Brian Lazarus non ha pace. Tempo fa
aveva pensato di poter scendere a patti con i propri demoni
interiori, ma la vita non ha smesso di perseguitarlo. Ossessionato da
un nuovo folletto, prodotto dalla sua mente malata, torna dunque là
dove anni prima ha conosciuto un breve momento di catarsi. Nei pressi
di una palude, in Florida, per rifugiarsi in un edificio fatiscente,
scrivere le sue verità e finalmente, forse, morire in pace. Ma altre
forze sono in agguato, e spettri del passato si preparano a
incrociare nuovamente la sua strada. Una compassionevole ex ballerina
e una mostruosa creatura emersa dall'acquitrinio...
Parlare dell'Uomo-Cosa a dei lettori
italiani di oggi non è impresa facile.
Per iniziare, è inevitabile affrontare
il concetto di clonazione fumettistica (il nome è di comodo) che ha
sempre caratterizzato il mondo della nona arte nelle sue espressioni
più commerciali, soprattutto nell'ambito del genere dedicato ai
supereroi. Se alcuni personaggi Marvel sono nati come palesi riflessi
di eroi DC (si pensi, per esempio, a Thor, imparentato tanto con
Capitan Marvel-Shazam che con l'altrettanto mitologica Wonder Woman)
è vero anche che la genesi di alcuni doppelgänger
di carta è confusa e avvolta nel mistero. A volte si parla di
nascite talmente vicine da diventare controverse sul concetto di
originale e di copia. Un caso strano è proprio quello di Man-Thing
(L'Uomo Cosa) e Swamp-Thing, creati entrambi nel 1971, e palesemente
usciti dal medesimo stampino. Entrambi nati per incarnare le creature
delle paludi che proliferano nei racconti popolari del Sud degli
Stati Uniti, condividono parecchie delle linee generali. Uno
scienziato che lavora a una formula rivoluzionaria. Un complotto per
impadronirsene. L'apparente morte del protagonista nella palude,
nella quale cade dopo essere stato esposto al suo composto chimico.
La metamorfosi in una creatura fangosa, di natura vegetale, che si
trova a diventare (per caso o per scelta) un difensore dell'ambiente
e un baluardo contro misteriose forze occulte.
Così riassunte, le origini appena
narrate si possono applicare indistintamente a entrambi i personaggi.
Tuttavia, l'evoluzione successiva dei due protagonisti prende strade
abbastanza differenti. Swamp Thing, sebbene con grandissimo ritardo,
ha preso a godere di una discreta notorietà sul suolo italico grazie
al magistrale ciclo di Alan Moore, più volte ristampato. Man-Thing,
in italiano l'Uomo-Cosa, conta solo una manciata di apparizioni nel
nostro paese, spesso come comparsa in storie di eroi più celebri (il
tarzanide Ka-Zar, Shang Chi Maestro del Kung Fu) e la
sua origine fu pubblicata nei lontani anni settanta sullo storico
Corriere della Paura dell'editoriale Corno, curato
dall'indimenticabile Maria Grazia Perini (MPG per i fans), che
sdoganò in Italia il lato oscuro (cioè il genere horror) della
Marvel Comics.
Nel caso dei due ominidi paludosi,
dunque, è difficile (oltre che inutile) tentare di stabilire chi sia
stato ispiratore per l'altro. Probabilmente trovano origine in un
meccanismo sociologico che gli antropologi chiamano poligenesi e
convergenza, sarebbero cioè sorti da idee radicate
nell'inconscio collettivo di tutti e portate a maturazione in modo
autonomo, secondo sensibilità e influenze culturali indipendenti.
Detto questo, possiamo contemplare le
differenze tra i due mostri in apparenza così simili. Abbiamo da un
lato Swamp Thing, un essere intelligente e potentissimo,
sostanzialmente l'avatar del mondo vegetale, memore dei suoi
trascorsi umani e in grado di esercitare il suo controllo su tutte le
piante del pianeta. Dall'altro, l'Uomo-Cosa, che pur essendo una
creatura di fango, pur vivendo nella palude ed essendone
sostanzialmente parte, è qualcosa di diverso. Muto, in apparenza
privo di intelletto, ma caratterizzato da una forte empatia che lo
attira in modo irresistibile verso le emozioni umane più forti,
l'Uomo-Cosa è più simile a un catalizzatore di eventi, una sorta di
deus ex machina involontario, la cui qualità principale suona simile
a un'ordalia: tutto ciò
che prova paura brucia al tocco dell'Uomo-Cosa.
Creato da Gerry
Conway, Roy Thomas e Gray Morrow in un breve racconto sulle pagine di
Savage Tales nr. 1, il Cosone continuò ad apparire in
ruoli secondari per approdare poi sulla rivista Adventure into
Fear e conquistare una propria personalità più definita grazie
allo sceneggiatore Steve Gerber. Gerber, in quegli anni, era un po'
il demiurgo del sottogenere orrorifico marvelliano (Tales of
Zombie, pubblicata per intero in Italia sempre sul Corriere
della Paura) e accompagnò il personaggio fino alla fine degli
anni ottanta, affermando che la sua vena riguardo al mostro della
palude s'era ormai esaurita.
