Si
era iniziato parlando di PACS, con buona pace dell’estensione del
matrimonio alle coppie omosessuali. Oggi ci vediamo presentare i DICO,
ma la musica non cambia. O meglio, il concerto è sempre di una cacofonia
mostruosa. Ci sentiamo dire da qualcuno che è “già qualcosa”, da altri
che sono “un attentato all’istituzione familiare”. Non una parola sul
fatto che esiste una direttiva europea, alla quale l’Italia avrebbe
l’obbligo di adeguarsi in tempi brevi, per dirimere l’annosa questione
dei diritti delle coppie gay. Un ginepraio a causa del quale il nostro
paese rischia anche una sanzione. Ma nell’aria che gli italiani
respirano deve esserci qualcosa di strano, perché tutti sembrano
preferire non vedere, non sapere e di conseguenza non parlare. La chiesa
continua ovviamente a tuonare contro la nuova figura giuridica
presentata dall’attuale governo, senza rendersi conto (pare) di quanto
questa sia annacquata. I DICO (“
DIritti dei COnviventi” o “
DIscriminare le Coppie Omosessuali”?)
prevedono un riconoscimento per le coppie che avranno convissuto per
almeno nove anni. Ma quante coppie, allo stato attuale, saranno in grado
di dimostrare di appartenere allo stesso nucleo familiare? Quante negli
anni trascorsi hanno avuto la possibilità di sottoscrivere un registro
delle unioni civili? Un numero assolutamente irrisorio. Non potendo
godere della retroattività, dunque, molte coppie gay consolidate (e ne
esistono) dovranno ripercorrere l’iter burocratico da zero. Ed essendo,
in molti casi, composte da persone mature (e le coppie che hanno
superato i dieci anni di convivenza di solito lo sono), le possibilità
di usufruire dei diritti previsti dai DICO si riducono quasi a zero. Sì,
perché in caso di malattia o di morte, in questo civilissimo paese
tutti gli anni già vissuti insieme non conteranno proprio nulla. I DICO
sono pertanto proiettati nel futuro. Un decennio che riguarderà per lo
più le coppie giovanissime. Inoltre, la previsione dei nove anni di
convivenza, sembra voler essere un iniquo banco di prova per le coppie
in questione. E nove anni, inutile nascondersi dietro un dito, sono un
periodo piuttosto lungo. Ma quante coppie eterosessuali superano la boa
dei dieci anni di convivenza? Non dimentichiamo, poi, che in dieci anni,
ovviamente, può succedere di tutto. Nel bene e nel male. Per questo i
DICO danno l’idea di un utile pasticcio, comodo solo per poter passare
ad altre questioni.
Nel
frattempo, ci tocca ancora sentire parlare di oltraggio alla famiglia e
ascoltare politici da operetta affermare che: “molte coppie
eterosessuali sceglieranno (sbagliando!) di usufruire dei DICO, mandando
alla deriva l’unica vera famiglia possibile”. Ma perché mai, una coppia
eterosessuale dovrebbe spararsi sulle palle, e mettere davanti al
riconoscimento dei propri sacrosanti diritti l’ostacolo di nove lunghi
anni, quando hanno sempre la possibilità di sposarsi. Perché dovrebbero,
loro che possono?
L’Italia è uno strano paese. Si parla tanto, si
pensa troppo poco. Resta solo la certezza dell’esistenza di cittadini
di serie B. Quelle coppie di fatto che, durante la lunga attesa per aver
riconosciuti dei diritti fondamentali, dovranno continuare a pagare le
tasse come chiunque altro.
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