Per quanto ci si possa supporre evoluti, troppo profondi sono i tabù, le chiusure e l’ignoranza che rendono il nostro paese una gigantesca periferia europea, sotto molti aspetti arretrata e pavida. Una terra dove l’inadeguatezza della politica, per quanto evidente, rimane per lo più ignorata dalle masse, che trovano più agevole appassionarsi allo sconcio spettacolo di un potere corrotto quanto inetto. Come potrebbero, dunque, certi fumetti essere pubblicati là dove sorge il Vaticano, stato straniero dall’influenza potentissima su questioni di rilevanza nazionale? Come potrebbero trovare spazio testi polemici e irriverenti, in un paese che per la visita del pontefice blinda un’intera città, sopprimendo ogni libertà di espressione, e dove i tutori dell’ordine sono indotti a intimidire onesti cittadini affinché ciò che emerga sia solo un ottuso e acritico plauso all'illustre visitatore?
Difficile, pertanto, prevedere se in Italia leggeremo mai una traduzione de Le Pape Terrible, opera dirompente firmata da Alejandro Jodorowsky e dall’italiano Theo, che narra le vicende e gli intrighi del pontefice Giulio II, passato alla storia come il Papa Guerriero o anche (da cui il titolo) il Papa Terribile. Il grande progetto di Jodorowsky (regista, scrittore, esoterista) è quello di una trilogia di romanzi grafici dedicati alla storia vaticana tra la fine del XV secolo e gli inizi del XVI, già concretizzatosi con la pubblicazione di Borgia, illustrato da Milo Manara e giunto in Italia quasi contemporaneamente all’uscita francese. Sarà forse per la popolarità di Manara, o forse perché le malefatte dei Borgia, ampiamente filtrate nel tempo da tanta letteratura popolare, appaiono oggi distanti e romanzesche come gli eventi di un innocuo feuilleton, se un editore italiano si è fatto carico di proporre l’opera di Jodorowsky dalle nostre parti. Le cose sono abbastanza diverse per Le Pape Terrible, dove la scelta di prendere per buone e mostrare esplicitamente le attitudini omosessuali del cardinale Giuliano Della Rovere, in seguito Papa Giulio II, disturberebbero i benpensanti molto più dei numerosi intrighi, omicidi e manipolazioni politiche che la storia, prima dell'opera a fumetti, gli attribuiscono.
Rivale acerrimo di Rodrigo Borgia, papa Alessandro VI, la cui fine non fu mai del tutto chiarita, Giuliano Della Rovere favorì l'elezione al seggio pontificio dell’anziano cardinale Francesco Piccolomini con il nome di Pio III, solo per prenderne il posto alla sua morte (avvenuta molto presto) ed entrare nella storia come il papa militare più feroce e ambiguo di sempre. Giunto a guidare personalmente la sua armata sul campo di battaglia, Giuliano si guadagnò presto la fama di feroce condottiero, donando ai posteri l'icona di un papa con la spada nel pugno. La vita artistica sotto il suo pontificato fu comunque fervida, e si ricordano le sue relazioni con personaggi illustri quali l'architetto Bramante, che destinò alla carica di sovrintendente delle fabbriche papali. Fu Giulio II a commissionare a Michelangelo gli affreschi della Cappella Sistina, così come la decorazione delle Stanze Vaticane a opera di Raffaello. Pare che Giulio II amasse il lusso e che più di altri pontefici fosse percepito come distante dal suo ruolo spirituale.
Benché la storia gli attribuisca anche più figli illegittimi, un concilio riunitosi a Pisa nel 1511 allo scopo di deporlo lo accusò di praticare la sodomia e di avere come amante segreto il suo stesso nipote, Francesco Alidosi. Tali voci sulla sessualità del papa non trovarono mai conferme definitive, eppure furono sdoganate presso i suoi oppositori finendo col diventare un vero motivo popolare. Ma ad Alejandro Jodorowsky non importa dare lezioni di storiografia, né gli preme la veridicità dei dettagli. Sceglie piuttosto di attingere alle accuse di sodomia per raccontare una verità metaforica, dove l’omosessualità non è che l’ulteriore allegoria di un potere ipocrita, da sempre avvezzo a sguazzare in pratiche che ufficialmente condanna. Il rapporto tra Giuliano e Francesco (nel fumetto chiamato Aldosi) è descritto in modo molto simile a quello di due amanti maledetti, in cui il giovane efebo è spesso usato come strumento di corruzione nei disegni del nuovo pontefice. Per questo, in un paese dove libertini, ruffiani e battipetto divorziati organizzano manifestazioni a sostegno dell’unica famiglia possibile, è difficile che un’opera così dura con il potere temporale della chiesa possa essere tradotta.
