domenica 11 febbraio 2007

Dico... Io!

Si era iniziato parlando di PACS, con buona pace dell’estensione del matrimonio alle coppie omosessuali. Oggi ci vediamo presentare i DICO, ma la musica non cambia. O meglio, il concerto è sempre di una cacofonia mostruosa. Ci sentiamo dire da qualcuno che è “già qualcosa”, da altri che sono “un attentato all’istituzione familiare”. Non una parola sul fatto che esiste una direttiva europea, alla quale l’Italia avrebbe l’obbligo di adeguarsi in tempi brevi, per dirimere l’annosa questione dei diritti delle coppie gay. Un ginepraio a causa del quale il nostro paese rischia anche una sanzione. Ma nell’aria che gli italiani respirano deve esserci qualcosa di strano, perché tutti sembrano preferire non vedere, non sapere e di conseguenza non parlare. La chiesa continua ovviamente a tuonare contro la nuova figura giuridica presentata dall’attuale governo, senza rendersi conto (pare) di quanto questa sia annacquata. I DICO (“DIritti dei COnviventi” o “DIscriminare le Coppie Omosessuali”?) prevedono un riconoscimento per le coppie che avranno convissuto per almeno nove anni. Ma quante coppie, allo stato attuale, saranno in grado di dimostrare di appartenere allo stesso nucleo familiare? Quante negli anni trascorsi hanno avuto la possibilità di sottoscrivere un registro delle unioni civili? Un numero assolutamente irrisorio. Non potendo godere della retroattività, dunque, molte coppie gay consolidate (e ne esistono) dovranno ripercorrere l’iter burocratico da zero. Ed essendo, in molti casi, composte da persone mature (e le coppie che hanno superato i dieci anni di convivenza di solito lo sono), le possibilità di usufruire dei diritti previsti dai DICO si riducono quasi a zero. Sì, perché in caso di malattia o di morte, in questo civilissimo paese tutti gli anni già vissuti insieme non conteranno proprio nulla. I DICO sono pertanto proiettati nel futuro. Un decennio che riguarderà per lo più le coppie giovanissime. Inoltre, la previsione dei nove anni di convivenza, sembra voler essere un iniquo banco di prova per le coppie in questione. E nove anni, inutile nascondersi dietro un dito, sono un periodo piuttosto lungo. Ma quante coppie eterosessuali superano la boa dei dieci anni di convivenza? Non dimentichiamo, poi, che in dieci anni, ovviamente, può succedere di tutto. Nel bene e nel male. Per questo i DICO danno l’idea di un utile pasticcio, comodo solo per poter passare ad altre questioni.
Nel frattempo, ci tocca ancora sentire parlare di oltraggio alla famiglia e ascoltare politici da operetta affermare che: “molte coppie eterosessuali sceglieranno (sbagliando!) di usufruire dei DICO, mandando alla deriva l’unica vera famiglia possibile”. Ma perché mai, una coppia eterosessuale dovrebbe spararsi sulle palle, e mettere davanti al riconoscimento dei propri sacrosanti diritti l’ostacolo di nove lunghi anni, quando hanno sempre la possibilità di sposarsi. Perché dovrebbero, loro che possono?
L’Italia è uno strano paese. Si parla tanto, si pensa troppo poco. Resta solo la certezza dell’esistenza di cittadini di serie B. Quelle coppie di fatto che, durante la lunga attesa per aver riconosciuti dei diritti fondamentali, dovranno continuare a pagare le tasse come chiunque altro.

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