giovedì 24 giugno 2010

Il Canemucco #2

Secondo round per Il Canemucco, la rivista dell’editore Coniglio che vede al timone Makkox, ormai lanciatissimo dopo l’esordio sperimentale sul web e l’edizione in volume de Le [di]visioni imperfette.
Una nuova sorpresa? Bisogna essere sinceri. Dare le cose per scontate non fa mai bene. Quindi sì. Un’ulteriore, emozionante sorpresa. O se vogliamo, una conferma e un nuovo passo avanti, verso lidi tutti da scoprire. In questo secondo numero della rivista, che si conferma interessante sin dagli intenti e dal menù generale, Makkox si cimenta con un racconto breve. E fa centro. Ancora. Colpendo al cuore.
Non era facile conservare il livello de La Vasca, pezzo forte del primo numero di Canemucco. Tanto più che stavolta lo spazio era ridotto. Ma sta proprio nella brevità del racconto, incisivo fino a far dolere l’anima, che consiste la grande conferma. E cioè che Makkox è prima di ogni altra cosa un narratore. Una persona che ama le parole, le sa usare, sa giocarci, e sa come trasformarle in immagini coloratissime e violente. La prosa da teatro dell’assurdo anglosassone (non ci pentiamo di questo paragone) intrecciato a cromatismi  e sapori mediterranei, è veicolo per qualcosa che potremmo definire pura poesia esistenziale. I personaggi-marionetta lanciati sulla ribalta da Makkox dominano la scena come non si vedeva da tempo sulle pagine di un fumetto italiano. Don Mimì, già visto ne La Vasca, è il più imprevedibile dei grilli parlanti in una fiaba nerissima, irta di tradimenti, passioni vorticose, cinismo e sogni senza speranza.
Un teatrino di rara, falsa crudeltà. Falsa, perché oltre la superficie beffarda del racconto noir, si annida una profonda commozione. I personaggi di Makkox sono talmente miseri, fragili, illusi e vendicativi, da confondersi con il nostro vicino. Sono tragicamente veri, e nel silenzio di una storia spietata, per sottrazione, tra le righe, l’autore tributa loro quella pietà che la vita non concede quasi mai.
Un’altra perla che sarebbe un peccato non leggere.

Delude, invece, la prova di Roberto Recchioni, con il suo Dalla parte di Asso. Intrigante nei disegni, ma scontato e superficiale nel suo intento provocatorio. A tratti, nell’esercizio di stile, sembra di cogliere un omaggio al fumetto italiano che fu, ma la data di scadenza sull’etichetta del prodotto si rivela superata da tempo. Andrea Pazienza ha raccontato la cattiveria giovanile con troppa intelligenza perché fosse facile aggiungere altro, e l'elogio di Recchioni di chi è forte con i deboli non graffia. L'acidità estrema finisce col risultare stucchevole quanto la peggiore melassa. E più che odore di testosterone, si percepiscono gli effluvi di un manierato onanismo.

Delicato e minimale è Nero di polpo di Quasimai. Altro esercizio letterario declinato sulle pagine di un fumetto. Una storia lineare, affidata a tranquilli colori pastello, per parlare di pragmatismo fallace e semplice buon senso. Forse non del tutto compiuto, ma sostenuto da un ritmo armonicamente lento. Un racconto di stati d’animo e significativa quotidianità, che ci rammenta l’Ernest Hemingway dei 49 racconti.

Se la parte prettamente narrativa della rivista continua a dimostrarsi la più debole, gli ulteriori fumetti brevi sono una piacevole zavorra che permette alla mongolfiera di levarsi da terra senza troppi scossoni. Il breve e simpatico, nella sua semplicità, Il Minotauro di Luis Escorial. Laura Scarpa, onirica e spiazzante con il suo La rompicoglioni, il cinema e la gente famosa... Il suggestivo Tombini di Flaviano Amentaro. E il consueto scherzo surreale di Zerocalcare, Effecinque. Tutti fumetti di autori di indubbio talento che rimandano però a qualcosa di meglio, a un pranzo completo da gustare altrove, limitandosi qui a fare da leggero contorno.

Resta la grande qualità di una rivista ancora giovane, ma già temibile per pubblicazioni concorrenti che faticano a svecchiarsi o a carburare. Un teatrino vario e nello stesso tempo coerente, con poche sbavature facilmente correggibili. Auguriamo a Canemucco che il suo carrozzone tenga la strada, raccogliendo lungo il suo viaggio gli applausi che merita, di borgo in borgo, di spettacolo in spettacolo.

Per la seconda volta... Sipario.

Questa recensione è stata pubblicata anche su Fumettidicarta.


[Articolo di Filippo Messina]


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