In un futuro non troppo lontano, in una Los Angeles fumosa dove i cieli sono solcati da macchine volanti dalle sagome vagamente retrò, i morti iniziano a uscire dalle tombe e a tornare a casa, nei luoghi dove hanno sempre vissuto. I ritornanti, per quanto orribili a vedersi, sembrano più fastidiosi che pericolosi. Si limitano a ripetere automaticamente azioni di quello che era stato il loro vivere quotidiano. Davanti a questa sconcertante emergenza, il governo non ha trovato di meglio che obbligare per legge le famiglie a ospitare i loro defunti e a custodirli sotto la propria responsabilità. Le conseguenze non possono che andare dallo scomodo al catastrofico, modificando drasticamente la vita dell’intera popolazione. Il fenomeno delle resurrezioni, inoltre, sta trasformando il tessuto stesso della società. I repubblicani pensano di candidare alle prossime elezioni un ex leader illustre appena tornato dall’oltretomba. Un ambiguo scienziato sperimenta tecniche innovative per restituire agli zombie una scintilla di intelligenza, e in Palestina c’è subbuglio nell’attesa del ritorno di Gesù Cristo. E’ sorto un nuovo mercato nero, fatto di necrofilia, smaltimento clandestino dei non morti e altre turpitudini...
L’idea di un mondo dove i vivi si trovano costretti a convivere con i propri morti tornati dalla tomba non è esattamente nuova. John Ajvide Lindqvist, scrittore svedese cui si deve il bellissimo Lasciami entrare, nel suo secondo libro, intitolato L’Estate dei morti viventi (pubblicato in Italia da Marsilio), aveva già descritto uno scenario piuttosto simile a quello presentato dalla serie a fumetti di Jerry Frissen e Guy Davis. I ritornanti visti non come minaccia immediata per gli esseri umani, ma come problema sociale, che rode lentamente dall’interno i delicati equilibri del mondo dei vivi e ne scardina i presupposti esistenziali. Gli Zombie che divorarono il mondo, che la Saldapress pubblica nella collana Z, espressamente dedicato al sottogenere dei morti che camminano, ha però un tono ben diverso da quello della cupa parabola sociologica proposta di Lindqvist. Qui siamo in presenza di una commedia nera, dove gli spunti allegorici sono scanditi da un sardonico umorismo. Inevitabile è il confronto con il film Shaun of the Dead, che comunque portava in scena gli ormai classici zombie romeriani divoratori dei viventi. A dispetto del titolo, invece, gli zombie di Frissen e Davis non divorano proprio niente. Non in senso letterale, almeno.
Questi zombie, in genere abbastanza inoffensivi come indifesi sonnambuli, consumano la vita degli umani in un modo più subdolo. Testimoniando in silenzio l’insensatezza del quotidiano e l’inevitabile caducità di ogni cosa. Ci sfiora il sospetto che tra morti e vivi non ci sia poi tanta differenza. Gli zombie sono morti quanto sono morti dentro coloro che li circondano. Sono lo specchio deformante della miseria umana e del marciume di una società ipocrita. I vivi sono sciocchi, profittatori, necrofili, pazzi. Se il riposo della morte è negato, la vita non può che cagliare in modo insopportabile. L’umanità è così chiamata a reagire. E lo fa con i soli strumenti che possiede, tirando fuori il peggio di sé alla ricerca di un nuovo significato da dare all’esistenza.
Orrido, beffardo e mostruosamente divertente, Gli zombie che divorarono il mondo è una lettura leggera e intensa che non manca di profondi spunti sociali. Per una volta, come nel romanzo di Lindqvist, incontriamo degli zombie diversi dal solito. Più imprevedibili, più “psicologici”. Impressiona anche la ciurma di picari protagonisti della saga: Karl Neard, foruncoloso cacciatore di morti che si è inventato un lavoro tra i più sporchi. Sua sorella Maggie, tanto maschiaccio frustrato quanto donna affamata di vita. L’esilarante Belga, ottuso bruto amante delle baruffe e delle barzellette idiote. Tra smembramenti e atti di necrofilia, il lettore è condotto in un luna park degli orrori dove niente è scontato e dove spesso ci si vergogna di ridere.
La struttura a episodi della serie procede con ritmo regolare mentre in sottofondo si sviluppa la sottotrama principale, che sfocerà nel secondo volume, intitolato La Guerra dei Papi.
Gli zombie che divorarono il mondo ha tutte le carte in regola per emergere in mezzo all’orda di morti viventi che negli ultimi anni hanno invaso scaffali e sale cinematografiche con esiti non sempre all’altezza delle aspettative. La storia di zombie di Frissen e Davis è abbastanza atipica sia per forma che per sostanza, e merita attenzione in attesa del secondo volume, in cui la trama dovrebbe deflagrare. I disegni graffianti e scanzonati di Guy Davis (Sandman Mistery Theatre, B.P.R.D.) funzionano a dovere in un racconto intriso di splatter contribuendo spesso a rendere farsesche scene e situazioni che altrove sarebbero risultate raccapriccianti. In definitiva, un allegro grand guignol capace di strappare applausi a scena aperta.
Gli zombie sono tornati. Ancora. E stavolta vogliono farci ridere. Fino alla morte.
Questa recensione è stata pubblicata anche su Fumettidicarta.
[Articolo di Filippo Messina]
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