sabato 29 agosto 2020

Les Revenants


Il fotogramma nell'immagine non appartiene a "Curon", ma a "Les Revenants", e il campanile che emerge dall'acqua non è al centro della trama come nella serie italiana.

"Les Revenants", serie francese la cui prima stagione è uscita nel 2012, è uno strano caso di cult di nicchia. Amato praticamente da tutti quelli che lo hanno visto, discusso, interpretato, ma rimasto avvolto nel silenzio del pubblico generalista. Per intendersi, senza arrivare a suscitare il clamore mediatico di altre, successive, serie europee, come "Dark". Eppure "Les Revenants", con la sua trama misteriosa, la sua narrazione corale articolata su diversi piani temporali, i suoi segreti e l'atmosfera esoterica, è una delle prime serie TV che hanno fatto tesoro della ricetta presentata trionfalmente da "Lost". E con esiti artistici notevoli, che vanno da una fotografia spettacolare, alle performance di attori carismatici, alle inquietanti e bellissime musiche originali della band post-rock scozzese Mogwai. Due sole stagioni di otto episodi ciascuna. Un incipit che fa gelare il sangue per quanto è perfetto e sinistro. Una piccola folla di personaggi memorabili e grande suggestione. Prendendo spunto dal film omonimo di Robin Campillo uscito nel 2004, "Les Revenants" narra le vicende di un piccolo paese tra le montagne della Francia in cui d'un tratto e senza preavviso i morti cominciano a tornare.

Non si tratta di zombi antropofaghi come in "The Walking Dead", ma di veri e propri risorti, restituiti alla vita integri e immemori di cosa gli è successo. Naturalmente, il misterioso fenomeno non può restare senza conseguenze, e le reazioni di familiari e amici saranno le più disparate e imprevedibili. Ma l'inatteso ritorno dei cari estinti sembra non essere l'unico fenomeno inquietante. L'acqua della vicina diga ha strani movimenti, gli animali hanno comportamenti inconsueti, e i vivi lasciano trapelare parecchi segreti sepolti. Per una volta, la televisione batte il cinema, e il film di Campillo fornisce il la per una saga allegorica ed enigmatica sulla gestione del lutto, la capacità di fare i conti con il passato, la forza di reinventarsi e andare avanti.


"Les Revenants", un grosso successo in patria, ha ispirato serie statunitensi di modesto valore e scarso riscontro. Come "Resurrection" (che narra una storia simile per lo spunto di partenza, ma in realtà molto diversa per sviluppo e atmosfere) e il remake "The Returned", entrambe cancellate in fretta. Qualcuno (è prassi) si è affrettato a etichettare "Les Revenants" come una sorta di nuovo "Twin Peaks". Ma la serie, scritta da Fabrice Gobert, ricorda di più dinamiche lostiane, in cui l'attenzione dello spettatore e la sua capacità di cogliere le ellissi narrative è sfidata sin dall'inizio.
Alla prima stagione è seguito un lungo intervallo (come spesso accade con le produzioni europee) durato tre anni (tre anni!). Cosa che ha reso necessario rivedere l'intera prima stagione per mettere insieme tutti i pezzi (nella narrazione sono trascorsi solo sei mesi). Ma l'attesa è ripagata da una qualità che non delude le aspettative e regala nuovi colpi al cuore. Due stagioni che portano a compimento una narrazione non convenzionale, dove molte risposte sono nei simboli e nella nostra capacità di interpretarli. L'onnipresente acqua, fonte della vita e a volte dispensatrice di morte. Le ferite del corpo e dell'anima, le seconde, inattese possibilità. Un mosaico vasto e complesso come l'umanità stessa, che davanti a un fenomeno come la morte (ma anche davanti alla vita) reagisce in molti modi eterogenei.

"Les Revenants", come già successo con "Buffy", realizza il potenziale di un'opera cinematografica non del tutto compiuta, e sfrutta il linguaggio seriale per produrre qualcosa di nuovo e di grande impatto. Se "Lost" è diventato un feticcio e un modello cui guardare, possiamo dire che la televisione di qualità (in questo caso europea) è andata avanti, e riesce a riprodurre quelle vibrazioni fatte di attesa, sorpresa, desiderio di partecipare al racconto con le proprie fantasie, fino alla fine di un viaggio meraviglioso.
La musica dei Mogwai: https://youtu.be/BYSdLYmfQG4

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