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giovedì 10 febbraio 2011

CHEW: Cucina etnica


Il detective Tony Chu si sta riprendendo dalle catastrofiche conseguenze della sua ultima avventura. E’ tornato sulle strade per far rispettare la legge in un’America distopica, dove una letale epifania di aviaria ha falcidiato la popolazione e il consumo di pollo è ora vietato per legge. Il suo strano potere di cibopatico, che gli permette di acquisire informazioni da tutto ciò che mangia, è un fardello sempre più pesante. Un dono investigativo che rende grottesco anche il delitto più raccapricciante, e la sua vita un vero inferno. Questa volta il suo potere condurrà Chu su una lontana isola tropicale, alla ricerca di un misterioso frutto che potrebbe non appartenere a questo mondo...


Dopo un esordio effervescente con il primo volume, Menu: degustazione, l’ottovolante poliziesco-horror-fantastica di John Layman e Rob Guillory ingrana la quarta e si scatena in una serie di acrobazie che non lasciano respiro. Mantenendo tutte le promesse seminate nel ciclo iniziale, Chew: Cucina etnica sviluppa ulteriormente la caratterizzazione dei protagonisti e introduce un nuovo pittoresco villain. Ancora una volta l’agente Chu è costretto a pratiche alimentari aberranti, elemento che è il vero filo conduttore della serie. L’imbarazzo suscitato non solo dagli atti di cannibalismo, ma dai comportamenti alimentari più strampalati e intempestivi, dimostra quanto ancora possa essere ampio l’orizzonte degli eroi dotati di poteri e quanto moderno il modo di raccontarli.


La capacità di osare, senza tuttavia scadere mai nella volgarità, l’intuizione felice di un potere dalle potenzialità enormi, ma dalle conseguenze schifose e deliranti, fanno di Chew un fumetto veramente originale. L’humor nero, sebbene somministrato a palate, non toglie un grammo all’intensità delle trame noir e alla credibilità di personaggi in grado di bucare la pagina. Il cocktail di fantasia, giallo, cospirazione, comicità e orrore, va giù che è una bellezza. Diverte e appassiona, ma soprattutto sorprende per inventiva e freschezza. Un prodotto bizzarro che merita di essere scelto con cura nell’affollato panorama del fumetto americano attuale. Chew: Cucina etnica introduce nella trama lo spunto di un’ulteriore evoluzione fantascientifica, confermando la caratteristica del fumetto di Layman e Guillory di spiazzare il lettore con frequenti cambi di registro.


Il mondo dei poteri descritto da Chew è morboso e affascinante. Legato a una funzione di base, l’alimentazione, impregnata di tabù quasi quanto la sessualità. L’eroismo di Tony Chu è quanto di più tragicomico si possa immaginare. Per fermare un assassino, Chu sa che dovrà assaggiare la sua ultima vittima in modo da assorbirne i ricordi e risalire all’identità del criminale. Potrebbe non farlo, e risparmiarsi di vomitare anche l’anima. Ma qualcuno deve. Ed è per questo che Chu... mangia. Un’oscena portata dopo l’altra per stracciare i veli dell’ignoto e procedere in un’avventura sempre più macabra ed esilarante.

Un supereroe con un grosso problema alimentare. Misteri, splatter, cadaveri e tanto umorismo. Un menu talmente rivoltante da risultare appetitoso.
Bon appetit.

 


Questa recensione è stata pubblicata anche su FantasyMagazine.


[Articolo di Filippo Messina]




lunedì 2 agosto 2010

CHEW: Menu - Degustazione


Un misterioso contagio, identificato come influenza aviaria, ha falciato 23 milioni di persone nei soli Stati Uniti, modificando l’assetto istituzionale del paese e sprofondando l’America in un nuovo proibizionismo. Il consumo di pollo, e di conseguenza la sua vendita, è severamente vietato. Questo fa del pollame un alimento prezioso sul quale è sorto un agguerrito mercato nero. A occuparsene è una nuova divisione della polizia statunitense, la Food and Drug Administration, chiamata a vigilare, tra le altre cose, sulla circolazione di cibi che potrebbero mettere in pericolo la sicurezza nazionale. Qualcuno, però, dubita della buona fede del governo americano, e sospetta che l’epidemia di aviaria sia solo un’impostura dietro alla quale si cela una cospirazione politica dalle finalità oscure. In questo scenario, si muove l’agente asiatico Tony Chu, individuo dotato di un talento fuori del comune. Un dono che rappresenta una variante della più nota psicometria, la facoltà paranormale che permette al sensitivo di acquisire informazioni sulle persone semplicemente tenendo in mano un oggetto che gli è appartenuto. Solo che a Tony Chu questo succede... mangiando. Ogni cibo che ingerisce gli rivela la propria storia. Pertanto masticare un hamburger gli fa assaporare gli ultimi istanti dell’animale al mattatoio e ogni raccapricciante dettaglio della macellazione. Lo stesso gli succede con frutta e verdure, mordendo i quali è in grado di identificare i fertilizzanti usati, la pianta che li ha prodotti e quanti cani ci hanno urinato contro. Il suo potere lo porta ad avere un rapporto conflittuale col cibo e a nutrirsi prevalentemente degli alimenti più neutri, come le barbabietole. La strana dote di Chu è definita con il neologismo “cibopatia”, facoltà rarissima di cui esistono solo tre casi documentati al mondo. La Food and Drug Administration troverà in Tony una preziosa risorsa, e non ci vorrà molto prima che il giovane agente sia costretto a cibarsi anche di resti umani per ricostruire importanti indizi che conducano all’assassino.

