venerdì 17 febbraio 2023

Un'altra serialità è possibile




I serial televisivi (o streaming, ormai non fa più differenza) sono diventati compagni di strada nel quotidiano per molti di noi. Per me sono un rito serale, che in genere non mi trattiene più di un'ora prima di abbandonarmi alla lettura e quindi al sonno. L'offerta è vastissima e se in mezzo c'è tanto materiale che a volte emerge con clamore, in altri casi rimane più o meno sommerso.

Questo mio post si propone di elencare alcune di quelle serie meritevoli di essere viste che per una ragione o per l'altra non hanno goduto della stessa eco mediatica riservati a prodotti più celebrati.

Quanto spesso sui social abbiamo letto elogi di titoli come House of the Dragon? Quante volte ci siamo imbattuti nell'isterismo di massa (di segni opposti) a proposito della serie The Lord of the Rings: The Rings of Power? Nel visibilio relativo a The Boys, a Mercoledì e più recentemente a The Last of Us?

Insomma, esistono dei prodotti che più di altri possono essere definiti mainstream, o se preferiamo... popolari. Titoli in grado di catalizzare l'attenzione e monopolizzare la ribalta, in qualche caso a discapito di prodotti seriali interessanti che risultano spinti in una zona d'ombra dai riflettori puntati sui serial più gettonati.

Vediamo di scoprire qualcosa di meno dirompente, non per qualità, ma per riscontro mediatico. Una serialità “altra”, che non punta su brand arcinoti e grosse campagne promozionali pur avendo molto da dire, o semplicemente rivelandosi un valido intrattenimento. Quella che segue non è da intendere come una classifica, ma solo una casuale raccolta delle mie più recenti visioni preferite. Quindi, fatene un uso consapevole. Sono solo consigli.



Bad Sisters
– Grace Garvey è sposata con un uomo orribile. Un individuo insopportabile che non è il classico marito violento, ma che ha un'influenza nefasta sulla vita della moglie, stroncando in lei ogni minima gratificazione personale. Grace ha anche quattro sorelle molto legate tra loro, ciascuna delle quali ha subito una conseguenza negativa dalla condotta dell'infame cognato. John Paul ora è morto, apparentemente per cause fortuite. Ma se non fosse così? E come sono andate esattamente le cose? Nel frattempo, un agente assicurativo sull'orlo della bancarotta indaga per non essere costretto a pagare la cospicua polizza sulla vita del defunto. Succederà di tutto in un crescendo da cardiopalma.

Bad Sisters è una serie irlandese (basata su una produzione belga inedita da noi) prodotta da Apple TV, una piattaforma che negli ultimi tempi ha sfornato diversi titoli davvero interessanti. Ideata da Sharon Horgan, che nella serie interpreta il personaggio di Eva, è una commedia nera come la pece e frizzante come lo champagne. Seguendo le peripezie delle cinque ineffabili sorelle Garvey si ride e si inorridisce nello stesso tempo, in un balletto tra presente e passato che svela poco alla volta i segreti di una famiglia tutt'altro che esemplare. Un thriller al femminile appassionante, grottesco e divertentissimo.




Inside Man
– Un detenuto nel braccio della morte di un carcere statunitense riceve visite da persone che gli sottopongono quesiti di vario genere. Grieff ha ucciso la moglie in modo efferato e nessuno sa perché né dove abbia nascosto la testa del cadavere. L'uomo, che è stato un criminologo professionista, possiede qualità deduttive pari a quelle di Sherlock Holmes, e si presta a risolvere enigmi dal chiuso della prigione quasi fosse un modo per pareggiare i conti con il proprio senso etico. Nel frattempo, in Inghilterra, un sacerdote protestante si trova di fronte a un dilemma morale apparentemente insolubile. Le vicende dei due uomini si intrecceranno a distanza in modo imprevedibile.

Scritto da Steven Moffat, autore di Sherlock e per anni show runner di Doctor Who, Inside Man si basa moltissimo sulle performance dei due attori protagonisti: David Tennant e Stanley Tucci. Solo quattro puntate, ma serratissime e dal ritmo indiavolato. Un senso di angoscia crescente e un meccanismo a orologeria che funziona come una trappola. Difficile non cedere alla tentazione del binge watching e divorarlo in un'unica seduta. Si trova nel catalogo Netflix.





