domenica 26 novembre 2023

Doctor Who: Speciale 60 - Star Beast

 



Il Dottore è tornato.

Russell T. Davies è tornato.

E' tornato David Tennant.

E' tornata Catherine Tate.

E siamo tornati noi. I whovians, il pubblico.

Credo.

Diciamo che il primo episodio speciale prodotto in occasione del sessantesimo compleanno dello show iniziato nel lontano 1963, sa farsi voler bene. Non solo per una serie di graditi ritorni su schermo, ma per l'emozione generale che suscita in molti spettatori affezionati. La sensazione di essere tornati finalmente a casa, dopo un porzione di viaggio strana, lunga... non sgradevole, ma neppure confortevole. La run curata da Chris Chibnall e interpretata da Jodie Whittaker nel ruolo del tredicesimo Dottore, infatti, pur presentando elementi intriganti non era stata esattamente il massimo. Chibnall aveva ingranato la marcia e intrapreso sentieri impervi, forse animato da un'ansia di rinnovamento non del tutto ponderata che più che altro aveva portato caos nello show, presentando twist narrativi che allontanavano il personaggio centrale dalla sua visione originale e ne minavano i presupposti più amati. Anche la scrittura di molti episodi non era stata gran che ispirata. Il ritmo s'era rivelato spesso fiacco. La scelta di introdurre una squadra di comprimari al posto della tradizionale spalla unica aveva appesantito la narrazione anziché arricchirla, e tutto l'impianto aveva finito col soffrirne perdendo freschezza. Nel complesso, una sensazione di potenziale sprecato.

E adesso?

Questo speciale che inaugura un nuovo corso è davvero così bello?

Non si tratta di questo. Tutto è ancora da scoprire. Anche perché sappiamo già che il ritorno di David Tennant, quattordicesima incarnazione del Timelord che riprende uno dei suoi volti più carismatici, è soltanto temporaneo, e l'hype per conoscere il vero nuovo Dottore, l'attore angloruandese Ncuti Gatwa è alto.

Allora perché questo entusiasmo?

L'ho detto nelle prime righe. La sensazione, almeno per adesso, è quella di un felice ritorno alle origini. Non solo per il riapparire di volti noti, ma per la scrittura, il modo di narrare il protagonista e il suo rapporto con il resto del cast. Un riallineamento che fa ben sperare.

Lo speciale intitolato “Star Beast” è l'inizio di un nuovo percorso che si ammanta di nostalgia e promette di recuperare il tempo perduto. I toni trascurati nelle stagioni precedenti. Ed è curiosamente... un cinecomic.

Sì, perché l'ossatura dell'episodio si basa su un fumetto, uno dei tanti episodi disegnati che sono stati dedicati al Timelord nel corso dei suoi sessantanni di vita.

Star Beast” nasce nel 1980 come storia a fumetti pubblicata dalla Marvel Comics UK, sceneggiata da Pat Mills e John Wagner (ideatori di Judge Dredd) e disegnata da Dave Gibbons (che qualche anno dopo avrebbe realizzato il celeberrimo “Watchmen” su testi di Alan Moore). L'avventura vedeva come protagonista il Dottore televisivo al tempo in carica, il quarto per la precisione, interpretato dall'attore Tom Baker, e metteva al suo fianco Sharon, la prima companion afro della storia.

A più di quarant'anni di distanza, Russell T. Davies attinge a quel racconto a fumetti, lo vernicia, lo svecchia e lo innesta sulla nuova mitologia televisiva, mettendo al centro un evento che i fans attendevano da tempo: la reunion del Dottore con Donna Noble, la compagna più insolita dello show, e anche una delle più sfortunate, riprendendo le fila di un discorso lasciato in sospeso parecchi anni fa.


Che dire, quindi?

Per cominciare, che è bello rivedere vecchi amici e sperimentare le sensazioni di un tempo. Che David Tennant fosse nato per impersonare il Dottore era una cosa già metabolizzata. Il suo ritorno, sia pure breve, nello show non può che suscitare entusiasmo oltre che clamore. Lo stesso vale per Catherine Tate e la felice chimica che ancora oggi si avverte tra i due attori. E poi c'è Rose. Una nuova Rose (nomen omen), interpretata dall'attrice transgender Yasmine Finney, traghettatrice per un nuovo corso, portatrice di istanze potenti, e di una battuta chiave che farà scoppiare il fegato agli avversatori della cultura woke, già di malumore dall'annuncio del casting di Ncuti Gatwa come primo Dottore nero.


Ma Doctor Who è sempre stato questo. Uno show proiettato nel futuro. Pazzo, anarchico e meravigliosamente queer. Chi pensava che il ritorno del Timelord al genere maschile rappresentasse un passo indietro su un determinato fronte, resterà deluso. E sono solo cavoli suoi.

Di Doctor Who ci piace proprio questo. La sua capacità di cambiare, di adattarsi, magari di sbagliare e fallire, come la run imperfetta gestita da Chibnall. E la possibilità di tornare indietro, ma conservando lo sguardo all'oggi, al domani, alla possibilità di un mondo migliore, facendo battere i suoi due cuori. Quello del protagonista e quello condiviso dal suo pubblico in tutto il mondo.






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