L'infernale
Uomo-Cosa, presentato dalla Panini Comics in edizione cartonata,
rappresenta il saluto definitivo al personaggio da parte dello
sceneggiatore scomparso nel 2008. Un progetto rimasto congelato per
oltre tre decadi, disegnato in modo splendido e non scontato da Kevin
Nowlan, e un'inattesa sorpresa nostalgica per quanti, in Italia,
ricordano le poche, saltuarie apparizioni del mostro fangoso
marvelliano. Per salutare l'Uomo-Cosa, Gerber aveva deciso di dare un
seguito a una sua vecchia storia degli anni settanta intitolata Il
Canto-Pianto del Morto Vivente. Protagonista del racconto era il
tormentato Brian Lazarus, aspirante scrittore psicotico le cui
allucinazioni (timori, depressione e senso di inadeguatezza) avevano
la tendenza a materializzarsi in spettri tangibili e pericolosi (che
si tratti di un potere o di mera rappresentazione surreale non
importa). Una mente così travagliata non può che attirare come un
magnete una creatura fatta di pura empatia, ma anche suscitare la
solidarietà di qualcuno troppo umano per tirarsi indietro. Il
Canto-Pianto firmato da Gerber e John Buscema nel 1974 si
concludeva in modo tutto sommato consolatorio, ma per Steve Gerber il
personaggio di Lazarus sembrava avere ancora qualcosa di irrisolto.
Eccolo dunque tornare, dopo decenni, dove tutto è successo, ancora
vittima dei suoi incubi, forse ancora più ossessionato. Ed ecco
riemergere il mostro della palude, irrimediabilmente coinvolto nello
psicodramma che ha luogo a pochi passi dal suo habitat naturale.
Il racconto
recupera lo stile d'annata di Gerber, quello introspettivo e macabro
che aveva reso affascinanti le storie dello zombie Simon Garth, e
sorprende il lettore moderno con la sua forza emotiva, resa in modo
magnifico dalle matite di Nowlan, capace di alternare toni realistici
a vere esplosioni di incantevole follia visiva. La caratterizzazione
grafica del Man-Thing attinge ai tratti essenziali del personaggio
per reinventarlo quasi del tutto, facendone un grottesco pinocchio
vegetale, triste, confuso e furioso al punto giusto, coinvolto in
un'odissea psicanalitica dagli esiti incerti. Il volume Panini è
completato dalla pubblicazione del primo racconto (finora inedito in
Italia) dedicato da Steve Gerber alla vicenda di Brian Lazarus e
dalla riproposta delle origini del mostro nella storia in bianco e
nero del 1971. Una confezione in apparenza discutibile, in quanto il
sommario è ordinato a ritroso per presentare come primo titolo la
storia del 2012. Rispettando però l'ordine di lettura scelto
dall'editore, la sensazione che se ne ricava è tutt'altro che
spiacevole. Leggere di Lazarus e dei suoi incubi, lasciando nel
mistero i riferimenti generici all'esperienza vissuta nella palude
anni prima, risulta molto suggestivo. La stessa cosa succede
leggendo, a seguire, il Canto Pianto del 1974, riscoprendo le
matite di Buscema, il linguaggio già maturo del giovane Gerber, per
concludere con il breve racconto che illustra (in un efficace bianco
e nero) la genesi del personaggio principale. Una bizzarra macchina
del tempo a fumetti, ovviamente ispirata da ragionamenti commerciali,
ma che finisce con il regalare al lettore non più giovanissimo
un'agrodolce sensazione di appagante nostalgia.
Si può fare pace
con l'Uomo-Cosa di Steve Gerber (da queste parti, in fondo, non è
che si fosse visto molto) e seppellire definitivamente nella palude
ogni possibile paragone con lo Swamp Thing della DC Comics e le sue
implicazioni forse più intellettuali.
Una sola
perplessità riguarda il titolo del racconto pubblicato in America
nel 2012 e tradotto alla lettera nel nostro paese: Infernal
Man-Thing. L'Uomo-Cosa, in definitiva, è una figura malinconica,
silenziosa, emotiva. Anche il suo tocco ustionante si attiva solo
quando qualcuno ha ragione di temerlo, e generalmente lo fa perché
la sua coscienza urla assetata di espiazione. Pertanto, perché
Infernale Uomo-Cosa? L'inferno quieto della palude non è in
fondo tra i peggiori immaginabili, né il suo abitante si può
annoverare tra i demoni più terribili.
Ma in fondo va bene
anche così. Tutto ciò che appare orrido agli occhi è sempre stato
accostato al diavolo e agli inferi. Gli inferi dell'animo umano, in
questo caso, in cui il mostro si avventura come negli anfratti della
grande macchia verde di cui è parte. Perché la palude
dell'Uomo-Cosa è pura allegoria del cuore umano. E la sua mostruosa
sentinella è emblema dell'eterna ricerca di equilibrio tra uomo e
natura, tra animale e vegetale. E di un irriducibile senso di
giustizia siglato con il fuoco purificatore.
Questa recensione è stata pubblicata anche su FantasyMagazine.
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