Severance – Scissione – Altra serie prodotta da Apple TV e altro titolo di alto profilo del quale, sia pure all'interno di una nicchia, si è parlato un po' di più. Il paradosso con Scissione, serie ideata da Dan Erickson e diretta tra gli altri dall'attore Ben Stiller, è che per consigliarla sarebbe meglio parlarne il meno possibile. Il suo incipit è fulminante e sarebbe un peccato rovinarlo ai neofiti. Limitiamoci pertanto a dire che siamo nei territori di una fantascienza sociale che sconfina nel thriller, dove le domande si succedono l'una all'altra sia per lo spettatore che per i protagonisti. Il contesto paranoico e claustrofobico, un vero e proprio incubo, pur narrando una storia completamente diversa, ai più anziani tra noi potrebbe ricordare alcune atmosfere del classico serial inglese Il prigioniero. Un mondo del lavoro distopico, dove l'essere umano è ridotto a un mero ingranaggio e le coscienze non sono mai state così manipolabili. Un gioiello di cui si attende con impazienza la seconda stagione.





Yellowjackets
– L'aereo su cui viaggia una squadra di calcio femminile cade in una remota zona montuosa lontana dalla civiltà. Un pugno di superstiti sono ritrovate molti mesi dopo. Ma non sono più le stesse. Venticinque anni più tardi, oscuri segreti tornano a perseguitare le giovani sportive ormai divenute donne ciascuna con la propria storia. Che cosa è successo nel misterioso eremo in cui la squadra si era trovata a sopravvivere, e chi sta giocando oggi con le loro esistenze?
Tra passato e presente, gioventù e maturità, Yellowjackets potrebbe essere definito un lontano parente del leggendario Lost. Una vicenda enigmatica che si dipana come un mosaico da formare un pezzo alla volta in base ai continui salti temporali. Un po' mistery un po' teen drama, un po' crime e un po' horror con pennellate di grottesco, lo show è arricchito da una ciurma di attrici notevoli tra cui si distinguono Melanie Linksey, Juliette Lewis e la sempre impagabile Christina Ricci. La prima stagione (già confermata la seconda) presenta numerosi enigmi e non è ancora chiaro in che misura il mistery centrale presenti venature soprannaturali. Come che sia, Yellowjackets è uno spasso. Se si ama farsi domande e giocare a indovinare le risposte (proprio come facevamo con Lost), il divertimento è assicurato. La serie è ideata da Ashley Lyle, Bart Nickerson e in Italia è andata in onda su Sky.



The Afterparty – Il giallo-rosa (un tempo li chiamavano così) è stato rilanciato di recente da Only Murders in the building riscuotendo un certo gradimento. La stessa etichetta sarebbe da applicare a The Afterparty, serial di Apple TV scritto da Christopher Miller. Gradevole nella sua visione di insieme, The Afterparty presenta un approccio specifico potenzialmente affascinante che però non ha il coraggio di andare fino in fondo, risultando alla fine uno show simpatico, ma anche lasciando una sensazione di possibilità sprecata. Almeno così è stato per me. Una classe di ex studenti si incontrano per una rimpatriata in cui emergono inevitabili i bilanci esistenziali di ognuno, i vecchi amori e rancori. Alla fine ci scappa il morto ed è subito millenial whodunnit, come dicono oggi quelli bravi. Una commedia poliziesca, direbbero altri senza troppi fronzoli, in cui ogni episodio è concentrato sul differente punto di vista di un ospite della festa e potenziale colpevole. L'intenzione era quella di proporre attraverso la soggettiva dei vari protagonisti un tono narrativo diverso per ogni puntata, passando dalla commedia sentimentale all'horror, all'action, al musical e persino al cartone animato. L'idea è tanto carina e intrattiene il giusto. Peccato, però, che l'atmosfera di base rimanga sempre quella della commedia, smorzando un po' la trovata sperimentale e riducendo il gioco a semplici allusioni parodistiche. Se ogni episodio, oltre al genere avesse mutato anche chiave e tono narrativo, avremmo potuto trovarci davanti a un evento. Ciò non toglie che The Afterparty sia un giallo simpatico, che se non altro prova a essere diverso dagli altri e merita la visione.


