giovedì 11 aprile 2024

No Speak Evil... More!


Non ho amato in modo particolare "Speak No Evil" (titolo originale "Gæsterne"), thriller-horror danese diretto da Christian Tafdrup nel 2022. Forse proprio perché preso alla sprovvista dalla sua natura di incubo provocatorio, disturbante e del tutto privo di catarsi, che a tratti ricorda il cinema di Polanski, in parte il nichilismo gelido di Haneke e, in sottotraccia, i fantasmi letterari di Ian McEwan.

Ne ho apprezzato comunque il ritmo a lenta carburazione, il suggerito confronto culturale tra le due coppie, una danese e l'altra olandese. Il parziale ostacolo linguistico (tra due lingue entrambe germaniche), che va del tutto perduto nel doppiaggio italiano, e il crescendo dell'orrore in sordina che alla fine sferra un calcio all'inguine dello spettatore lasciandolo piegato in due.

Insinuante, un po' perverso ( più nel modo di narrare che in ciò che mostra a schermo), il film danese è una metafora dei tanti limiti della civiltà e delle sue cerimonie sociali. Parla di come la buona educazione e il timore di offendere gli altri possano diventare l'anticamera dell'inferno. O peggio, una trappola culturale propedeutica all'annichilimento. Qualcosa che potrebbe renderci vittime inconsapevoli, quasi consensuali di qualunque prevaricazione.
Profondamente ambiguo nei messaggi suggeriti e nel suo lento progredire, scritto bene e recitato meglio, "Gæsterne" non è un film per tutti i palati. Il pubblico è diviso tra chi lo apprezza come un gioiello del perturbante e chi lo giudica un prodotto scadente, proprio perché lontano dalle logiche del racconto thriller cui siamo abituati dalle narrazioni meanstream.

Per quanto non sia diventato esattamente un caso, il film ha fatto parlare abbastanza da indurre Hollywood a mettere in cantiere l'ennesimo rifacimento.

Ma di cosa parla il film di Christian Tafdrup?


Due coppie, una danese l'altra olandese, entrambi con figli piccoli, una bambina i primi, un bambino i secondi, si conoscono durante una vacanza in Italia. Una volta terminate le ferie, la famigliola danese riceve l'invito dei nuovi amici a venirli a trovare nella loro casa in Olanda per un fine settimana. Inizialmente titubanti, non volendo sembrare scortesi, decidono di accettare. Sarà l'inizio di un lento sprofondare nelle tenebre.



Piaccia più o meno, l'originale "Speak No Evil" ha una sua caratura specifica, difficilmente riproducibile. Non sono contrario ai remake per partito preso, ma alla notizia che del film di Tafdrup sarebbe stato prodotto un rifacimento statunitense, sono stato subito scettico. Nel remake il confronto sarà tra una famiglia americana e una britannica. E già questo inquina un po' il valore metaforico del racconto. Ma soprattutto, mi sono detto, il risultato potrebbe essere molto simile a quello che riguardava il remake dell'olandese "Spoorloos", diretto da George Sluizer nel 1988 e rifatto in America dallo stesso regista nel 1993 con il titolo "The Vanishing", forte di un budget superiore e un cast di volti noti al grande pubblico.

Non entro nei dettagli perché odio gli spoiler, anche se riguardano roba vecchia, e perché i film menzionati meritano di essere recuperati. Ma tra i due film, per quanto diretti dalla stessa mano, c'è una differenza abissale che riflette le aspettative statunitensi e modifica alla radice tutta la sostanza del racconto.



Quello che temo e che il trailer del nuovo (...nuovo? Come se l'originale non fosse uscito praticamente ieri!) "Speak No Evil" grida a ogni fotogramma, è la conversione alla formula consueta del survival horror, mentre il film danese era ben altro. Tutto sembra diventare esplicito, ridondante. Ogni dettaglio marcato, gli sviluppi più inquietanti anticipati, e penso di poter prevedere che uno dei grandi tabù che l'originale danese infrangeva senza tanti complimenti, sarà qui totalmente rimosso.
Insomma, la sensazione è che le parole chiave di questo remake siano da un lato "sopra le righe" e dall'altro "addolcimento".

Sarà a causa del pubblico americano, notoriamente refrattario ai sottotitoli, cosa che porta a rifare praticamente ogni opera estera di successo, ma anche un'incapacità a uscire dai canoni più consueti e rassicuranti.
Per inciso, io adoro James McAvoy, e so che gli attori, anche i più bravi, hanno bisogno di essere diretti. Ma cazzo, qua sembra Jack Nicholson sotto cocaina, e non viene di fidarsi di lui neppure per un istante. Il ritmo lento e inesorabile sembra cedere il passo a una marcia testosteronica che prelude a uno scontro fisico che con buona probabilità occuperà molto spazio nella seconda metà del film, sostituendosi a tutto quello che c'era di realmente agghiacciante nel film danese.
E come sempre, da anni a questa parte, il trailer racconta già tutto.

Insomma, se non l'avete ancora visto, e vi va di farvi inquietare, magari starci pure un po' male a film concluso, vi invito a vedere l'originale "Gæsterne".
Non lo amato, ma neppure disprezzato. E so che a tanti piace da morire. E dopotutto, ci sta.


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