giovedì 24 agosto 2017

Dylan – Dream of the Living Dead


C'è poco da fare. Sembra che Dylan Dog sia destinato a vivere più nei sogni e negli sforzi dei fans, con tutti i limiti del caso, che in una grossa produzione televisiva e cinematografica. Inutile continuare ad accanirsi contro il pessimo film statunitense con Brandon Routh. Quello semplicemente... non era Dylan Dog. Ancora meno di quanto Ben Affleck fosse Daredevil nel film del 2003 e in seguito Batman nel controverso “Batman v. Superman”, diventato ormai un vero e proprio simbolo dello snaturamento possibile nel passaggio dalla carta allo schermo.

Ricordiamo anche che una trasposizione “ufficiale” risente di una serie di paletti legali. Le norme sul diritto d'autore variano da paese a paese, e in America la “maschera” di Groucho Marx non può essere riprodotta senza sborsare una cifra astronomica. Ragione per cui, il personaggio è stato rimosso dal film in cui Routh interpretava un “omonimo” del personaggio creato da Tiziano Sclavi.

Uno scoglio simile hanno dovuto affrontarlo (anzi, circumnavigarlo) la crew austriaca che ha prodotto “Dylan - Dream of the Living Dead”, un mediometraggio – anche questo senza scopo di lucro – che si propone come un possibile Pilot di una serie. E' stato infatti necessario modificare i nomi e alcune caratteristiche dei personaggi principali per non incorrere in spiacevoli incidenti legali. Ma le varianti non pesano (anzi, alcune sono pure divertenti e riescono a farsi accettare con simpatia), e l'atmosfera generale riesce a rendere con grande rispetto la “mitologia” dell'indagatore dell'incubo, anglosassone per scelta narrativa, ma di anima italianissima.



Dopo “La morte puttana” di Denis Frison, “Il trillo del diavolo” di Roberto D'Antona e “Vittima degli eventi” di Claudio Di Biagio e Luca Vecchi (cui si aggiungono tanti altri esempi amatoriali meno noti), ecco dunque questo ulteriore omaggio a un'icona fumettistica che, sebbene la sua vita editoriale stia patendo il fisiologico invecchiamento e gli immancabili lifting, resta e resterà stampato nell'immaginario di molti lettori di più generazioni. Dylan Dog, come recitava uno strillo pubblicitario della stessa casa Bonelli tempo fa, è ormai un mito moderno.

Il regista Kevin Kopacka e la sua squadra dimostrano una profonda conoscenza della materia che affrontano (Kopacka firma anche i divertenti dialoghi insieme con Alex Bakashev) e la scelta non si discosta (giustamente) da quella fatta dai fimaker italiani che si sono già immersi nel mondo di Dylan. E cioè dall'intento di creare una sintesi del suo universo, condensando in un tempo limitato personaggi, citazioni, scene iconiche, e il surrealismo che permette di rompere ogni logica e avventurarsi nel territorio della fantasia più sbrigliata. Insomma, il Dylan Dog più classico. Anche se qui è chiamato Dylan Dawn. Anche se Groucho (che non è Groucho) è un attore asiatico (ma in qualche modo riesce a essere Groucho lo stesso), Bloch è tutto sommato Bloch, e la Trelkovsky...

No, questo è meglio che lo scopriate da soli. Noi abbiamo trovato questa lettura fottutamente divertente e azzeccatissima.

I precedenti fanmovies avevano i loro pregi e difetti. Chi più chi meno. “La morte puttana” era un grosso sforzo produttivo per un'opera amatoriale, che riusciva a inanellare una quantità di citazioni, e sostanzialmente vedeva il suo neo più grande in una durata forse eccessiva. “Il Trillo del Diavolo” era un'opera più breve e diversa. Riuscita, ma che forse sacrificava troppo la componente ironica al gusto estetico. Un discorso a parte meriterebbe “Vittima degli eventi”, progetto che si proponeva (anche in quel caso) come pilota di una serie di cui, allo stato delle cose, non si ha notizia. Anche in quel caso il lavoro svolto puntava alla sintesi di icone e atmosfere, sebbene la trasferta romana di Dylan non riusciva a convincere del tutto.


“Dylan – Dream of the Living Dead” accentua la componente onirica e “meta” presente negli esperimenti precedenti. Potremmo anche dire che la esaspera (in senso positivo) e produce un piccolo incubo fumettistico di trenta minuti dove non conta quello che viene narrato, ma il modo in cui lo si narra. E' probabile che il trend contemporaneo dei cinecomics miliardari induca molti lettori di fumetti a storcere il naso davanti al budget contenuto e a certe soluzioni artigianali. Ma torniamo al punto di partenza. Il cinema, i professionisti, non hanno certo mostrato di saper fare di meglio. E per un vecchio lettore italiano calarsi, sia pure per poco, nelle classiche suggestioni ideate da Tiziano Sclavi, in un racconto composto da un intreccio di incubi, morti viventi e continue citazioni può essere molto piacevole. Gli attori se la cavano in modo più che diligente, i dialoghi sono ben confezionati. E... quel prologo? Pochi minuti che già contengono buona parte del mondo dylaniato. Dylan e Groucho, quelli “veri”, che non vediamo in faccia mentre si preparano a guardare questo inusuale prodotto austriaco che li riguarda, i loro commenti, le loro allusioni... colgono già tutto quel citare e la volontà di ibridare i codici che è stato alla base del successo del fumetto di Sclavi nell'ormai lontano 1986.

Forse qualche omaggio alla cultura italiana può risultare ingenua (ma neppure tanto, dopotutto). E non è affatto male sentirsi rappresentati dal ricorso a uno dei nostri massimi cantautori (ed evitiamo spoiler). Insomma, “Dylan – Dream of the Living Dead” è un mediometraggio amatoriale godibilissimo, visibile su Youtube con sottotitoli in italiano, che merita di vedere premiati i suoi sforzi. Se non altro con un sonoro applauso di incoraggiamento e l'augurio di fare sempre meglio. Non è detto che il destino di Dylan Dog sia in una serialità live action. Possibilmente è meglio accontentarsi di one shot che ne riassumono la poetica e le suggestioni. Parere personale, ovviamente. Poi è tutto da vedere.

Complimento, intanto, a Kevin Kopacka e ai suoi collaboratori per il gradevole lavoro svolto. Vedere appassionati così creativi con i loro poveri mezzi, scalda il cuore.
Vi pare poco, Giuda ballerino?!

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