                                                        



The Devil's Hour
– Prodotto da Steven Moffat e scritto da Tom Moran come original su Amazon Prime Video, The Devil's Hour è una piccola (grande) sorpresa. Lucy si sveglia ogni notte alla stessa ora, tra le 3 e le 4 antimeridiane, reduce sempre dallo stesso incubo. Non un minuto prima né dopo. L'orario è implacabilmente preciso. La sua vita non è certo un letto di fiori. Ha ripreso da poco a frequentarsi con il marito da cui è separata, ma il loro rapporto continua a non convincerla. L'uomo non riesce proprio a relazionarsi affettivamente con il figlioletto. Isaac, un bambino strano che appare indifferente a qualunque stimolo, che non ride, non piange e a tratti appare simile a un guscio vuoto inclassificabile anche per la scienza medica. Intorno a Lucy, intanto, si verificano una serie di brutali omicidi e fenomeni indecifrabili che la porteranno a incrociare il cammino di un misterioso serial killer.

The Devil's Hour è un oggetto enigmatico e di fruizione non proprio facilissima. Trama labirintica, dinamiche narrative sfuggenti che confondono lo spettatore fino alla conclusione risolutiva nella sua complessità. Un horror mistery britannico che invita a comporre un nuovo mosaico dalle tessere tremendamente ambigue. Narrazione tesa, tenebrosa eppure affascinante grazie ai numerosi colpi di scena, all'ottimo ritmo e alle interpretazioni di Peter Capaldi e Jessica Raine. Disorientante e proprio per questo appassionante nella sua spietatezza.



                          
                                                       

Servant
– Ormai giunta alla conclusiva quarta stagione, la serie ideata da Tony Bassgallop, prodotta da M. Night Shyamalan, che ha pure diretto alcuni episodi, non è sicuramente roba per tutti. Eppure, tra le tante serie proposte da Apple TV (che sembra averne imbroccata una dietro l'altra), fa bella mostra di sé per originalità e il modo personale con cui affronta temi abusatissimi.

Sì, perché Servant è praticamente una storia supereroistica, di quelle in chiave dark e decostruzioniste. Può suonare strano, ma di questo si tratta, considerato che il personaggio centrale ha molti punti di contatto con quello marvelliano di Scarlet Witch, o perlomeno con la sua versione a fumetti più classica. Aggiungere altri dettagli sconfinerebbe nello spoiler.

Una famiglia americana formata da uno chef specializzato in cucina molecolare e da una giornalista televisiva rampante perde il figlioletto appena nato in circostanze drammatiche che non saranno subito chiarite. Per aiutare Dorothy, la madre, psicologicamente provata dal lutto, il marito accetta di ricorrere a un trattamento terapeutico sperimentale che prevede l'uso di una bambola che riproduce le fattezze del neonato defunto. Dorothy però sta varcando la soglia della follia, e mette sul giornale un'inserzione alla ricerca di una tata per il figlio artificiale. All'annuncio risponde Leanne, una misteriosa ragazza dal passato oscuro che viene subito assunta per assecondare le illusioni della madre confusa. Da quel momento, nella casa gli eventi sembrano non seguire più le leggi della natura, ma distorcersi in modo imponderabile.

Servant è una serie strana, probabilmente non per tutti. Qualcuno potrebbe trovarla ostica. Tuttavia mi sento di consigliarla, in quanto siamo davanti a un fantastico esempio di narrativa non lineare, un efficace thriller da camera e di un'ottima prova di attori. Nel cast, accanto a Toby Kebbell (Black Mirror), Lauren Ambrose (Six Feet Under) e Nell Tiger Free (Games of Thrones), troviamo anche Rupert Grint, l'ex Ron Wesley della saga di Harry Potter, in un ruolo sfaccettato che lo fa svettare su tutto il cast.






