martedì 5 gennaio 2010

Batman: Cos'è successo al Cavaliere Oscuro?

Hanno ammazzato Batman.
Batman è vivo.

Si potrebbe riassumere con questo adagio rivoluzionario la storia che Neil Gaiman, celebrato autore di Sandman, dedica all'Uomo Pipistrello. Che dedica, anzi, a tutti i Batman passati, presenti e futuri, all'archetipo del crociato incappucciato  e alle sue mille varianti storiche.
Cos'è successo al Cavaliere Oscuro?  è un racconto che si colloca idealmente nel solco tracciato dagli eventi editoriali Batman R.I.P. e Crisi Finale, ovvero le due saghe di Grant Morrison che narrano la presunta morte di Bruce Wayne e la scomparsa del suo alter ego da Gotham City.  Così almeno si direbbe a prima vista. In realtà, il racconto di Gaiman trascende totalmente la continuità narrativa, e si propone come una riflessione senza tempo sul mito di Batman, sulla natura del suo eroismo e sul suo legame con l'immaginario collettivo.
Cos'è successo al Cavaliere Oscuro? si presenta anche come l'ulteriore proposta di una formula dimostratasi vincente in casa DC Comics. E' inevitabile il parallelismo con l'apprezzato Cos'è successo all'Uomo del Domani, racconto che Alan Moore (altro grande autore britannico) dedicò a Superman nel 1986, e tuttora ricordato come una delle più epiche storie che siano state dedicate all'Uomo d'Acciaio. Il racconto di Moore fu pubblicata in due parti su Superman #423 e Action Comics #583. Nello stesso modo, in patria, Cos'è successo al Cavaliere Oscuro? è uscito su Batman #686 e Detective Comics #853, e giunge a noi in un volume cartonato arricchito dagli schizzi preparatori di Andy Kubert.
La convergenza con la storia di Superman firmata da Moore, però, si esaurisce qui. Infatti, se il racconto del bardo di Northampton si proponeva come un'affascinante storia immaginaria ("non lo sono tutte?"), il lavoro di Neil Gaiman percorre altre strade, meno lineari, e si presenta come una raffinata dissertazione su segni, significati e i loro rapporti con l'immaginario.

 
Gotham. Di notte. Una visione in soggettiva e un dialogo enigmatico. Un'auto dal design eloquente si ferma e ne vediamo scendere Selina Kyle, Catwoman, mai così bella. E' l'inizio di quella che scopriremo presto essere la veglia funebre per l'Uomo Pipistrello. Batman, non Bruce Wayne. E' la maschera, non l'uomo dietro essa, a giacere nella bara. O forse è il contrario? In ogni caso, amici e avversari giungono per dargli l'estremo saluto. L'atmosfera è contrita, ma calma. Persino l'abituale sete di sangue del Joker sembra non trovare posto in questa scena. Ma c'è qualcosa che non va, qualcosa di strano. E quel qualcosa si chiama Neil Gaiman.
Già nella veglia di Morfeo, al termine del ciclo di Sandman, Gaiman aveva affrontato il compito non facile di mettere in scena un funerale fantastico. Una veglia che celebrasse la fine (consacrandola) di un’idea poetica. E anche allora, il Cavaliere Oscuro era presente, in mezzo agli altri, per rendere omaggio alla personificazione di tutte le storie del mondo. Per certi versi, Gaiman ricicla in modo felice le intuizioni di quella storia, e colloca la veglia per l’Uomo Pipistrello in una dimensione metafisica, surreale, dove vita e morte, sogno e realtà possono coincidere. Quel che veramente conta è l'amore per le storie e per i personaggi che vivono (e a volte muoiono) in esse. Per il loro protagonista, un eroe ambiguo e polimorfo che la cultura popolare ha ormai consegnato al mito. La veglia è fuori del tempo.

 L'avvicendarsi dei personaggi narranti è spunto per un piccolo e trasognato decamerone che non farà luce sull'effettiva sorte del protagonista, ma che torna utile a Gaiman (e a un ispirato Andy Kubert alle matite) per viaggiare tra diversi decenni e sensibilità fumettistiche, portando in scena sia il Batman dei primordi che la sua versione scanzonata, fino alle rappresentazioni più cupe e attuali. Alla veglia inscenata da Gaiman tutto il mondo di Bruce Wayne implode. Amici e nemici si trasfigurano e sfoggiano un aspetto polimorfo e sfuggente, ma proprio per questo assoluto e ormai riconducibile a una mitologia moderna. Alla fine della corsa, è chiaro a tutti che Batman non esisterebbe senza la sua pittoresca galleria di avversari, compagni di strada in un'avventura che sembra essere terminata con la sua morte. Per mano di chi, forse, non lo sapremo mai. Non ci interessa neppure, preferiamo immaginarlo. Perché nel mondo delle storie, anche in quelle di Batman, tutto può sempre essere messo in discussione. La narrazione corale di Cos'è successo al Cavaliere Oscuro? ci propone così una serie di novelle dai sapori vari e suggestivi, spesso ancorate a modelli letterari in apparenza estranei al mito del pipistrello, eppure perfettamente in armonia con esso. Selina, Alfred, Robin, Harvey Dent, Superman, e gli altri, sfilano davanti al lettore con tutto il carisma della loro iconicità, ma dimostrandosi duttili nelle mani di Neil Gaiman, che ci regala quella che è forse la rilettura più trasgressiva e divertente del Joker che sia stata scritta negli ultimi anni.
Cos'è successo al Cavaliere Oscuro? magari non sarà “la più bella storia di Batman” in assoluto. Ma è senz’altro un potente atto d’amore al personaggio e un tributo alle sue mutazioni in tanti anni di vita editoriale. Un momento di raccoglimento per le nostre letture che furono, che sono state e che potrebbero essere. Una veglia che ha luogo, in realtà, nel cuore stesso del lettore e nei suoi sogni. Sia egli un soggetto maturo, malato di nostalgia, un bambino desideroso di cavalcare fantasie colorate o un giovane del nuovo millennio affascinato dalle ombre e dalle ambiguità morali. Per un Batman che va, ne arriva un altro. Come per la carta omonima dei Tarocchi, la morte è qui simbolo di cambiamento. Si muore per poter vivere, crescendo e inciampando con il resto del mondo. Quegli spari notturni, quelli che hanno stroncato la vita dei coniugi Wayne e segnato il futuro del piccolo Bruce, a un tratto non sembrano più tanto determinanti. Batman è nato ed esiste perché ci sarebbe stato comunque bisogno di lui, e la sua origine è soltanto un pretesto. Lo spunto per raccontare una lunghissima storia che per iniziare ha bisogno di un finale.
Neil Gaiman ha penetrato il concetto di narrazione e ne ha frantumato l’essenza. Cos'è successo al Cavaliere Oscuro? è simile a uno specchio esploso, le cui schegge si disperdono riflettendo fugacemente diversi scorci di realtà. E la fine, quel punto di arrivo senza il quale la storia che ascoltiamo non avrebbe né senso né forza, è probabile che coincida con il principio. Persino il pipistrello, simbolo della paura e dell'agguato, acquista un significato differente. Ali per volare, ma anche mani per costruire un futuro pieno di promesse e di nuovi sogni. Perché le storie, pur avendo una fine, non finiscono mai.


Questa recensione è stata pubblicata anche su Fantasymagazine.

[Articolo di Filippo Messina]

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