Vale davvero la pena assaggiare Chew, serie di John Layman e Rob Guillory che debutta in Italia grazie alla giovane Bao Publishing con un primo volume intitolato Menù – Degustazione.  Un menù ricco di portate
invitanti, ma soprattutto sorprendente e in grado di offrire spunti di intrattenimento a palati eterogenei. Non è facile definire il genere di Chew e isolarne i singoli ingredienti. Abbiamo senza dubbio il racconto noir, ambientato in un’America distopica che sta rivivendo le tensioni sociali di un cupo passato. Abbiamo il mistery, con una sfilza di cadaveri, corporazioni criminali ed enigmi da risolvere. Una commedia nera che sconfina spesso nell’horror, tenendo un piede sempre ben piantato sulla sponda del grottesco.
Il fumetto moderno, negli ultimi decenni, ha subito la medesima sindrome di certo teatro avanguardista, e ha portato in scena, sulle sue pagine, una quantità di provocazioni più o meno gratuite e tentativi, spesso goffi, di trasgredire ad ogni costo. Principali vivande del menù, anche nelle produzioni mainstream, sono state il turpiloquio generoso, una crescente rappresentazione della violenza, qualche concessione al sesso esplicito e un presunto superamento dell’etica. Una ricetta che si è presto cristallizzata in un trend commerciale stantio, sfornando serie a fumetti dai sapori sovrapponibili e una nuova, stucchevole forma di omologazione.

Il grand guignol di carta allestito da Layman e Guillory riesce, invece, a sferrare un pugno allo stomaco del lettore con una provocazione dall’aroma diverso. Più raffinata e insieme perversa. E centra il bersaglio proprio
perché la trasgressione scelta, cioè la profanazione delle pratiche alimentari, non è fine a se stessa, ma fondante di un intreccio narrativo solidissimo, che fa di Chew uno dei fumetti più originali e divertenti di questa stagione. Il cannibalismo ha solo il ruolo di spezia in una pietanza già di per sé sapida, che prende il lettore per la gola e a ogni boccone lo sfida a cercare il gusto di un componente diverso. Quasi un duello con il protagonista, ancora confuso dalla scoperta dei suoi strambi poteri, per individuare nuove trame, sviluppi imprevisti e strepitose caratterizzazioni. Qualcosa di simile, come argomento disturbante dal potenziale avventuroso, lo avevamo intravisto nella serie The Exterminators, della Vertigo. Ma Chew riesce ad andare oltre, creando un proprio universo narrativo e proponendo un’impronta stilistica leggera quanto efficace. L’effetto splatter abbonda nello spettacolo disegnato da Rob Guillory che strizza l’occhio ai cartoons e flirta con il pulp dando vita a una ciurma di personaggi dal carisma non indifferente. Tony Chu è un asiatico americano distante dalle tipizzazioni cui ci hanno abituato la maggior parte delle produzioni occidentali. Un ometto minuto dall’espressività eloquente, costantemente in bilico tra comicità e piglio eroico. Suo fratello Chow Chu, ex chef televisivo caduto in disgrazia a causa delle sue idee sovversive, è una figura nervosa e patetica che nasconde più di quanto dà a intendere. Solare è la presenza di Amelia, presto donna dei sogni dell’eroe e incarnazione dell’eterno femminino in un mondo dove il senso del gusto detta legge. Tra le più gustose è la caratterizzazione di Mason Savoy, il collega anziano di Tony e secondo “cibopatico” certificato (il terzo è avvolto dal mistero). Un omone immenso con l’agilità di un ninja, modellato sulla fisionomia di Orson Welles. Mentore e angelo custode del protagonista, con cui condivide le particolari facoltà alimentari, Mason è un comprimario che buca letteralmente la pagina minacciando, in più di un’occasione, di rubare la scena all’attore principale.

La caratterizzazione grafica, tutta sopra le righe, dell’intero cast è uno stuzzichino che spiazza il lettore con la sua leggerezza prima che gli venga servita una trama nerissima, cucinata da una mente sardonica che si rifiuta di rivelare gli ingredienti usati finché non è stata mandata giù l’ultima forchettata. John Layman (Marvel Zombies vs. The Army of Darkness) si dimostra a proprio agio nei territori del fantanoir e dà vita a un prodotto divertentissimo, sfruttando tecniche di narrazione inconsuete per il fumetto seriale (esemplare, in questo primo ciclo, il modo in cui viene introdotto il villain della saga). Se il vezzo di presentare i personaggi attraverso schede didascaliche può, all’inizio, risultare fastidioso, se ne accetta presto il ruolo di tormentone in un teatrino malato dove i dialoghi sono curati e ogni episodio nasconde un tessuto connettivo che legherà ciascun capitolo in un’unica narrazione coerente. Sorvolando su alcuni elementi indigesti (come le patologie che dovrebbero insorgere cibandosi di materiale organico putrefatto), Chew è una lettura insolita nell’attuale panorama del fumetto statunitense, in grado di divertire e sorprendere. Un primo piatto che, per quanto disgustoso, stimola l’appetito e induce ad attendere con ansia la prossima ripugnante portata.


Questa recensione è stata pubblicata anche su Fumettidicarta.


[Articolo di Filippo Messina]