“Tumbbad”, è un film horror indiano del 2018, diretto dall'esordiente Rahil Ani Barve. Naturalmente inedito nel nostro paese, ha però spopolato in più festival in giro per il mondo raccogliendo consensi a Sitges, alla 75a Mostra del Cinema di Venezia, al Brooklyn Horror Film Festival e molti altri, ottenendo un consenso raro sulla scena internazionale per una produzione di Bollywood. A riguardo, la sua natura è controversa, in quanto si discute se collocarlo sotto l'etichetta di Bollywood o quella di film Marathi, lingua parlata in India da un'alta percentuale di popolazione e utilizzata in una cinematografia peculiare, nonché in molta letteratura, tra cui il romanzo dello scrittore Narayan Dharap, cui “Tumbbad” si ispira. Resta il fatto che la sua origine hindi gli ha precluso la distribuzione nelle sale occidentali, per niente interessate a concedere spazio a pellicole estranee alle più collaudate dinamiche commerciali.
1918, nel piccolo e miserando villaggio di Tumbaad, la madre del giovane Vinayak si prende cura, di un vecchissimo signorotto locale. Assistenza che include anche favori sessuali. La cosa va avanti da anni, e dalla relazione sono nati lo stesso Vinayak e un fratellino più piccolo. La famiglia della donna è considerata pariah e i tre vivono in condizioni di estrema povertà, sopravvivendo con le misere risorse che la madre riceve dall'anziano protettore. Nel palazzo dell'uomo si dice sia nascosto un tesoro inestimabile, oggi testimoniato da un'unica, pregiatissima moneta d'oro che il vegliardo ha promesso alla donna in cambio dei suoi servigi, ma che finora non le ha mai permesso di toccare. Tra le incombenze della donna c'è anche quella di prendersi cura della bisnonna dell'uomo. Una creatura decrepita e mostruosa, forse immortale, che passa la maggior parte del tempo dormendo e viene nutrita per mezzo di un imbuto. Un giorno, il fratellino di Vinayak ha un incidente e la madre è costretta a portarlo d'urgenza da un medico abbandonando le sue mansioni quotidiane. Toccherà all'inesperto Vinayak dare da mangiare alla vecchia strega, che rimasta sola col bambino, per la prima volta dopo tanto tempo, apre gli occhi...
“Tumbbad” si presenta come un folk horror, ma forse gli si addice più la definizione di dark fantasy, in quanto è una fiaba nerissima e crudele, che intreccia la mitologia (in questo caso fittizia) e il racconto morale su uno sfondo storico suggerito ma comunque rilevante. Siamo in presenza di un film generazionale, che si apre sulle vicende di una povera famiglia in un angolo dell'India coloniale, attraversa il periodo della resistenza e del cammino politico del Mahatma Gandhi e si conclude all'indomani della rinconquistata indipendenza del paese dal governo britannico.
E' anche un film dall'evidente eco lovecraftiana, dove ai miti dell'orrore dello scrittore di Provvidence si sostituiscono elementi della cultura indiana e la temibile divinità Hastar, personificazione dell'avidità umana di cui solo pronunciare il nome porta disgrazia. Un orrore cosmico dalla valenza allegorica, reso per mezzo di una delle scenografie più suggestive e disturbanti che siano mai apparse sullo schermo.
Un film invisibile in Italia, che per essere recuperato rende necessario rivolgersi ai folletti dell'Internet se non al terribile e dimenticato nume Hastar. Se si cerca bene, esistono anche degli ottimi sottotitoli in italiano.
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