sabato 3 luglio 2010

Per una strisciata




Stavo alzando la saracinesca del negozio. La strada alle sei del mattino è deserta. Solo il bar di fronte è aperto. Il sole colorava di rosso la strada. Un rumore di bottiglie attira la mia attenzione. Qualcuno sta spargendo per strada l’immondizia che era stata lasciata in un angolo. Guardo ma non riconosco la persona. Poi lo vedo fermarsi al bar. Lo stesso dove vado ogni mattina. Lì lo incontro. Mentre sfoglio il giornale in attesa del mio latte macchiato tiepido, inizia ad inveire contro tutti gli extracomunitari. Rumeni in testa. Sono sporchi. Tutti. Soprattutto i rumeni. Stanno insozzando Palermo. Tunisini, marocchini, zingari, rumeni. Non riesco a trattenermi e dico: “E palermitani”.
“No, i palermitani no. E poi chi c’entra! unn'è u stissu.”
Per me la munnizza è munnizza, e vedo moltissimi palermitani che lasciano il sacchetto all’angolo della strada. Con indifferenza, con un “Ops! Mi è caduto”.
Il tizio comincia a scaldarsi. Senza alcun motivo. Mi sembra un esaltato. Si offende perchè si sente paragonato da me ad un rumeno. Vuole delle scuse, non capisco per cosa. Nel frattempo con una mano mi spinge la spalla. Io mi allontano e finisco il mio latte macchiato. Esco dal bar e mi avvia verso il negozio. Lui dall’ingresso del bar comincia ad inveire contro di me.
Colorite espressioni urlate alle sei e un quarto. In una strada deserta e sempre più arrossata dal sole. Tutto un rosario di invettive. Da “Sei un pezzo di merda” passando per “Si l’ultimu omu di sta terra”.
Apro il negozio e cerco di dimenticare. Vedo il suo motorino fermarsi davanti il mio negozio. Appoggiandosi alla cassa si sporge verso di me. Urlando chiede delle scuse per non so cosa. Mentre lui sbraita guardo il monitor del computer cercando di ignorarlo. Si scalda sempre di più. Pretende che lo guardi negli occhi e gli risponda. Lo guardo un attimo negli occhi. Occhi lucidi, pupille piccolissime. Sicuramente ha iniziato la giornata con una strisciata.
“Non rispondo quando si usa questo tono” gli dico.
Sempre più eccitato mi minaccia. Cerco di non perdere la calma. Mi ci paro davanti. Lui si avvicina all’entrata del negozio e prima di andarsene mi urla:
“E quannu ma vò sucari u sai unni staiu” e se ne va.
Rimango a pensare che, primo non so dove abita. Ma so che sua madre esercita la professione più antica del mondo. E lo fa con discrezione e professionalità. Veramente.
Secondo: pur conoscendolo non mi è balenata per la testa l’idea. Proprio il conoscerlo esclude l’idea.
Terzo: perdere la testa per me, non giustifica tutto questo teatrino.
Poi ho riso ascoltando una canzoncina. Ed è iniziata un’altra giornata.


Sade

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