E’
successo di nuovo. E ancora succederà. C’è stato un tempo in cui, noi
italiani, ci credevamo, ingenuamente, un popolo immune al concetto di
razzismo. In realtà, la virtù non era nostra, ma della nostra
sostanziale distanza dalle altre etnie, anche se qualcuno tra noi, in
mancanza di capri espiatori più esotici, era comunque in grado di
lasciarsi andare a commenti non proprio brillanti su chi proveniva dalla
provincia. La distanza felice, però, si è andata riducendo con gli
anni. Oggi le nostre città sono sempre più cosmopolite, e il peggio del
sentire umano schizza fuori incandescente come da un bricco sulla
fiamma.
Il caso di questi giorni della donna romena
accusata del tentato sequestro di un bambino davanti uno stabilimento
balneare di Isola delle Femmine, vicino Palermo, e oggi scarcerata dopo
la ritrattazione della stessa testimone (in realtà l’unica ad essere
stata davvero presente) che avrebbe dovuto incastrarla, ci mostra ancora
una volta quanto siamo piccoli. Quanto ci riesce difficile affinare i
nostri strumenti di giudizio, e a quanto siamo lasciati soli, in un
paese che ci impone di pagare un canone altissimo per poi stordirci a
forza di reality show e notiziari basati su una maratona di
dichiarazioni non stop più che su fatti documentati.
Lo dice
qualcuno che non è un esempio di misericordia, che non ha simpatia per i
nomadi e per il loro stile di vita, ma è disgustato ancor di più dalle
manifestazioni di intolleranza e dal facile strillare “Alle streghe!”
sulla base di pregiudizi che non hanno alcun fondamento se non qualche
leggenda metropolitana. Perché era giù accaduto. Proprio in questi
stessi termini. Ed è probabile che accadrà di nuovo. Forse perché
crediamo ancora all’esistenza dell’uomo nero. Ci fa comodo crederci, ma
non sappiamo realmente riconoscerlo. Tante volte, per strada, mi è
capitato di sentire una madre rimproverare il proprio bambino che tende
ad allontanarsi dicendo: "Ora arriva una zingara e ti porta via”. Un castello di paure, verità falsate e vere castronerie che cresce di generazione in generazione.
La
donna romena, pare, non fosse neanche una vera nomade, ma solo una
straniera residente a Trapani. Quindi ancora una volta la paura, il
pregiudizio e la mancanza di razionalità hanno scatenato
l’ennesima rivolta popolare contro il diverso. Il capitolo è concluso,
ma il quadro generale rimane preoccupante. Non solo per quanto riguarda
il relazionarsi con gli zingari e la mitologia che li segue come
un’ombra. Purtroppo siamo ancora immaturi, ignoranti e codardi. Per non
buttarci via abbiamo bisogno di deprezzare qualcun altro. Come il
distinto signore incontrato qualche giorno fa sull’autobus a Palermo. Un
cittadino davvero gentile e caritatevole, che chiama a gran voce il
piccolo nomade con la fisarmonica perché accetti la sua offerta, ma si
ritrae infastidito non appena un gruppo di ragazzi di colore, con fare
molto più educato dei giovinastri locali, sale sulla vettura. Questo
senza reprimere l’insulsa frase di rito: “Vorrebbero comandare loro,
adesso!”
Sempre più spesso, sento individui ignoranti usare le parole “omosessuale” e “pedofilo”
come se fossero intercambiabili. Quel che prevale è il disprezzo e
l’insulto, con buona pace dell’informazione. Come oggi, tra i tavolini
del bar, a proposito della scarcerazione della donna romena, il commento
che si è levato più alto degli altri è stato: “Così ci riproverà con un altro bambino” (Sic!).
Che fare? Siamo piccoli. Non cresciamo.
Peggio.
Non vogliamo proprio saperne di crescere.
Nessun commento:
Posta un commento