martedì 12 luglio 2022

Cittacotte 2022: Memento Mori

 


Era dal 2019 che la bottega Cittacotte, in via Vittorio Emanuele 120 a Palermo, non inaugurava una nuova vetrina.

Colpa della pandemia da Covid-19 che tante tradizioni e consuetudini sociali ha falciato per ben tre anni, e che ancora ci accompagna verso un futuro incerto e tutto da ricostruire.

L'ultima composizione creata dall'estro di Vincenzo Vizzari in occasione del Festino, festa patronale palermitana, del 2019 era stata “Fraternidad”. Inno alla solidarietà in cui Santa Rosalia congiugeva le mani con un migrante sopra un globo di edifici storici che rimandava dalla città di Palermo a tutto il mondo. Poi un lungo silenzio. Necessario, inevitabile, dettato dalle norme restrittive e da una saggia prudenza.



Memento Mori”, nuova vetrina inaugurata lunedì 11 luglio in occasione del Festino del 2022 interrompe finalmente la lunga pausa, e presenta un progetto artistico che in verità aveva cominciato a prendere forma proprio nel 2019, alla vigilia della grande emergenza che tante vite avrebbe stroncato costringendo tutti gli altri a un forzato isolamento. «Uno spunto quasi profetico,» riflette oggi Vincenzo Vizzari, considerando il tema della sua ultima creazione. L'intuizione di tempi funesti, ma anche la ricerca di rinnovate energie volte alla ricostruzione.

Memento Mori” (Ricordati che devi morire), formula reiterata da certe tradizioni religiose in cui si rammenta ai fedeli la caducità della vita e il giudizio divino che seguirà il trapasso, ma anche – in termini laici – un invito a vivere l'esistenza e a goderne le gioie proprio perché limitata nel tempo.

Stavolta la composizione di Vincenzo Vizzari si presenta dietro un sipario nero, bizzarra contaminazione di allusioni etniche, con i riferimenti alla Santuzza, e di cultura pop. Il teschio sinistro visto nella locandina del film “Inferno” di Dario Argento, in cui protagonista era la morte stessa, ma incoronato di rose come la santa patrona, e sovrastante una croce, simbolo di pena ma anche di resurrezione. Disvelata l'opera, le luci prevalgono sulle tenebre descrivendo un loop ideale di fine e principio, da cui ancora una volta Rosalia emerge trionfante.



Due, infatti, sono le possibili letture. Due le direzioni interpretative, dal basso o dall'alto. Una la visione globale che veicola il messaggio definitivo dell'opera. In “Memento Mori”, Rosalia è tutt'uno con il suo manto, corpo e anima di Palermo, e al suo interno scopriamo il melange di architetture che riassumono una città dai tanti volti storici. La morte incombe sulle case, rappresentata da più teschi fusi con le strutture. Una città che guarda un cimitero, e a una fossa comune a forma di punto interrogativo, che suggerisce l'incertezza del domani, ma anche l'ambiguità di quelle ossa, che forse giacciono, ma forse stanno ribollendo per uscire, sollevarsi e tornare a vivere.


E' vero che Rosalia ha la morte nel cuore. La sua espressione, però, rimane enigmatica. Dolente, ma quasi sensuale, come se quelle ossa la nutrissero e le dessero forza. Una lettura dell'opera verso il basso suggerisce il disfacimento della città, vittima delle sciagure, dell'incuria, condannata a un inesorabile tracollo. La lettura verso l'alto, parla invece di spoglie mortali che alimentano una vitalità indomabile, da cui la Santuzza si rigenera e alza il capo incoronato di fiori verso il cielo stellato, resa potente da tutte quelle anime che non saranno dimenticate. La visione globale comprende entrambe le interpretazioni, in una narrazione circolare di vita, morte e perenne rinascita. Un oroboro che si alimenta di se stesso e vede coincidere nella propria fine un eterno nuovo inizio. Circolarità poetica amara, ma in fondo ottimista, giacché solo vivendo si può continuare a sperare e a costruire qualcosa di migliore, anche dopo tre anni di pandemia, decenni di generica indifferenza e pertinace degrado. Una bellezza che resiste nonostante tutto, che serba i ricordi e onora i suoi morti.

Ricordati che devi morire, ma fallo per vivere. Al meglio, anche per chi non c'è più. Un augurio poetico per Palermo e il Festino del 2022, che trova nell'estro artistico di Vincenzo Vizzari e nella sua preziosa bottega delle terracotte un pilastro culturale che andrebbe coltivato come un fiore in serra. Auguriamoci di non dovere attendere troppo a lungo per vedere nuove creazioni.















 

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