giovedì 10 luglio 2014

CITTACOTTE: Mission


Palermo, 9 Luglio 2014. Mission... Impossible? Forse, ma anche quest'anno il rituale di Cittacotte, la botteguccia di mastro Vincenzo Vizzari, sul Cassaro di Palermo è stato rispettato. Una nuova vetrina inaugura in anticipo la festa patronale ormai alle porte. Ogni anno una versione diversa, trasgressiva, allegorica e urbana di Santa Rosalia, protrettrice della città e simbolo più volte rivisitato. Soprattutto negli ultimi anni, periodo in cui mastro Vizzari ha davvero rotto ogni indugio nel reinterpretare la figura della santuzza in chiave metaforica, adottando spesso uno stile postmoderno, tra il mitologico e le trasfigurazioni care ai surrealisti.


Ore 21: sulle note del Dies irae dal Requiem di Giuseppe Verdi si alza il sipario. Stavolta ci troviamo di fronte a una Rosalia sofferente, le cui forme sono collassate rendendola una figura schiacciata, morfologicamente ambigua, ibrida tra i segni distintivi della santuzza e la trinacria che da sempre identifica la Sicilia. Una trinacria impegnata nello sforzo del titano Atlante, a reggere una Palermo a sua volta crollata sul proprio asse, fatta pezzi e frullata in una frastagliata colonna di bellezze e di orrori. Le sagome riconoscibili di una città antica e nobile, l'imperante spazzatura e il delirio di automobili e segnaletica ormai disposta senza più alcun senso pratico. Un groviglio di sogni e incubi, meraviglia ripiegata su se stessa da cui numerose mani si protendono all'esterno come quelle di prigionieri che implorano la libertà, intrappolati in una torre di Babele dove antico e moderno si intrecciano sotto un cielo furente, simbolo di sdegno per l'indifferenza umana. Rosalia resiste come il leggendario Cola Pesce, una forza disperata che si oppone al gorgo che trascina giù la sua città, nell'abisso del degrado e dell'annichilimento.

Rosalia, stavolta più che in passato, è una maschera tragica, che recupera suggestioni da teatro greco. Il suo volto incoronato di fiori è distorto da un grido muto che rammenta l'Urlo di Munch, ma l'espressione dolente sottolinea anche lo sforzo e la volontà irriducibile di una città che si rifiuta di arrendersi e crollare definitivamente.


L'opera di Vizzari matura di anno in anno, introducendo elementi sempre nuovi e sorprendenti che Mission, questo il titolo della vetrina per il Festino 2014, è parola di ispirazione cinematografica e rimanda a temi religiosi, ma il concetto espresso dall'opera in questione è più vicino a una tradizione pagana e panica, dove il tutto (la città con il suo patrimonio e chi vi abita) va salvata... dalla città stessa, rappresentata da Rosalia. Una missione (impossibile?) che rappresenta una chiamata alle armi della cittadinanza, per il recupero di spazi e valori collettivi, là dove la fuga (le mani protese all'esterno) può essere un'alternativa allettante per molti.
trasformano la tradizione in laboratorio sperimentale.

L'arte di Vincenzo Vizzari continua a essere un appuntamento cittadino sempre partecipato e affascinante, e per questo andrebbe in qualche modo istituzionalizzato e portato all'attenzione dei media. Un peccato che la sua esistenza sia lasciata palpitare ancora in modo sotterraneo. Ma questo fa parte dei tanti nodi intrecciati nell'enorme fardello, fatto di contraddizioni, pene e gioie, sorretto con tanta fatica da Santa Rosalia. Ed è la missione dei palermitani tutti. Scoprire (o riscoprire) quanto di prezioso possediamo e non sappiamo (o abbiamo dimenticato) di avere.




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