mercoledì 31 gennaio 2007



Oggi è in prima pagina su tutti i quotidiani: la CEI dice NO a una legge sui PACS. Non c’è che dire, un vero colpo di scena. Chi se lo aspettava? E se ci fosse stato ancora qualche dubbio, questo è stato spazzato via per sempre. E’ un fatto. Noi italiani siamo governati dalla Conferenza Episcopale. E’ la CEI l’unica istituzione in grado di stabilire su quali argomenti sia legittimo legiferare. Rilevo, inoltre, che il titolo di presidente del consiglio sarà anche sfoggiato, attualmente, da Romano Prodi, ma il ruolo politico è di fatto rivestito dal Cardinale Ruini.
Mai come negli ultimi tempi la politica italiana mi aveva fatto bollire il sangue, lasciandomi senza fiato e senza speranza. E mai, prima dell’attuale legislatura, ero arrivato a sentirmi quasi male davanti alla sconfinata puerilità della nostra classe politica, davanti ai beceri argomenti usati, alle polemiche gratuite.
La questione sui PACS e le coppie di fatto sarà pure spinosa. A mio parere, comunque, c’è una questione altrettanto scottante che emerge con la spigolosità inesorabile dell’iceberg che affondò il Titanic.
E’ questo il modo di fare politica? Sicuri che non ne esista uno migliore?
Il tema, in realtà, sarebbe abbastanza semplice e riguarda ogni cattolico che non abbia mandato il cervello in pensione. Quotidianamente, ormai, la chiesa ci informa non solo su cosa sia bene o male, ma direttamente su “quello che va fatto”. Sempre più spesso, il pontefice va oltre il suo peculiare ruolo di capo spirituale per vestire i panni di un “italico califfo”, guardiano delle leggi di un paese che non è (o non dovrebbe essere) un suo regno temporale. Non mi risulta che Gesù Cristo abbia mai comandato che chiunque abbracciasse il suo Vangelo dovessere automaticamente diventare un fascista. Il cattolicesimo, religione storicamente radicata nel nostro paese, non soffrirebbe minimamente nel lasciare a quanti non condividono i suoi principi morali la libertà di vivere seguendo la propria strada. Non si sta discutendo qui di legittimare rituali che vanno contro un generale senso di umanità, come sacrifici umani o infibulazione, ma solo di regolare diritti fondamentali del cittadino. Un cittadino che non è necessariamente cattolico, che può essere ebreo, musulmano, protestante o ateo, etero o gay, ma che prima di ogni altra cosa è un cittadino e in quanto tale paga le tasse. Se da tempo, quindi, mi sento dire che la Chiesa e il Papa non fanno altro che il loro lavoro usando abbondantemente i mezzi di comunicazione per ribadire i propri punti di vista (con buona pace delle confessioni alternative esistenti in Italia, che non godono della medesima visibilità), spendiamo due parole sui partiti cattolici, compresi quelli facenti parte di questo claudicante (o dovrei dire deforme?) governo di centro-sinistra. Un partito di ispirazione cattolica ha il buon diritto di presentare un suo programma e di avanzare le sue richieste. Tuttavia, c’è un nodo fondamentale di cui non sento mai parlare. Il governo, per quanto annoveri al suo interno partiti cattolici, non ha il compito di governare soltanto cittadini che rispondono a una fede cristiana. Né è accettabile che la questione sia liquidata con l’affermazione di una presunta maggioranza della popolazione cattolica. In primo luogo, perché le statistiche disponibili ci forniscono solo il numero dei battezzati, non certo di chi è realmente un cattolico praticante e coerente. Inoltre, i principi di democrazia, tolleranza e pluralismo non si basano affatto sui concetti di maggioranza e minoranza. Il criterio di maggioranza sarà apprezzabile nell’ambito del risultato elettorale, temperato comunque dalla costituzione e dalle leggi vigenti. In caso contrario, si potrebbe parlare di una dittatura della maggioranza, che produce leggi e amministra diritti a beneficio di un’unica categoria secondo un arbitrio fanatico che di liberale non ha più nulla. Riflettiamo: il compito dei governi dovrebbe essere (anche) quello di educare i propri cittadini, non di esaudire i loro desideri come il genio della lampada. Se si dovesse tener conto di quel che pensa la maggioranza degli italiani, è probabile che nel nostro paese ci sarebbe la pena di morte.
Inutile ripetere che il concetto cattolico di famiglia non corre nessun rischio. Se i cattolici in Italia sono così tanti, la famiglia per antonomasia può contare su un esercito di sentinelle che continueranno a tenerla viva, sposandosi, figliando, non divorziando… a differenza di molti politici “irriducibilmente” cattolici. Ricordiamo, tra l’altro, che l’unica forma di matrimonio riconosciuta dalla chiesa è il sacramento che essa amministra. Non certo il matrimonio civile, considerato dalla chiesa una forma di concubinaggio legalizzato. Secondo questa logica, dunque, la minaccia alla famiglia non dovrebbe essere riconosciuta tanto nei famigerati PACS, nell’occhio del ciclone in quanto ultimi arrivati, ma nella stessa istituzione del matrimonio civile. In base a questi presupposti, se l’unico nucleo familiare possibile è quello composta da marito e moglie, le tante coppie eterosessuali sposate secondo rito civile non apparterrebbero a questa categoria di eletti. Non parliamo poi dei cittadini omosessuali, esclusi in quanto non conformi a un presunto quanto insulso disegno “naturale” e relegati quindi al ruolo di italiani di serie zeta.
In realtà, non sono i PACS a togliere qualcosa a chi è cristiano, ma questa posizione assoluta e reazionaria, lontana anni luce dall’insegnamento del “dare a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio”. No, qui prevale il seguente concetto: La mia morale è l’unica possibile e chi non la condivide o si adatta o sarà come se non esistesse nemmeno. E questo nonostante sia tenuto a pagare le tasse come chiunque altro.
Tutto questo è molto civile, molto evoluto, ma soprattutto molto cristiano. Complimenti, davvero.
Sentiamo anche ripetere, ossessivamente, che l’attuale governo è in ostaggio della “sinistra radicale”. Abbiamo sentito il capo dell’opposizione dire che il nuovo presidente della repubblica “E’ uno di loro”. Intanto ci tocca sentire il presidente Napolitano usare i toni più ambigui del mondo e auspicare una “sintesi” politica che incontri i favori del pontefice. Dai partiti di sinistra non si leva un sussurro contro lo scempio della democrazia che si sta compiendo in nome della religione. Ma siamo pronti a puntare il dito contro l’Islam e le sue intransigenze, dimenticando totalmente i limiti e le ottusità di casa nostra.
E’ triste. Ma il nostro paese è ancora lontano dalla vera democrazia. E anche da un genuino, caritatevole cristianesimo. Siamo in ostaggio, è vero. Tutti quanti. Ma di una classe politica imbelle, che sembra aver perso del tutto consapevolezza della realtà, e ricorda di più una cricca di ragazzini che bisticciano sulle regole dei giochi, rincorrendosi in un interminabile, sterile girotondo.

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