La bravata di tre
ragazzini, in fuga dal quotidiano e da una realtà scolastica
soffocante, conduce a una scoperta che rappresenterà per le
tre piccole anime un vero e proprio giro di boa. Soprattutto per il
giovane Zero, incline a rimuginare sulle proprie debolezze e a
trasfigurare le asperità della vita in modo surreale
attraverso la lente di una fantasia sbrigliata e del proprio bagaglio
di sogni e timori. L'inattesa esperienza nel bosco intorno alla
scuola, infatti, innescherà una reazione a catena nella quale,
tra eventi misteriosi e scomode scelte adolescenziali, Zero dovrà
imparare a convivere con un ingombrante fardello, simbolo stesso di
un'infanzia irrisolta. Qualcosa di simile a un nodo alla gola, ma
tenace e opprimente come la stretta di un polpo...
Scommettiamo?
Come negarlo? Zerocalcare è già un cult.
Grazie al web, la sua
ironia tagliente, in grado di attingere a esperienze autobiografiche
rendendole universali in tavole satiriche di grande impatto
espressivo è ormai un piccolo classico. Patrimonio delle nuove
generazioni e dei centri sociali cui è stato vicino sin dagli
esordi. Interprete scanzonato di gioie e dolori che non sono
peculiari della sola gioventù, ma rappresentano un tutt'uno
con quella parte dell'individuo che non crescerà mai, e
puntualmente si presenta a riscuotere il conto proprio quando ci si
crede ormai maturi e scafati. Il suo primo libro La Profezia
dell'Armadillo, autoprodotto non a caso da quel Makkox che tanto
ha saputo innovare nel fumetto italiano degli ultimi anni, è
stato un successo clamoroso, presto bissato dalla versione a colori
pubblicata dalla Bao Publishing. Una sarabanda di storie brevi e
vivacissime, visionarie ed esilaranti, dove le miserie dell'animo
umano sono sbeffeggiate (ma anche sviscerate) con lo spirito
allegorico di un Kafka sorpreso in un raro momento di euforia.
Ebbene, dopo il successo sul web, dopo le demenziali conversazioni
con il suo spirito guida-armadillo, dopo le collaborazioni con
riviste come XL, Canemucco e Mamma!, la domanda residua
era: l'umorismo narrativo di Zerocalcare funzionerà in un
romanzo a fumetti di respiro più ampio?
«Scommettiamo?
Nun t'arregge!»
La risposta è Un
polpo alla gola, pubblicato
sempre dalla Bao, che
guarda caso... regge eccome. Certamente ci sarà
anche chi affermerà che l'estro di Zerocalcare funziona al
meglio nella brevità di una tavola e nell'estetica da strip
allargata con la quale si è fatto le ossa. Può darsi
che in questo ci sia una briciola di verità, ma è
altrettanto vero che Un polpo alla gola rappresenta
un'importante svolta nel cammino di un artista capace di
metabolizzare i tratti salienti dell'immaginario della proprio
generazione e trasformarli in una comicità agrodolce che buca
la pagina, generando un cortocircuito emotivo in cui possono
riconoscersi lettori di tutte le età. E scusate se è
poco.
Un polpo alla gola,
romanzo grottesco più che comico, con atmosfere che ammiccano
al noir, ma anche racconto di formazione semiserio, è un'opera
discretamente ambiziosa, che somma ai lampi di umorismo, già
rodati con la saga dell'armadillo, nodi narrativi ben più
corposi e strutturati. Ad ogni modo, la scommessa si può
ritenere ampiamente vinta, giacché tutti i feticci seminati da
Zerocalcare in una produzione ormai cospicua di gag surreali, sono
qui felicemente adunati per formare un'unica epica coerente che copre
le tre grandi fasi della crescita. E il quadro completo è
spettacolare. Personaggi tridimensionali, allucinazioni alla Scrubs,
citazioni nerdissime e gustose. Insomma, Zerocalcare all'ennesima
potenza, per il piacere di tutti coloro che sono in grado di
apprezzare un umorismo sottile, non scontato.
Teatro di questo “scherzo
epico” non poteva essere che la scuola: luogo deputato dove per
la prima volta le relazioni umane si scontrano con la complessità
di un'esistenza mai libera da contraddizioni e incertezze. Ma anche
luogo magico, dove più mondi infantili convivono,
s'influenzano, e facilmente generano leggende pittoresche che
potrebbero nascondere sinistre verità. Qualcuno ha già
paragonato Zerocalcare ad Andrea Pazienza, per via dei temi
biografici e dei riferimenti all'attualità del suo tempo.
