Finalmente ho finito di vedere la
quinta stagione del serial TV American Horror Story, il ciclo
intitolato Hotel. E finalmente, in questo caso, indica un
senso di liberazione, dal momento che la compulsione a non lasciare
niente di incompleto mi ha spinto ad assistere allo show nella sua
interezza, pur prendendomi delle confortanti pause per dedicarmi ad
altre serie. Alla fine posso tirare le somme convinto della mia
impressione iniziale: American Horror Story: Hotel è
veramente, a mio parere, il picco più basso toccato dalla serie
ideata da Ryan Murphy e Brad Falchuck.
Se la precedente stagione, FreakShow, aveva fatto storcere il naso a molti (io l'avevo in buona
parte apprezzata, trovando ben più lacunosa la terza stagione,
intitolata Coven), Hotel è una discesa nel kitsch
senza ritorno. Già dal secondo ciclo, Asylum, la serie aveva
iniziato a presentare una struttura composita, con più trame
parallele e convergenti. Le stagioni successive hanno tentato tutte
di seguire il medesimo criterio, ma senza riuscire a riprodurre lo
stesso equilibrio. Hotel è un minestrone di situazioni e
personaggi dove praticamente non esiste un vero finale per nessuno,
un meccanismo che gira a vuoto azzardando l'ennesima rilettura di un
mito mediatico ormai troppo sfruttato: i vampiri. I succhiasangue
negli ultimi vent'anni sono stati oggetto di infinite riscritture,
alcune interessanti, altre patetiche. Ma non avevo mai incontrato dei
vampiri scialbi, incoerenti, privi di fascino come quelli che vediamo
in Hotel.
Lady Gaga, premiata in modo
incomprensibile con il Golden Globe come migliore attrice
protagonista di una serie televisiva, non aggiunge gran che, se non
fare pesare ancor di più l'assenza di un protagonista realmente
carismatico dopo l'abbandono di Jessica Lange. Dal punto di vista
recitativo, la popstar non è esattamente un disastro. Potremmo anche
dire che si difende senza infamia e senza lode. Ma il suo personaggio
vive soprattutto nei costumi appariscenti che sfoggia, e la sua
performance, sia pure non disprezzabile, non meritava certo un
premio. Insomma, Lady Gaga incede in una versione molto dilatata di
uno dei suoi videoclip, mentre il sangue zampilla, la gente muore,
serial killer realizzano omicidi raccapriccianti e macchinosi, e
tutto sa terribilmente di statico e stantio.
Si è scritto che la rivelazione di
Hotel è l'attore Denis O'Hare, nella parte della trans Liz
Taylor. Ma che O'Hare fosse un attore duttile e di grande talento lo
sapevamo già dai tempi di True Blood, nonché dalle stagioni
precedenti di American Horror Story. La sua prova d'attore è
sicuramente degna di nota ed è tra le cose più riuscite di Hotel,
ma lo spazio a lui riservato è pochissimo e – ahimé – non
basta a reggere il peso di un baraccone dove alla fine non quadra
niente. Troppi spunti sprecati, troppe situazioni dimenticate per
strada. Appunto: troppi, come le trame che vanno a comporre il
mosaico (alla fine informe) di Hotel,
collocandosi qualitativamente al
di sotto anche del già difettoso Coven.
L'assenza di Jessica Lange, o comunque
di un interprete al suo livello, si rivela dunque cruciale. Già da
un po', la Lange appariva sacrificata, intrappolata com'era dagli
sceneggiatori in ruoli troppo simili tra loro, da maliarda non più
giovanissima, assetata di successo e di potere. Ma nonostante il
ruolo sempre uguale, il fascino e il talento di Jessica
rappresentavano un faro che illuminava la scena. Qui manca, e nessuno
è in grado di prenderne il posto. Kathy Bates e Angela Bassett continuano
a essere relegate a ruoli di supporto, e anche loro appaiono sempre più
stereotipate. Lungi dal fermarsi, la sesta
stagione di American Horror Story si farà. E probabilmente
Lady Gaga sarà ancora della partita. Ma se le premesse sono quelle
di questo Hotel, fosse sarebbe stata opportuna una pausa di
riflessione.
Una serie antologica avrebbe potuto
presentare approcci differenti alla materia trattata. Murphy e
Falchuck, invece, non hanno fatto che servire sempre lo stesso menu,
aumentando di volta in volta in modo esponenziale le quantità di
ogni ingrediente, col risultato di presentare alla fine una pietanza
dal gusto pesante e stucchevole. Emblematico, da questo punto di
vista, l'effetto di già visto (sebbene voluto) che ci riporta alle
dinamiche della primissima stagione. Solo che a quel punto anche lo
spettatore si sente un fantasma legato a un luogo che non potrà mai
lasciare, e la sensazione non è confortante.
Nessun commento:
Posta un commento