venerdì 19 giugno 2015

Verso il Palermo Pride 2015



Ci siamo anche quest'anno. L'onda Pride, l'Human Pride, come quest'anno sta venendo lanciato, torna ancora una volta nella nostra città. Palermo, una città per molti versi irredimibile. Una città che vuole cambiare. Una città che non vuole saperne di cambiare nella stessa identica misura in cui sogna il cambiamento. Una città che sta cambiando (in meglio, in peggio?) a prescindere dalle sue intenzioni e dai suoi progetti. Ogni anno le medesime polemiche, stavolta incrudelite dall'aberrante mistificazione progandistica sulla teoria gender. Le solite nenie anche da parte dei gay incravattati contro la "fottuta carnevalata" (come se il Pride non fosse anche un'espressione festiva, né più né meno del vero e proprio carnevale, della festa patronale del Festino e dell'acquisito, commercialmente imposto Halloween, ma senza le medesime motivazioni politiche e storiche). Di transessuali e drag queen, che "danneggerebbero" la causa con i loro lustrini, dimenticando che il movimento per i diritti LGBT è nato proprio dalla resistenza di questi soggetti e non dagli omosessuali più omologati e nascosti. Del resto... come scrive Zerocalcare nella sua "Città del decoro", in un contesto differente, ma universalmente graffiante: «...ce ne sono di bravi, che se ne stanno nascosti nelle fogne, come le Tartarughe Ninja. Non come questi, che si fanno vedere...»
E ci risiamo. Ci risiamo con le manifestazioni, con le rivendicazioni, con le polemiche.


L'importante è esserci. Farsi sentire.
Detto questo. Ormai è un rito. Altroquando c'era sin dal primo, funambolico e riuscitissimo Pride palermitano. Sin dall'inizio ha contestato il logo. Inascoltato. Ogni anno abbiamo riproposto la nostra pacifica polemica, e proposto un logo alternativo, ma sostanzialmente simile: un fiore fucsia. Oggi, in alcuni casi, anche quello ufficiale è stato per certi versi ingentilito, ma non basta ancora. La prematura scomparsa, due anni fa, di Salvatore Rizzuto Adelfio, nostro fondatore, non mette fine alla nostra posizione. Che riproponiamo come ogni anno, ormai uguale, pertinace. Perché non è solo questione di logo. Ma di incapacità di cambiare. Cosa che per un Pride (che appoggiamo comunque) a noi appare un controsenso. Quella Star of Life (simbolo internazionale dei paramedici, sfoggiato in tinta fucsia dalle associazioni paramediche femminili statunitensi) che nessuno (o comunque in pochi) sembrano percepire come qualcosa di esteticamente e contenutisticamente fuori luogo. Per coerenza, in memoria di Salvatore Rizzuto Adelfio e di un argomento sul quale non riuscì a farsi ascoltare, riproponiamo anche quest'anno l'ormai vecchia riflessione. Consapevoli di essere perdenti davanti alla maggioranza. Consapevoli di dover continuare (è il Pride, accidenti!) orgogliosi della nostra differenza.



Il logo del Palermo Pride (praticamente identico a un simbolo internazionale legato ai frangenti più spiacevoli della vita, la Paramedic Cross) è soltanto un campanello d'allarme. La nostra scelta di modificarne la sagoma è stata dettata solo dalla volontà di essere presenti con una “controfigura” che possa aprire un nuovo dialogo per i Pride futuri. Infatti, non possiamo nascondere che il Palermo Pride (bellissima novità cittadina degli ultimi anni) ha una struttura mediatica che non ci persuade. E' l'unico Pride in tutto il mondo ad avere (e a conservare in modo pertinace) un logo (peraltro semanticamente sbagliato) sempre uguale e immutabile, laddove tutte le altre città ne producono uno nuovo ogni anno.

Nato (lo sappiamo bene) con l'intento di essere un Pride fortemente politicizzato e inclusivo, quello di Palermo si è presto lasciato sedurre dalle sirene del facile consenso popolare, e il suo logo è diventato una sorta di brand commerciale, difeso ossessivamente ed esibito da tanti con la stessa passione con cui altrove si sfoggia il logo della Nike. Eppure il Pride LGBT dovrebbe essere la manifestazione-festa anticonformista per eccellenza, mutevole e in continuo sviluppo. Invece ci ostiniamo a sventolare e a dipingere sulle nostre facce, ogni anno, lo stesso identico simbolo. Forse per il bisogno ancestrale di sentirsi parte di un clan, di una crew. Pulsioni che richiamano alla mente il tipico provincialismo del nostro Sud, sempre ansioso di distinguersi, ma - sembrerebbe - non di maturare davvero. Il Pride dovrebbe simboleggiare un valore liberatorio con un milione di facce, e proprio per questo, in quanto politicamente caratterizzato, dovrebbe tendere ad andare controcorrente e non ostinarsi a sguazzare in un ripetitivo trend. Bocciare sul nascere la proposta di organizzare un concorso contest per le scuole d'arte di Palermo, alla ricerca di un nuovo logo da adottare di anno in anno (diventando, nello stesso tempo, presenti presso realtà accademiche dove di norma gli argomenti LGBT non esistono) ha lasciato il posto alla facile sbornia dell'omologazione.


Altroquando di Salvatore Rizzuto Adelfio è ancora qui, e marcerà con il Palermo Pride come già negli anni passati. Con le sue ragioni, i suoi dissensi, la sua collaborazione.
Buon Pride 2015 , e buone riflessioni, a tutti e tutte.


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