martedì 29 settembre 2020

Ratched, il nome di... che cosa?


 Ma questa serie Netflix, "Ratched", che cosa vuole essere esattamente? Finora ho visto solo i primi due episodi e non so ancora se continuerò. Però mi suscita domande. E' stata presentata come basata sul personaggio dell'infermiera Mildred Ratched, antagonista nel romanzo e nel film "Qualcuno volò sul nido del cuculo". Una sorta di prequel in cui vengono narrati i precedenti del personaggio. Ok, una sparata bella grossa, volta a far chiedere "Ma siamo seri?" e a far dare un'occhiata alla serie anche solo per curiosità. Qualcuno, e a ragione, ha osservato che il personaggio di Mildred Ratched (quella del film e del romanzo di Ken Kesey) non ha bisogno di un background noir. La sua funzione è quella di rappresentare un'istituzione ottusa e glaciale, malvagia e dannosa in quanto espressione di un atteggiamento medico e culturale frutto del suo tempo e di un determinato contesto sociale. Trasformarla in un personaggio da crime drama manda fuori strada i presupposti narrativi. Tutto vero. Ma il punto è: era necessario attribuire quelle generalità e quella destinazione finale al personaggio della serie Netflix? Intendo dire una necessità che non fosse semplicemente quella di far discutere echeggiando il titolo di un classico. Quello che emerge dai primi episodi (senza entrare in dettagli spoilerosi) è la storia di un complotto criminale, e il ritratto di una donna manipolatrice e pronta a tutto che persegue un obiettivo ben preciso. La conduzione e le atmosfere della serie sembrano fare deliberatamente il verso ai film neri degli anni quaranta, da certe dinamiche tra i personaggi all'evidentissima scelta delle musiche. La stessa Sarah Paulson, che figura tra i produttori, recita in un modo che la fa apparire come un ibrido tra Bette Davis e Barbara Stanwick. Una dark lady hollywoodiana in un contesto estetico contemporaneo. Tutto questo mixato insieme produce un risultato dal gusto confuso. Non si capisce dove finisce il thriller che si prende sul serio e dove inizia l'intento parodistico. Ma rimane la sensazione posticcia e forzata di quell'accostamento iniziale, presente nei titoli di apertura. Intendiamoci, magari come racconto nero indipendente potrebbe anche andar bene. Ma abbiamo davvero bisogno di dover ricorrere a brand celeberrimi per promuovere nuovi prodotti commerciali? A pensarci bene, è anche inutile chiederselo. Esiste una divisione marketing, e le cose che già si conoscono vendono meglio di qualcosa che si presenta con un nome mai sentito.

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