avuto rapporti sessuali con un vampiro. E Sookie potrebbe essere la prossima.
E’ inevitabile accostare True Blood con la serie letteraria e cinematografica Twilight. Se non altro per l’elemento comune della storia d’amore tra una donna umana e un vampiro. Ma, considerando anche che Finché non cala il buio, primo romanzo dedicato a Sookie Stackhouse, fu pubblicato nel 2001, mentre Twilight di Stephenie Meyer vede le stampe solo nel 2005, la somiglianza si esaurisce qui. Se Twilight pone l’accento sui conflitti amorosi di stampo adolescenziale rivolgendosi a un pubblico molto giovane, il ciclo di Sookie Stackhouse, e di conseguenza True Blood, è un racconto dalle tinte molto più forti e dai densi sottotesti politici. Per alcuni aspetti, può ricordare i racconti gotici di Angela Carter, scrittrice britannica le cui novelle fantastiche erano veicolo di dichiarati contenuti femministi. True Blood è un prodotto moderno dal taglio estremo, che affonda la lama (o i canini?) nel ventre molle di un’America bigotta e irta di pregiudizi. Non a caso, anche nel nostro paese, la serie ha ricevuto il plauso della comunità gay per la capacità di mettere in scena le diversità, la voglia di integrazione, l’odio razziale e la complessità morale, spesso ambigua, che si trova a monte di tutti i conflitti sociali. Il riferimento è esplicitato nel telefilm dal frequente apparire della scritta “God hates fangs” (“Dio odia i dentoni”), palese variante dell’infame slogan omofobo americano “God hates fags” (“Dio odia i froci”). Ma ciò che rende True Blood così interessante è la capacità di non banalizzare mai l’argomento che intende affrontare. Tutte le personalità protagoniste della serie sono frastagliate e persino contraddittorie. Non tutti i vampiri hanno voglia di integrarsi, così come non tutti i diversi, nell’accezione più umana del termine, sono pronti ad accettare i nuovi venuti. Quel che conta, insomma, sono gli individui e la loro statura morale, al di là della categoria di appartenenza. Altro aspetto affascinante è la visione estremamente sfaccettata della sessualità. Da sempre, il vampiro è il simbolo della tentazione erotica, pulsione distruttiva che dovrebbe svilire l’essere umano trascinandolo all’inferno. True Blood, di capitolo in capitolo, suggerisce che il demone del sesso in un certo senso esiste, ma che alberga in ogni essere vivente, umano o vampiro, e che le perversioni da questo ispirate possono essere ben più mostruose di chi per vivere deve nutrirsi di sangue. Il telefilm si affida a un’estetica di corpi nudi, sangue che schizza e sesso esplicito ai limiti del softcore. Una sinfonia di carne e sangue, dove l’amore tra Sookie e Bill è l’unico valore identificabile come inequivocabilmente puro. Per i continui riferimenti sessuali, più che per la violenza, possiamo dubitare che vedremo questo telefilm al di fuori del circuito satellitare.
Anna Paquin, premio Oscar da bambina per Lezioni di piano, e in seguito tra i protagonisti della trilogia dedicata agli X-Men, è Sookie. Una figura sì dolce e coraggiosa, ma non esente da dubbi e momenti di smarrimento. Stephen Moyer, attore inglese emergente, sembra nato per interpretare Bill. Enigmatico e sfuggente, tratteggia un personaggio dagli sviluppi tutt’altro che scontati. Ryan Kwanten e Rutina Wesley sono entrambi credibili nei ruoli rispettivamente di Jason e Tara, mentre Nalsan Ellis, nella parte del cuoco-pusher omosessuale Lafayette, cugino di Tara, è forse un po’ sopra le righe, ma comunque godibile. Sam Trammel recita la parte di Sam Merlott, proprietario del bar e capo di Sookie, con l’ambiguità richiesta al personaggio. Di grande presenza scenica Alexander Skarsgard, figlio dell’attore svedese Stellan Skarsgard, nella parte di Eric, antichissimo vampiro gestore di un locale equivoco che anche molti esseri umani sono tentati di visitare. Figura imponente e carismatica, interpellato e in seguito scartato da Hollywood per il prossimo progetto cinematografico sul dio Thor della Marvel. Il cast di True Blood se ne gioverà.
In definitiva, una serie da vedere, che si presta a più letture e che ha le carte in regola per riuscire gradita a palati differenti. True Blood piacerà a chi apprezza lo scrittore texano Joe R. Lansdale e i suoi mistery estremi e sboccati. Ma anche a chi ha amato la serie di Buffy, con la quale ha in comune un universo soprannaturale in continua espansione. Potrà interessare gli amanti del racconto giallo, e sarà gradito infine a chi cerca in un telefilm non solo mero intrattenimento, ma seri spunti di riflessione. Divertente e azzeccata la scelta del tema musicale di apertura, il brano country di Jace Everett Bad Things, preesistente alla serie, che sintetizza ottimamente le atmosfere paludose e sensuali del telefilm. E mentre l’assassino misterioso miete le sue vittime, ree di essersi lasciate toccare dal diverso, e i vampiri sono combattuti tra la ricerca di una pacifica convivenza con gli umani e la loro furiosa voglia di libertà, queste note, queste parole evocano il fantasma di una pulsione né buona né cattiva, ma spesso sconvolgente. Una tentazione che livella tutti gli animi, siano buoni o maligni. Che può portare felicità come distruzione. “...before the night is through/ I wanna do bad things with you”.
Prima che la notte sia finita, voglio fare cose cattive con te.
Questa recensione è stata pubblicata anche su Fantasymagazine.
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