Senza bisogno di scomodare Pazienza - autore in realtà
abbastanza distante per contenuti e forma - possiamo dire che
Zerocalcare è riuscito a creare un proprio linguaggio dalle
caratteristiche fresche, capace di insediarsi nella fantasia del
lettore e di portarne a galla ogni totem e tabù. Uno degli
ingredienti fondamentali della sua cifra artistica è il
talento di digerire una quantità enorme di memi, simboli,
personaggi e rimembranze, per poi frullarli in una personale
mitologia. Mode, icone televisive, musica, fumetti e prodotti per
l'infanzia, sono tritati e assemblati con una valenza metaforica che
è nostalgica e beffarda nello stesso tempo. Altro importante
elemento è quello di saper calibrare un umorismo mai fine a se
stesso, di frequente amaro, ma sostanzialmente refrattario alla vera
tristezza. Qualcosa di simile agli incubi ironici di Italo
Calvino quando faceva muovere il suo Marcovaldo in scenari
cupi dove l'inquietudine assumeva aspetti talmente paradossali da
causare nel lettore una risata liberatoria. Così avviene in Un
polpo alla gola, che sotto molti aspetti ci ha ricordato anche
alcune pagine de Il corpo, racconto di Stephen King da cui è
tratto il bellissimo film di Rob Reiner Stand by Me, che
illustra la complicità di un gruppo di ragazzi alle prese con
il mistero della vita e della morte. Quel momento incantato che è
il passaggio dall'infanzia a un'età di mezzo, che non è
ancora quella adulta, ma che pretende sfrontatamente di disegnarne la
caricatura.
Quel che affascina nella
poesia umoristica di Zerocalcare è il dono invidiabile di
saper mutare in burla momenti oscuri dell'esistenza umana senza mai
scadere nella trasgressione d'accatto, ma piuttosto infondendo a
questi un'inattesa tenerezza. Il rimorso, il rimpianto, la paura di
non essere accettati e persino i propri fallimenti, diventano
argomenti per sorridere... e tirare avanti con irriducibile
ottimismo. Il polpo che simbolicamente stringe tra le sue spire il
collo del giovane protagonista, questo Vecchio dei Sette Mari
saldamente seduto sulle spalle dell'essere umano chino sotto il peso
dei suoi errori, è l'ambiguo fantasma di una colpa soggettiva.
Per alcuni ingenuo, ma nondimeno gravoso. Per altri assai più
torvo e destinato a convivere con il suo ospite per sempre. Immagine
giocosa e opprimente che ben sintetizza lo sfaccettato umorismo del
racconto.
Ironico manuale di
sopravvivenza alle mille trappole del vivere quotidiano, Un polpo
alla gola assolve bonariamente i tanti magoni dell'adolescenza
per ricordarci, nel suo nerissimo finale, che là fuori il
mondo è feroce, insensato e ingiusto. Ma che da sempre si
nutre di storie, di invenzioni, e della possibilità di ridere
di fronte alle avversità. Forse non ancora perfetto, ma
sicuramente prezioso, il libro di Zerocalcare è un gioiello
che merita di figurare accanto ad altre blasonate opere che hanno come tema il tribolato viaggio verso l'età adulta. Un polpo che agguanta il
lettore non soltanto alla gola, ma ne cattura il cervello e ne
strizza il cuore, mentre solletica senza pietà ogni suo punto
sensibile per suscitare il riso. Un'alchimia a fumetti di rara
intelligenza, che non necessita di forzati paragoni con giganti del
passato per essere apprezzata. Zerocalcare è il nostro
presente, figlio naturale dei decenni trascorsi. E chissà,
potrebbe rappresentare anche un luminoso futuro, fatto di nuove sfide
a fumetti, di sorprese e inaspettate conquiste.
A questo proposito, l'ultimo commento non può che essere la stessa parola che suggella le
avventure del giovane Zero e dei suoi amici scavezzacollo. Una parola
magica che è un grugnito di spavalderia infantile, ma
impregnata da un'irresistibile voglia di emergere, di diventare
grandi...
[Articolo di Filippo Messina]
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