Palermo, linea 103. Come al solito, al
capolinea, in attesa di partire.
«Ma quanto tempo ci metti? Li fai
dal parrucchiere?»
«Oh! Iu aiu fami!»
Ma no, torniamo indietro di un minuto e
procediamo con ordine.
Che questo bus (che fa un percorso
tortuoso e poco frequentato dagli utenti, ma comunque utilissimo) sia
una linea “oltre i confini della realtà”, l'ho affermato più
volte. E' una porta oltrepassata la quale si accede a uno spazio dove
la logica cede il passo al surreale più devastante, dove non
esistono regole, dove i freni inibitori cadono... e come tutte le
figure mitologiche non è facile da acchiappare, se ci si lascia
sfuggire l'ora magica.
Altra figura caratteristica della linea103 di Palermo sono i famigerati grilli sparlanti. Ho parlato
ripetutamente
anche di loro. Folletti, gnomi, e soprattutto troll,
che infestano come mosche lo spazio vicino a quello dell'autista (con
il quale hanno un'evidente confidenza e affinità) dissertando del
più e del meno a un volume vocale che spesso non ha niente da
invidiare a un martello pneumatico.
Insomma, la sensazione, per il
cittadino medio che prende il bus, è quella di essersi avventurato
per errore in un salotto estraneo, dove un gruppo di amici, vitelloni
e disinibiti a prescindere dall'età anagrafica, fanno fragorosa
comunella, con inossidabile solidarietà al derelitto compare che ha
la sventura di lavorare conducendo una linea pubblica attraverso la
città.
Tutto questo è il canovaccio di base.
Il teatrino dei troll su ruote apre il sipario prevalentemente il
pomeriggio, e il viaggiatore (condannato innocente all'ascolto
forzato di tali armonie) una volta giunto a destinazione, si trovetrà
erudito su una quantità di dettagli personali che non gli
competevano né interessavano affatto.
Poi, beh... ci sono le eccellenze.
Il colpo di teatro.
Il virtuosismo.
Il capolavoro, insomma!
...l'episodio che più di altri ti rode
il culo, e ti fa chiedere a chi potresti fare ingoiare il costoso
abbonamento ai mezzi pubblici che conservi in tasca.
Vettura praticamente vuota, come quasi
sempre alle 18 del pomeriggio. Ad attendere la partenza del bus: il
sottoscritto e una ragazza di colore. L'autista sale ridendo in
compagnia di ben tre esuberanti compari che – per gli abitué è
subito chiaro – faranno tutto il tragitto con lui. Non perde tempo,
e senza troppi complimenti si rivolge alla ragazza nera.
«Ma li fai da sola... o dal
parrucchiere?»
Si riferisce alla pettinatura rasta, a
treccioline fittissime, tipiche di alcune etnie di origine africana.
In effetti sono spettacolari. La ragazza risponde velocemente che no,
li intreccia da sola, e che la procedura è meno lunga di quanto
possa sembrare. L'autista sembra seriamente interessato. Il più
anziano dei suoi amici (quello che sembra più composto) afferma che
la pettinatura della giovane è un'opera d'arte. Se non altro, il
nonno è galante. L'autista rilancia.
«Ma quando fai lo shampoo li tieni
sempre così?»
La ragazza conferma.
«Sta' attenta, stai. Così ti
restano tutti bagnati dentro le trecce. Male ti fa! E' così che
viene l'artrosi cervicale. Accura!»
Ripete questa sentenza un paio di
volte. Quindi, esaurito il paternalismo, si mette al volante e la
vettura parte tra urla e sghignazzi. Cerco di rilassarmi, seduto al
mio posto, guardo fuori dal finestrino e ripasso mentalmente le cose
che dovrò fare una volta sceso dal bus. D'un tratto, ecco che la
vettura si ferma, nel bel mezzo della strada, lontanissima da
qualunque fermata.
«Picchì ti frmasti?»
«L'amico 'cca avi pitittu!»
La bussola davanti si apre. Uno dei
troll scende, gira intorno alla vettura e s'incammina neanche troppo
speditamente verso un panificio dall'altra parte della strada.
«Dicia ca scunucchiava du pitittu!»
Guardo l'orologio mentre i minuti
passano. La vettura è ferma sul lato di una strada trafficata.
Simili a fantasmi sfuggenti, mi attraversano la mente chimere come il
famigerato “non parlare al conducente” e il divieto di scendere
fuori fermata. I minuti passano. Non molti. Ma abbastanza, per me che
ho premura, per me che ho pagato la corsa. Nell'attesa che l'amico
abbia fatto la sua spesa personale, autista e troll rimasti
continuano i loro ragionamenti e le loro risate. Che c'è di strano?
In fondo è il soggiorno di casa loro. Io e la ragazza con
l'acconciatura a treccine restiamo seduti. Non abbiamo necessità di
acquistare il pane. Né le sigarette o altro. E neppure di fare pipì.
Speriamo solo di arrivare a destinazione, quindi non possiamo fare
altro che stare seduti ad aspettare. Finalmente il troll ca
scunucchiava du pitittu torna con una busta piena di pane. Cosa
strana, non ne mangia neppure un pezzetto. Si sarà strafogato di
qualcosa dentro il panificio? Non è impossibile. Il tempo non gli
sarebbe mancato.
E alla fine la vettura riparte. Verso
nuove avventure. Nuovi spettacoli palermitani. Alla scoperta di
strani, nuovi mondi. E di quella cosa aliena chiamata civiltà.
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