Esistono tradizioni popolari e
tradizioni di quartiere. Le prime, più diffuse, sono spesso oggetto
(oltre che di studio ufficiale) di commercio e attenzione mediatica.
Le seconde, a volte più riposte, coinvolgono aree più ristrette, ma
sopravvivono puntualmente e contribuiscono all'identità di quelle
più celebrate.
E' tradizione ormai ultradecennale
quella che si accompagna alla festa patronale del Festino a Palermo.
La presentazione della nuova vetrina di Cittacotte, bottega di via
Vittorio Emanuele 120, in cui mastro Vincenzo Vizzari, artigiano
della terracotta, propone annualmente una sua personale visione di
Rosalia, la santuzza di Palermo. In molti casi trasfigurata in modi
fantasiosi quando non trasgressivi, ed elogiata nel tempo da custodi
della sicilianità come Rosario La Duca e molti altri. Una tradizione
di quartiere che conserva, anno dopo anno, una forza artistica
dirompente, una creatività non omologata, e per questo meritevole di
maggiore attenzione. Forse anche di una forma di
istituzionalizzazione all'interno del Festino.
“Fraternidad”, tema di quest'anno,
svelato Sabato 13 Luglio 2019, riprende il tema attualissimo
dell'accoglienza, del superamento dell'odio e dell'integrazione. Ma
anche dell'accettazione di un'identità già esistente. Nascosta,
ignorata, e tuttavia presente. Sulle note della canzone di Sergio
Endrigo “Girotondo intorno al mondo” (ogni composizione è
puntualmente svelata con una costruzione d'impianto quasi teatrale),
il sipario si solleva su una Rosalia che rifiuta il monopolio
patronale sulla città, e si tiene per mano con San Benedetto il
Moro, frate francescano del XVI secolo, nato in Sicilia da genitori
africani giunti come schiavi. Divenuto frate giovanissimo, Benedetto
ha fama di santo saggio e miracoloso, sostenitore e consigliere dei
poveri. Una leggenda racconta che partecipò alla ricerca delle ossa
di Rosalia quando questa ancora non era stata proclamata patrona di
Palermo. Benedetto divenne compatrono della città accanto alla
Santuzza nel 1713, ma sebbene amatissimo e ricordato a livello
popolare, oggi è poco noto alle grandi masse e solo di recente la
sua figura è stata recuperata, diventando un nuovo simbolo di
accoglienza.
Con “Fraternidad”, Vincenzo Vizzari
contribuisce a questo recupero e al disvelamento di un santo patrono,
antico e parallelo, da molti oggi ignorato. Palermo ha di fatto due
santi patroni. Da tempo immemorabile, pertanto, ha un'identità
culturale ibrida, composita e pertanto ricca, sepolta da secoli di
iconografia commerciale che hanno lasciato emergere la sola Rosalia.
Una Rosalia che nell'opera di Vizzari divide fieramente lo scranno
con Benedetto, tenuto per mano e presentato con aria quasi sfrontata
dalla Santuzza. Quasi a dire: «Ti meravigli, Palermo? Eppure c'è
sempre stato. Il tuo volto è anche questo. E' ora che ti guardi allo
specchio. E' ora che ti accetti e fai pace... con te stesso.»
E come spesso accade nelle opere di
mastro Vizzari, il globo, il mondo su cui i due santi siedono, è
plasmato negli scorci di una Palermo trasfigurata, volta a suggerire
la natura inevitabilmente cosmopolita della città, che emerge in un
rinnovato giardino dell'Eden. La conca d'oro, su cui si staglia
significativamente la maestà dei palmizi.
A far corona ai due santi patroni, un
girotondo di sagome che evocano il dipinto “La danza” di Matisse.
Non angeli, stavolta, ma esseri umani, in una visione sognante per un
domani migliore.
Un appello accorato al superamento
dell'odio, alla luce di una nuova consapevolezza sulle proprie
origini culturali e spirituali. Due santi e due anime, artistiche e
umane, per un'utopia che merita di essere rincorsa.
Viva Palermo. Viva Santa Rosalia. Viva
San Benedetto.
Bravo Vincenzo Vizzari.
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