“Babbo Natale è una figura mitica presente nel folclore di molte culture che distribuisce i doni ai bambini, di solito la sera della vigilia di Natale. Babbo Natale è un elemento importante della tradizione natalizia della civiltà occidentale, oltre che in America latina, in Giappone ed in altre parti dell'Asia orientale...”
Questo secondo le prime righe di Wikipedia, e il generale conformismo che induce a ignorare i tanti legami del personaggio con culture e pratiche profane. Potremmo ricordare le parentele con il leggendario San Nicola vescovo di Mira, e speculare su quanto le campagne commerciali della Coca-Cola abbiano influenzato l’iconografia del noto genio del Natale. Babbo Natale inizialmente vestiva di verde, rammenta sempre Wikipedia, e fu la bevanda più gasata del mondo a renderlo il pancione scarlatto e bianco che si conosce. Almeno così viene detto da decenni. Simbolo del solstizio d’inverno, momento di rinascita e rigenerazione, cui in seguito fu sovrapposta la ricorrenza della nascita di Gesù, Babbo Natale è in realtà una figura panica. Panico nel senso del tutto e del dionisiaco. Figura allegorica dalle mille valenze, si cristallizza come risultato di spunti culturali eterogenei. Ma la sua anima primordiale è barbara, poco affine all’asettico candore con cui di solito il personaggio è rappresentato. Il suo fato è sempre stato quello di mutare nei secoli, integrando pulsioni e sogni differenti, diventando a volte icona di innocenza, altre oggetto di trasgressione e di stravaganti invenzioni pop. Fino all’erotizzazione di Babbo Natale, vera icona del movimento omosessuale degli orsi, la sottocultura gay che valorizza la sensualità di uomini paffuti e barbuti. Insomma, Babbo Natale porta regali a tutti. Belli e brutti. Buoni e bricconi. Mistici e miscredenti. Cristiani e pagani. Babbo Natale è lo spirito della terra, e uno dei suoi segreti leggendari – sdoganato di recente da Helena Velena sul suo sito e nelle sue performance – ha davvero del bizzarro.
Questo secondo le prime righe di Wikipedia, e il generale conformismo che induce a ignorare i tanti legami del personaggio con culture e pratiche profane. Potremmo ricordare le parentele con il leggendario San Nicola vescovo di Mira, e speculare su quanto le campagne commerciali della Coca-Cola abbiano influenzato l’iconografia del noto genio del Natale. Babbo Natale inizialmente vestiva di verde, rammenta sempre Wikipedia, e fu la bevanda più gasata del mondo a renderlo il pancione scarlatto e bianco che si conosce. Almeno così viene detto da decenni. Simbolo del solstizio d’inverno, momento di rinascita e rigenerazione, cui in seguito fu sovrapposta la ricorrenza della nascita di Gesù, Babbo Natale è in realtà una figura panica. Panico nel senso del tutto e del dionisiaco. Figura allegorica dalle mille valenze, si cristallizza come risultato di spunti culturali eterogenei. Ma la sua anima primordiale è barbara, poco affine all’asettico candore con cui di solito il personaggio è rappresentato. Il suo fato è sempre stato quello di mutare nei secoli, integrando pulsioni e sogni differenti, diventando a volte icona di innocenza, altre oggetto di trasgressione e di stravaganti invenzioni pop. Fino all’erotizzazione di Babbo Natale, vera icona del movimento omosessuale degli orsi, la sottocultura gay che valorizza la sensualità di uomini paffuti e barbuti. Insomma, Babbo Natale porta regali a tutti. Belli e brutti. Buoni e bricconi. Mistici e miscredenti. Cristiani e pagani. Babbo Natale è lo spirito della terra, e uno dei suoi segreti leggendari – sdoganato di recente da Helena Velena sul suo sito e nelle sue performance – ha davvero del bizzarro.


Le feste, di cui l’umanità ha bisogno come delle pause per dormire, delle barzellette per ridere, dei sogni per andare avanti, appartengono a tutti, e spesso sono state prodotte da un coacervo di fenomeni popolari, che lungi da sottrarre importanza ai simboli possono soltanto rinforzarli. Per questo diciamo che Babbo Natale è una figura panica, cioè primeva e selvaggia, legata alla natura, alla vegetazione, alle bestie, e al bisogno di gioire, di far festa, impazzire e amare. Anche se schiacciati dalla ruota della festa più consumistica, e spesso ipocrita, dell’anno. Babbo Natale è ugualmente tra noi, e lo accogliamo per quello che può offrirci, nella nostra lingua, secondo i nostri codici culturali, sogni e aspirazioni. In barba alle tradizioni più ortodosse, al consumismo e all’insofferenza più snob. Per questo diciamo, anzi urliamo, aggrappati alla zattera del nostro quotidiano: Buon Natale... e si salvi chi può.
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