giovedì 21 giugno 2007

L'Insegnante, il Padre, il Deficiente

Arrivo buon ultimo, ma su questa pessima storia, che in pochi giorni ha suscitato un vasto movimento di opinione in rete, due parole vorrei dirle anch’io. Mi riferisco alla vicenda dell’insegnante di una scuola media di Palermo che, davanti all’ennesimo episodio di bullismo da parte di un suo alunno, anziché trincerarsi nella consueta, colpevole indifferenza, lo ha punito obbligandolo a scrivere cento volte sul quaderno la frase “Sono un deficiente”. Il bulletto (pare recidivo) aveva impedito a un compagno l’ingresso al bagno dei maschi dicendogli: “Tu sei un gay, qui non entri. Vai nel bagno delle femmine”.
La reazione del padre del bullo è stata immediata. L’insegnante è stata denunciata ai carabinieri, insultata dal genitore inviperito (“Mio figlio sarà deficiente, ma lei è una cogliona!”), e sottoposta a un processo con rito abbreviato in cui il pubblico ministero ha chiesto per lei due mesi di detenzione con pena sospesa. La famiglia del dodicenne punito ha peraltro chiesto un risarcimento dei danni, in quanto il ragazzo, traumatizzato dalla punizione, dovrà ricorrere all’aiuto di uno psicologo.
Sorvolando sui particolari grotteschi (il bulletto ha scritto cento volte “deficente” senza la “i”), la cosa che mi allarma di più è il silenzio (sembra totale) della famiglia della vera vittima di questo brutto episodio. Stiamo seguendo una vicenda giudiziaria che sicuramente farà discutere e che con molta probabilità non si concluderà con la sentenza. Ma se il piccolo bullo, punito da un’insegnante con trent’anni di esperienza sulle spalle, avrà bisogno di sostegno psicologico a causa di un comportamente indegno, che cosa ne sarà del compagno perseguitato? Chi si preoccupa del suo trauma, e di tutta la sofferenza che questa storia, portata avanti da una giustizia che si sta dimostrando poco accorta, sta ulteriormente aggravando?
Pare evidente, che le famiglie dei bambini vittime di bullismo facciano tutt’oggi una grande fatica ad alzare la testa. Quasi fosse motivo di vergogna avere un figlio che viene messo in mezzo da compagni prepotenti. Intanto, su Internet, cresce la solidarietà per l'insegnante e lo scandalo per la condotta, tutt'altro che educativa, della famiglia del bullo. Non è importante, a mio parere, soffermarsi sulla modalità della punizione. Interrogarsi sulla forma del sistema correttivo potrà essere lecito, ma in questo momento è anche assolutamente intempestivo. I fatti contingenti sottolineano la potenziale impunità di chi commette atti di bullismo, con un conseguente messaggio che definire diseducativo sarebbe poco. L’insegnante avrebbe potuto far scrivere al bullo “Sono un DELINQUENTE”, più che un “deficiente”. Ma è probabile che sentirsi etichettare come un criminale avrebbe indotto orgoglio e non vergogna nel piccolo bullo. La questione, in realtà, è di quelle di lana caprina. Infatti, se invece che a scrivere cento volte una frase penitente, il bambino fosse stato costretto a chiedere scusa al compagno davanti a tutta la classe, dubito molto che, per l’insegnante, le conseguenze sarebbero state diverse. Il bulletto avrebbe vissuto il tutto come un’umiliazione, e anche in questo caso l’avrebbe raccontata tra le lacrime al padre. Anche lui piccolo e umiliato come una "femminuccia" alla mercé di un potere più grande che, anziché impedirgli di usare il bagno dei maschi, ha pensato di fargli assaggiare una medicina simile a quella che aveva con tanta leggerezza somministrato a un coetaneo. A questo sarebbe seguita comunque la denuncia dei genitori, giacché il figlio (protetto da un contesto familiare che evidentemente non si preoccupa troppo di incoraggiarlo a perseverare in comportamenti deprecabili) avrebbe comunque subito un trauma.
Delle umiliazioni subite nel tempo dal ragazzo perseguitato, invece, nessuna autorità (così solerte a raccogliere la denuncia) sembra si stia preoccupando. E (spero vivamente di essere smentito in un futuro prossimo) nemmeno la sua famiglia, sepolta nel silenzio. Ricordo con molto fastidio uno degli slogan più insensati del trascorso Family Day. Quello che ricordava che “all’origine di tutte le cose ci sono sempre un uomo e una donna”. Raramente frase fu più infelice. Perché non si contano le cose negative e malate all’origine delle quali ci sono stati, prima di tutto, dei genitori irresponsabili. Esattamente come in questo amarissimo caso, in cui un malinteso senso di protezione sta prevalendo, con l'aiuto di una giustizia miope, sulla necessità di educare.
Spero solo che, se il piccolo bullo verrà davvero affidato alle cure di uno psicologo, che questo professionista si dimostri più illuminato di quanti ritengono, a torto, di doverlo esonerare da quello spinoso cammino che è l'educazione.

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