martedì 18 febbraio 2020
Memorie di un assassino [di Bong Joon Ho]
"Memorie di un assassino", film del 2003 di Bong Joon Ho, era arrivato da noi direttamente in home video, e soltanto adesso, sulla scia del successo planetario di "Parasite", si sta giovando di una (più che tardiva) distribuzione nei cinema. Quel che si può dire... anzi, che posso dire a livello personale, è che negli ultimi anni il cinema orientale, e quello sudcoreano in particolare, mi suscita emozioni che i film occidentali neppure arrivano a sfiorare. Intendo dire che restano dentro, a fermentare nella memoria, dopo avere incantato con immagini di grande impatto, interpretazioni magistrali e temi non scontati. Già "The Host", da alcuni bistrattato come fosse un banale monster movie, era un grande film, con molteplici livelli di lettura e sfumature a perdita d'occhio e di cervello. "Memorie di un assassino" è un'opera per certi versi spiazzante. Si regge su quella linea grottesca che caratterizza la maggior parte dei film di Bong Joon Ho (compreso "Snowpiercer"), e disorienta con i suoi frequenti twist tra noir, con frequenti esplosioni di violenza, e situazioni che sconfinano nel comico. Un altro di quei film dei quali è meglio parlare poco per scoprirli sullo schermo, giacché ogni segmento è una sorpresa, e il film muta di tono ogni quarto d'ora spingendoci a chiederci che cosa ci sta venendo mostrato e perché. La componente sociopolitica è chiara qui sin dall'inizio, ma diventa sempre più delineata a mano a mano che ci si avvicina al finale. Bong Joon Ho non rassicura nessuno, al contrario disturba. Fa ridere e un attimo dopo colpisce allo stomaco. Duramente. E Song Kang Ho, attore feticcio del regista e punta di diamante di tutto il cinema sudcoreano, è un camaleonte inarrivabile. Si stenta a riconoscerlo nelle sue trasformazioni tra "The Host", "Snowpiercer" e "Parasite". In "Memorie di un assassino" recita un ruolo sfaccettato e difficile da inquadrare. Proprio perché umano nelle sue imperfezioni, reale nei suoi sconfinati difetti. Buffo e tragico nello stesso tempo. Insomma, un altro gioiello del cinema sudcoreano da scoprire. Una filmografia e un'estetica della settima arte da cui abbiamo tutti da imparare.
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