Solo
poche righe, per un senso di urgenza che non posso frenare. Poche righe
e un rimando a una voce di Wikipedia che vorrei leggeste.
Voglio ricordare Victor Jara,
artista cileno ucciso il 16 Settembre 1973, nei primi giorni
dell'esplosione liberticida orchestrata dal segretario di stato
americano Henry Kissinger (che vinse il premio Nobel per la pace lo
stesso anno!) e amministrata sanguinosamente per decenni dal generale
Augusto José Ramón Pinochet Ugarte.
Victor Jara era un cantautore.
Victor Jara era un poeta. Victor Jara era la voce di un popolo. In un
modo distante, quasi alieno, dalla nostra cultura musicale. Quella
latino americana è una realtà dove musica, poesia e impegno sociale si
fondono in un'unica impetuosa opera d'arte. Da una ricchissima
tradizione musicale etnica, alle sperimentazioni di Violeta Parra fino
al fenomeno della Nueva Canciòn Chilena, l'anima musicale e politica del Cile diede origine a Victor Jara. La sua canzone "El derecho de vivir en paz",
scritta durante gli anni del Vietnam, ha travalicato il suo contesto
storico per diventare un inno alla pace senza tempo. Così come "Manifiesto" era
l'espressione candida e risoluta di un uomo che avrebbe cantato la
libertà fino alla fine. Fine giunta allo stadio Chile di Santiago, quel
maledetto Settembre del 1973.
Oggi Pinochet non c'è
più. Un vecchio malandato ha smesso di vivere senza che nessuna vera
condanna morale sia mai stata emessa dalla comunità internazionale. Oggi
assistiamo, in Cile, a manifestazioni nostalgiche del regime
dittatoriale. Ci tocca sentir dire da qualcuno che "quelle cose" non
sono mai accadute.
Mi sembrava doveroso, in questi giorni, ricordare la figura di Victor Jara, a emblema delle migliaia di vittime di una tirannia ancora osservata con troppa distrazione.
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