Il Giulio II di Jodorowsky è maestoso, crudele e avido come solo un dittatore può essere. I suoi eccessi (che lo porteranno, nel racconto, a sedurre lo stesso Michelangelo, con il quale nella realtà ebbe un rapporto davvero ambiguo e conflittuale) fanno da filo conduttore a un’ascesa politica folgorante, dove ogni pedina è mossa con diabolica lungimiranza e dove ogni ostacolo è rimosso senza pietà. La descrizione, estrema ai limiti del barocco, di un’ambizione senza freno riesce molto bene a Jodorowsky, assistito da un artista italiano, Theo Caneschi, di grande raffinatezza. La scena del matrimonio celebrato dallo stesso Giuliano (e subito consumato furiosamente sull’altare) con il proprio amato Aldosi abbigliato come una sposa, fa supporre che Jodorowsky scrivendo avesse in mente le trasgressioni di Ken Russell e il suo I Diavoli. Ma al regista de La Montagna Sacra non manca la propria cifra visionaria, espressa magistralmente anche in quest’opera con l’apparizione di un Cristo putrescente che, oltre a simboleggiare la definitiva morte senza risurrezione, è simbolo della degenerazione del potere della Chiesa e del marciume che tra ori e incensi si annida sin dall’alba della sua storia, all’ombra di un simbolo più volte tradito e svilito, buono a figurare solo come marchio di potere sulle mura dei luoghi pubblici.
«Più che il vicario di Cristo... Io sono un re. Un imperatore! Un sovrano designato dallo Spirito Santo stesso. Il che mi conferisce il diritto di comandare a tutti i principi della terra!»
Il potere è corrotto in quanto è il potere a corrompere. E il potere non logora chi non ce l’ha, ma piuttosto chi lo brama come principale veicolo di realizzazione. Il controllo sulla morale pubblica è la più pervasiva (e perversa) forma di potere, e da sempre va conservato a prescindere dalle proprie personali attitudini. Ed è di uomini, rapaci, licenziosi, avidi e falsi che Jodorowsky ci parla. Del male incarnato nella sua forma peggiore. Se la famiglia Borgia e il pontificato di Alessandro VI appariva, grazie a tanta fiction, come una scheggia impazzita, una fase distorta ma limitata nel tempo, la vicenda di Giulio II, il Papa della guerra e del sangue, sia pure romanzata, ci sbatte in faccia una continuità terrificante. Una contradizione consueta e pertinace delle istituzioni religiose, troppo avvezze ai privilegi per potervi rinunciare. E sottolinea, con la sua poesia estrema, che se sbagliare è umano, perseverare è sempre stato e sempre sarà diabolico.
Sul sito del disegnatore Theo Caneschi è possibile gustare alcune tavole a matita del secondo tomo de Le Pape Terrible. Sempre sul sito di Theo è disponibile il link ad Amazon per l'acquisto dei due volumi in lingua originale.
Le Pape Terrible - 1: Della Rovere ; 2: Jules II - Jodorowsky Theo Edizioni Delcourt
Le Pape Terrible - 1: Della Rovere ; 2: Jules II - Jodorowsky Theo Edizioni Delcourt
La moralità del servo
RispondiEliminaA differenza dei padroni, la moralità è il sentimento, la morale degli schiavi è letteralmente ri-sentimento - rivalutando quelli che sono i valori del padrone. Questo allontana dalla valutazione di azioni basate sulle conseguenze per la valutazione delle azioni basate sull' "intenzione". Come la moralità del padrone ha origine nel forte, la morale degli schiavi ha origine nei deboli. Poiché la morale degli schiavi è una reazione contro l'oppressione, essa incattivisce i suoi oppressori. La morale degli schiavi è l'inverso della morale del padrone. Come tale, essa è caratterizzata dal pessimismo e dal cinismo. La morale degli schiavi è stata creata in opposizione ai valori che la moralità del padrone ritiene buoni. La morale da schiavi non mira ad esercitare la volontà dell'individuo con la forza, ma dalla sua cauta sovversione. Essa non cerca di superare i padroni, ma di renderli anch'essi schiavi. L'essenza della morale degli schiavi è l'utilità: il bene è la cosa più utile per tutta la comunità, non il forte.
Nietzsche ha visto questo concetto come una contraddizione. Dal momento che i potenti sono numericamente pochi rispetto alle masse dei deboli, i deboli ottengono il potere corrompendo i forti facendogli credere che le cause della schiavitù (cioè la volontà di potenza) sono un male, come lo sono le qualità che originariamente non potevano scegliere a causa della loro debolezza. Dicendo che l'umiltà è volontaria, la morale degli schiavi evita di ammettere che la loro umiltà era nel principio imposto loro dal padrone. I principi biblici di porgere l'altra guancia, l'umiltà, la carità e la pietà sono il risultato dell'universalizzazione della condizione dello schiavo su tutta l'umanità e, quindi, la conseguente riduzione in schiavitù dei padroni. "Il movimento democratico è l'eredità del cristianesimo". La democrazia è la manifestazione politica della morale dello schiavo, a causa della sua ossessione per la libertà e per l'uguaglianza.
«Gli ebrei hanno raggiunto quel miracolo di inversione di valori, grazie al quale la vita sulla terra ha, per un paio di millenni, acquistato un fascino nuovo e pericoloso. I loro profeti fusero il ricco, senza dio, malvagio, violento, sensuale in un unico concetto e furono i primi a coniare la parola mondo come un termine di infamia. È questa l'inversione di valori (con cui è coinvolto l'impiego della parola povero come sinonimo di santo ed amico) che risiede nel significato del popolo ebraico. Con loro si inizia la rivolta degli schiavi nella moralità.»