mercoledì 23 dicembre 2020

The Leftovers

 


Non so ricostruire che cosa mi abbia fatto scoprire "The Leftovers" (serie TV prodotta da HBO iniziata nel 2014 e conclusa dopo tre stagioni) con tanto ritardo. Forse perché l'anno del suo debutto per me fu particolarmente duro, e la mia soglia di attenzione in fatto di spettacolo era molto bassa. Oppure perché la serie è stata oggettivamente sottovalutata dai più, e mentre la critica e quella fetta ridotta di pubblico che aveva avuto il piacere di scoprirla la elogiava, altri brand dal fandom agguerrito facevano molto più rumore rubandole la scena. Curioso, considerando che tra le tante serie che nel corso degli anni sono state paragonate alla leggendaria "Lost", "The Leftovers" è una delle poche, forse l'unica a meritare seriamente questo accostamento. Pur trattandosi di un prodotto per molti aspetti differente, e nonostante il fatto che la mano di chi scrive, in collaborazione con Tom Perrotta, l'autore del romanzo alla base di tutto, sia quella di Damon Lindelof, cocreatore di "Lost" e suo principale sceneggiatore.

The Leftovers (sottotitolato "Svaniti nel nulla", che poi sarebbe il titolo italiano del libro di Perrotta) è veramente una strana creatura. Tutto ha inizio con la simultanea sparizione di migliaia di persone nel mondo. Una sorta di rapimento mistico (alcuni, almeno, lo interpretano così) del tutto privo di spiegazione. Evento incomprensibile e traumatico, che lascia milioni di persone alle prese con un lutto difficile da elaborare. Figli, mogli, mariti, genitori, amici, sono svaniti senza una ragione apparente. Non si ha idea di quale sia stata la loro sorte, e quello che hanno lasciato è un mondo ferito, diverso, che a tre anni da quell'evento apparentemente soprannaturale è profondamente cambiato. Lo scenario è quello di una società dove tante certezze sono state ridotte in cenere (la sparizione è un evento isolato o potrebbe ripetersi da un momento all'altro?), e dove lo shock planetario ha prodotto una miriade di nuove forme di fanatismo. Per quanto le persone si sforzino di continuare a vivere normalmente, niente è più come prima. E ognuno reagisce come può, secondo la propria storia, il proprio carattere, le proprie ferite.

Damon Lindelof fa tesoro della narrazione frammentata sdoganata da "Lost", ma mettendola al servizio di una storia più compatta (solo tre stagioni, neanche troppo lunghe). Ancora una volta siamo di fronte a un mosaico le cui tessere sono state incasinate, e anche stavolta dovremo attendere che tutti i pezzi vadano pian piano al loro posto. Ma in "The Leftovers" c'è molto più di un accattivante trucchetto narrativo. La regia è sempre molto curata, il cast superbo, e alcuni frangenti hanno il sapore spiazzante di un'opera surrealista. Un po' alla Luis Buñuel, ma a tratti assume anche toni alla Lars von Trier, intinti in un misticismo che ha qualcosa di perverso. Un romanzo corale che presenta una galleria di personaggi dai destini intrecciati, e una serie di avventure singole che si incastrano significativamente nel disegno generale, risultando in qualche caso dei piccoli film preziosi in sé.

Al tono drammatico, si mischia in modo insinuante un vago elemento grottesco (in qualche caso si potrebbe parlare di vero e proprio humor nero), accompagnato dal commento di una colonna sonora spiazzante come la stessa narrazione, fatta di scelte eterogenee, canzoni folk, opera lirica e altro ancora, che contribuiscono a conferire alla serie un alone di intrigante follia.


Un peccato che (così pare) la serie abbia finito col diventare un prodotto d'essay, mancando la ribalta e sottraendo agli attori Justin Theroux e Carrie Coon (attrice teatrale pluripremiata, e prossimamente protagonista al cinema di “Ghostbusters: Legacy”), ma anche al sempre straordinario Christopher Eccleston e a un'imprevedibile Liv Tyler, l'attenzione che le loro performance avrebbero meritato.
Una serie, dunque, della quale mi sento di consigliare spassionatamente il recupero. Aspettatevi tanti pugni nello stomaco. Ma anche un coinvolgimento che vi toglierà il sonno imponendovi di andare avanti. E di innamorarvi di ogni singolo personaggio, anche quelli apparentemente odiosi. Forse soprattutto quelli.





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