 The Bear
– Carmy è uno chef stellato che ha appena ereditato dal fratello defunto una tavola calda in un quartiere popolare di Chicago. Il locale è assediato dai debiti, il personale fuori controllo e rimettere l'attività in carreggiata sembra un'impresa impossibile. Carmy farà di tutto per comunicare con i suoi nuovi collaboratori, aiutarli a dare il meglio di sé e fare i conti con il rapporto mai del tutto risolto con il fratello ormai scomparso. The Bear 
è una serie che osa ignorare gli schemi più battuti e porta la serialità in un territorio raramente esplorato. Gli episodi, tutti molto brevi, sono ambientati in una cucina incasinatissima e chiassosa. Una vera zona di guerra dove si urlano istruzioni cui fanno eco proteste per tutto il tempo e ci si tuffa tra corpi che sgobbano, ingredienti miscelati, fornelli accesi e pietanze cotte con disperato senso di urgenza. La serie, scritta da Christopher Storer, a tratti può ricordare alcune pellicole di Spike Lee per il taglio realistico, la vicinanza ai personaggi e la narrazione ellittica in cui alcuni eventi sono suggeriti più che mostrati. Qualcosa di insolito che parla di umanità attraverso il rapporto con il cibo e la sua preparazione. Un gioiellino imperfetto, ma lucente da scoprire. Su Disney+ come Star Original.




Black Bird – Ispirato a una storia vera, come specifica un tag a inizio di ogni episodio, Black Bird è un thriller psicologico e nello stesso tempo una prova di attori a lenta ebollizione.

James, ex campione di football figlio di poliziotto in pensione, ricco, spavaldo e sicuro di sé, campa facendo affari con la cocaina finché non lo incastrano con una condanna durissima. Per avere un condono e potere stare vicino al padre malato nei suoi ultimi giorni, gli viene proposta una missione sotto copertura. Dovrà infiltrarsi in un carcere di massima sicurezza riservato a criminali con turbe mentali e usare le sue capacità di socializzazione per estorcere informazioni a Larry, un uomo accusato di essere un presunto serial killer di ragazzine che potrebbe essere presto liberato in appello data l'assenza di prove schiaccianti. Larry è mentalmente disturbato, mitomane, bugiardo... perverso. Jim dovrà trovare il modo di fare breccia nella psiche del vicino di cella, carpirgli informazioni cruciali, e assicurarsi che il mondo rimanga al sicuro dal suo delirio omicida...

Prodotto da Apple TV, scritto da Dennis Lehane e basato sul saggio In with the Devil, Black Bird non è un giallo in cui scoprire l'identità del colpevole, sebbene alcuni elementi possano a tratti far sorgere qualche incertezza sul reale andamento dei fatti. Tutto si basa sul confronto tra due personalità complesse. Una lucida, potenzialmente redimibile, e un'altra torbida, sfuggente, in cui bugie e verità possono diventare indistinguibili. A entrambi i protagonisti, Taron Egerton (Kingsman) e Paul Walter Hauser (Richard Jewell) sono stati candidati al Golden Globe (poi vinto da Hauser) per le loro interpretazioni. Black Bird è il crescendo ansiogeno di una partita a scacchi psicologica che si dipana per sei puntate tese come corde di violino mentre si sprofonda sempre più nella palude di una mente malata. Nel cast vediamo per l'ultima volta Ray Liotta, scomparso poco dopo il termine della serie, in una prova recitativa che ce lo farà ulteriormente rimpiangere.  




3 commenti:

  1. Ciao Filippo (scusami se ti do del tu, ma ti seguo da così tanto tempo che mi sembra di conoscerti da sempre :), volevo solo dirti che condivido così tanto questo tuo post che da circa un annetto ho iniziato una rubrica sul mio canale Youtube chiamata "L'Altra serialità" in cui con alcuni amici parliamo proprio di queste seri decisamente non mani stream ma di altro livello di cui non parla quasi nessuno. Ovviamente non fa numeroni, ma andiamo avanti per passione e per riuscire di volta in volta a far scoprire che c'è un mondo oltre le solite serie Marvel e Co. Colgo l'occasione per farti i complimenti per tutto il lavoro che fai di divulgazione.

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    1. Benvenuto. Puoi (e devi) darmi del tu. Grazie per l'attenzione. Cercherò il canale e vedrò di seguirvi a mia volta. Dare spazio alle opere sommerse è importante. Mi fa piacere, dunque, sapere che anche altri ci si dedicano. Complimenti a te, a voi. E ancora grazie per la visita.

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    2. Non ho problemi a fare pubblicità a contenuti affini. In futuro, perché no?

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