Visualizzazione post con etichetta Foolkiller. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Foolkiller. Mostra tutti i post

lunedì 14 settembre 2009

100% Marvel - Foolkiller: Il paradiso degli sciocchi

Ma siamo scemi?

Può essere pericoloso azzardare una risposta in questa sede. Allora mischiamo un po’ le carte, e formuliamo la questione in un altro modo.

I fumetti hanno qualcosa a che fare con le abitudini alimentari?

O meglio: esiste un punto di contatto tra certo mercato degli alimenti e il mondo del fumetto popolare? Meglio ancora: è lecito parlare di fumetti come di un cibo prodotto su vasta scala, cotto, assemblato e imbustato per un consumo veloce, poco nutriente e quasi sicuramente tossico?

E’ probabile che quanti tra noi risponderanno di sì rischieranno di fare la figura dei vegliardi bizzosi, e di apparire come nerd stagionati che mal digeriscono la confezione di alcuni fumetti odierni. Eppure è inevitabile come un fiotto acido che sale dallo stomaco. Urge dirlo. Ci stanno dando da mangiare la raschiatura delle padelle. La risciacquatura dei piatti sporchi come la minestra servita ai collegiali del Giornalino di Gian Burrasca. Il fast food fumettistico americano lavora ormai al minimo sindacale dell’impegno creativo. Identifica il proprio target in un pubblico sempre più giovane e dalla memoria storica cortissima, inconsapevole di vedersi servire una pietanza dal quale è stato grattato via uno spesso strato di muffa.
A lungo andare, il fegato ne risente. Il colesterolo sale alle stelle. Ci vuole tempo, ma chi ha uno stomaco già provato manifesta subito il proprio disagio con un’evidente senso di nausea.
C’è poco da fare. Bisognerebbe cambiare una dieta ormai invariata da anni.
A far da detonatore a questo ragionamento è l’apparizione nella collana “100% Marvel” della versione attualizzata del Foolkiller, in una saga intitolata per l’appunto “Il paradiso degli sciocchi”. Questo Foolkiller ha tutte le carte in regola per presentarsi come “fumetto Marvel del nuovo millennio”. Contenuti duri destinati a un pubblico che non vede l’ora di sentirsi adulto. Hard boiled, sangue, muscoli, frattaglie... Un’overdose di ormoni ed emoglobina. Di grassi, zuccheri e noia.

Foolkiller (in Italia, per un po’, lo hanno chiamato “Insanicida”) era un oscuro personaggio sfornato da Steve Gerber per la Marvel degli anni settanta e apparso come ospite in un paio di testate senza lasciare nessuna impronta significativa. Personaggio demenziale privo di vero spessore, era un vigilante folle armato di una pistola in grado di disintegrare qualunque cosa. Sfoggiava un look che lo faceva sembrare una via di mezzo tra un cow-boy e un giullare, e di solito passava il tempo a farsi sconfiggere da vigilanti dotati di maggior carisma. Fu protagonista di una miniserie personale che in Italia fu pubblicata in appendice al “Punitore” della Star Comics. Evento profetico, considerata l’attuale rilettura del personaggio. Sì, perché questo Foolkiller, protagonista di questo volume autoconclusivo, con il suo antenato ha in comune soltanto il nome. L’autore di romanzi polizieschi Gregg Hurwitz, chiamato dalla Marvel a “clonare” il cuoco Garth Ennis ai fornelli della nuova serie dedicata al Punisher, prende in mano il personaggio e...

Per quanto ancora ci faremo prendere in giro?

Penso sia capitato a tutti. Molte volte nella vita. Acquistate un prodotto qualunque. Un alimento, una bevanda o un dopobarba. A seconda del frangente e delle vostre finanze, in seguito, comprate un articolo analogo ma con una diversa etichetta, magari dal colore più sgargiante. Lo mangiate, bevete, lo usate, per poi notare senza troppi dubbi che state mangiando, bevendo, usando il medesimo prodotto già acquistato in passato. L’unica differenza sta nel marchio. Questo “Foolkiller” è un fumetto che grida da ogni pagina disegnata da Lan Medina che la Marvel, nonostante la massiccia presenza di titoli sul mercato, sta attraversando la più nera delle sue crisi creative. Né si tratta di essere irriducibili cultori dell’originalità a tutti i costi, concetto spesso sopravvalutato e continuo oggetto di malintesi. La forma è (o dovrebbe essere) tutto. Non conta il “cosa”, ma il “come”. Tutto però ha un limite. E quel limite fatale è... l’intelligenza.
“Follkiller: il paradiso degli sciocchi” fa l’effetto di un pacco di patatine industriali che esibisce sulla busta lo strillo “Più croccanti! Più gustose! Più tutto!”. Ma ha il sapore di una minestra non solo riscaldata, ma andata a male. Latita qualsiasi vero sforzo di svecchiare caratteri e situazioni ormai consumate. Vige soltanto il riciclaggio e quegli ingredienti sospetti che, come i fantomatici “grassi naturali” ammiccano sulla confezione di ogni cibo spazzatura.
Mary Shelley, nella prefazione al suo “Frankestein” scriveva:
“L'invenzione, bisogna ammetterlo con umiltà, non consiste nel creare dal nulla, ma dal caos. Prima di tutto si deve trovare il materiale; noi possiamo dar forma a una sostanza oscura e inerte, ma non possiamo creare la sostanza stessa.”
Citare l’autrice di Frankenstein, in questo caso, viene quasi naturale. Tanto più che ci troviamo in presenza di un mostro. O per essere più precisi, di uno sgorbio. Adesso lo sappiamo. I “giustizieri della notte” sono le chips del fumetto. Manichini fatti in serie, buoni per un videogame davanti al quale spegnere il cervello. Non che in questo ci sia niente di male, purché ci si ricordi di premere il tasto ON una volta terminato.

Follkiller potrebbe chiamarsi come vuole. Mascherarsi come vuole e scegliere l’arma che preferisce. Ma è chiaro per tutti che non è Foolkiller, ma “Punisher”. Il solito, noto, frusto vigilante. Per di più con la medesima silhouette, la stessa rabbia psicotica, e l’ormai consueto, tedioso corredo di sangue e sadismo che ha reso popolari (ma alla lunga anche stucchevoli) autori come Garth Ennis e Mark Millar. Unica differenza (?) è la scelta delle armi bianche. Al kalashnikov si sostituisce la spada. Bello, eh? Per quanto le pallottole possano fracassare, perforare, maciullare, volete mettere una lama che va su e giù con tanto di carosello sanguinolento? E via con mutilazioni spettacolari, sbudellamenti, arti tritati, in una monotonia cromatica che più rossa non si può. La noia trionfa in un racconto noir traboccante di stereotipi malamente inanellati sullo spiedino, dove la violenza genera sbadigli nella sua decerebrata prevedibilità. La lettura è talmente ingenua che il marchio sulla copertina “Riservato a lettori maturi” fa persino un po’ ridere. “Riservato a lettori diciottenni assetati di sangue” suonerebbe magari più onesto.


Questa recensione è stata pubblicata anche su FumettidiCarta.


 
[Articolo di Filippo Messina]