giovedì 17 gennaio 2008

Nel silenzio... un NO. Ed è tempesta!


In questi giorni stiamo ascoltando una martellante campagna di "snaturamento" dei fatti, che parte (cosa gravissima) dai principali notiziari delle televisioni generaliste. Usare nel sommario l'aggettivo "assurdo" davanti al "No" dato al pontefice dal movimento studentesco dell’Università La Sapienza, fornisce una direzione personale alla notizia di cui non si sentiva alcun bisogno e che contribuisce a sobillare gli animi meno consapevoli e più inclini a digerire bieca propaganda. Viviamo in un paese dove i politici di destra e sinistra manifestano un servilismo vergognoso nei confronti della chiesa, con il principale risultato di produrre un cortocircuito nella crescita morale e sociale del paese. Una realtà dove l'unica identità confessionale (quella cattolica, per l'appunto rappresentata dal papa) gode di una tribuna quotidiana in televisione, sottraendo sempre più spazio alle categorie meno tutelate e remando contro un reale progresso civile e pluralista. Si vedano le questioni della fecondazione assistita e delle coppie di fatto, affossate da ingerenze che in paesi più evoluti non sarebbero nemmeno concepibili.
Il vittimismo del Vaticano (e dello sterminato coro di prefiche che in questi giorni si chinano a baciare la parte offesa) è quanto di più irritante si possa ascoltare in questi giorni bui. Ma ancora più costernante è la solerzia di tanti personaggi pubblici (appartenenti alle più diverse fazioni) a farsi ripetitori di segnali menzogneri. Insopportabile anche l’intervento del cantante Jovanotti, al notiziario di Rai 1, che snocciola banalità buoniste dando ragione di credere che nessuno lo abbia informato su quanto è veramente accaduto. Ci tocca sentire menzogne vergognose, come l’ottusa (ma non per questo meno applaudita) affermazione di Tremonti a “Ballarò”, che vomita uno slogan già vecchio e notoriamente falso: “In Italia può parlare un musulmano. Al papa viene chiusa la bocca”.
Ogni sviluppo del nostro costume, delle nostre leggi, del nostro quotidiano, è ostaggio del cattolicesimo da tempo immemorabile. Non c’è traccia nei nostri mezzi di informazione di voci provenienti da confessioni che non siano riconducibili alla santa sede. Non esiste contraddittorio né rispetto per chi attende da secoli che si ripari a disparità sociali perpetrate da secoli. Tutto è immutabile e sigillato in nome di un misticismo più pertinace nei divieti che nella misericordia. Eppure c’è chi grida che “nel nostro paese la democrazia è a rischio” solo quando viene toccato personalmente. Non prima, né dopo. Con buona pace delle minoranze non tutelate e dei vuoti legislativi che rendono l’Italia il paese meno affidabile nell’ambito della comunità europea.
Se il dialogo e il confronto sono concetti sacri tanto per i credenti quanto per i laici, è necessario guardare al quadro generale e ai passi che sono stati fatti per stabilire il giusto peso degli eventi. Invitare il pontefice è stato un errore. E ricordiamo che l’invito non prevedeva una semplice visita o un confronto con gli studenti, cosa che sembra emergere dalla maggior parte dei dibattiti in onda in queste ore. Ma una vera e propria cerimonia che avrebbe dovuto aprire l’anno accademico. Un insegnamento ex catedra che avrebbe dovuto infondere il crisma ideologico (e il segnale mediatico sarebbe stato molto potente) su tutti i successivi lavori dell’ateneo. Formulare l’invito è stata una scelta diplomaticamente infelice, e alla luce dei fatti contingenti, delle lotte sociali in corso e del dispotismo ideologico dimostrato negli ultimi anni, il segnale di un risoluto “No” da parte del movimento studentesco era non solo necessario, ma è anche un sintomo di buona salute intellettuale da parte delle nuove generazioni.
Non c’è insulto, non c’è offesa. Non c’è neppure ostilità. E’ un atto politico che merita rispetto, là dove una figura istituzionale del mondo cattolico, onnipresente e intoccabile per definizione, viene fatta avanzare in un territorio che non desidera (legittimamente) raccogliere le sue direttive morali. Nel servile silenzio cui siamo abituati è risuonato un rifiuto, e questa, amici miei, è una cosa dell’altro mondo.
Stracciarsi le vesti, con tanto di tam tam mediatico martellante, è solo un altro segno della sudditanza trasversale della nostra classe politica all’influenza vaticana. Ed è inevitabile, a maggior ragione, schierarsi con il movimento degli studenti della Sapienza.

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