martedì 4 novembre 2025

Un senso al tutto? Non è mica facile!



Ed eccolo qua. Il mio bambino, il mio libro, il mio ritorno alla narrativa dopo lunghi anni di separazione. 
Posso dirlo? Mi mancava. Perché avevo smesso? Non lo so. Mi ero messo in testa di non sapere scrivere. Il che ci può pure stare, non è cosa per tutti. Ma si può imparare, si può studiare. E soprattutto, le passioni, anche se a volte muoiono, possono risorgere più forti di prima.

Per me è stato così, e il risultato è questo libro di racconti. Racconti nati tempo fa, sepolti in un cassetto, poi riletti, stracciati e riscritti da zero, secondo la mia sensibilità attuale. 
È un esordio. Non avevo mai stampato niente in forma narrativa, a meno che non vogliamo mettere nel novero i siti amatoriali che praticavo all'inizio del nuovo millennio.

"Il senso del tutto", per esempio, era già apparso su uno di questi portali che ospitavano narrazioni spontanee. In una forma ridotta, meno curata e decisamente diversa da quella attuale. In passato si è intitolato "Solidum", poi è diventato "Una cosa sola". Ora è "Il senso del tutto" e dà il titolo all'intera raccolta. 


Un senso che va cercato nelle singole parti che compongono l'insieme. Reinventare questi spunti, scelti tra quelli che mi sono sembrati più presentabili, ha comportato anche immaginare un quadro generale. Oggi so di amare il realismo magico, un'atmosfera fantastica, ambigua, a volte percepibile, altre volte sfuggente. 

Sono storie mirabolanti, basate su eventi bizzarri, ma anche romantiche — a volte — e beffarde. Tanto beffarde. La commedia, soprattutto se nera, è la mia passione.

Poi ci sono i cinghiali, per me adorabili. Simbolo di sensualità, di vita e libertà. Ma anche di fragilità e di legame intimo con la terra.

In "Il senso del tutto" troverete storie di fantasmi che in realtà sono storie d'amicizia, forse d'amore. Avventure fantasy scurrili e grottesche. Mockumentary sorprendenti tra leggenda e cronaca storica. E una fantascienza di provincia (mi diverte chiamarla così), dove gli eroi non esistono e a documentare i fatti ci sono gli ultimi.

Mi sono divertito a scrivere queste storie. E ringrazio Davide Mana, il cui lavoro, la cui ironia e vitalità mi ha ispirato a ricominciare. Un peccato ci abbia lasciato così presto.

Adesso tocca ai lettori. La campanella suona. Il sipario sta per aprirsi. Se vorrete sedervi in sala, lo spettacolo comincia adesso.

Buon divertimento.


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sabato 27 settembre 2025

Quarant'anni dopo: esce in Italia "L'uovo dell'angelo"

 



A dicembre, per un periodo limitato di tempo, esce al cinema in Italia "L'uovo dell'angelo" (Tenshi no Tamago) di Mamoru Oshii del 1985 (quarant'anni fa), precedente al celebre "Gosth in the Shell" che lo stesso regista realizzò nel 1995. Il film è finora inedito nel nostro paese, con l'eccezione di qualche proiezione clandestina. Mi sembra ieri di averlo proiettato alla Biblitoteca del TMO a Palermo, per un pubblico ridottissimo.

Immaginifico, incantevole, quasi muto, criptico, spettacolare, Tenshi no Tamago è definito da alcuni cinefili il "2001 Odissea nello spazio dei film d'animazione". Al di là di questi paragoni retorici, è un titolo che dovreste assolutamente recuperare. Soprattutto ora, se avrete la possibilità di vederlo sul grande schermo.
Dalle mie parti, mi aspetto le solite programmazioni in periferia a orari impossibili.

lunedì 1 settembre 2025

12 anni... per ricordare

 



E sono già 12 anni che te ne sei andato.
Impressionante a dirsi. Assurdo a pensarlo. Eppure è così.
Il tempo è passato, e io ancora qui, rimasto aggrappato alla zattera, nel tentativo donchisciottesco di tenere alta la memoria di famiglia.
Per la legge non eravamo niente. Per noi eravamo tutto.
Ricordo le nostre complicità e anche le nostre liti, le nostre affinità e le nostre grandi differenze.
Alla luce di quell'esperienza indimenticabile, andiamo avanti come si può, in qualche modo ancora insieme. Con la cultura, con l'estro, con la tenacia e le nuove sfide. Nel nostro piccolo grande modo, a dispetto di tutti. Per il tuo, il nostro Altroquando, che portiamo con noi. E come Papillon ripetiamo: Sono ancora vivo, maledetti bastardi! Sono ancora vivo!

Salvatore Rizzuto Adelfio - dicembre 1951 - agosto 2013

giovedì 12 giugno 2025

Addio a Gino Campanella

 


Apprendo con dolore della scomparsa di Gino Campanella.

Un pioniere, un'istituzione cittadina, un esempio di resistenza assieme a Massimo Milani, il compagno di una vita. Gino e Massimo sono stati, e resteranno, un simbolo per la nostra Palermo e il movimento LGBTQ+ tutto. Senza il loro coraggio, le loro sfide, la loro presenza costante, i traguardi raggiunti in questi anni non esisterebbero. Quir, il loro negozio, aperto anche al confronto umano, è parte integrante della nostra storia. Una testimonianza viva nel cuore di Palermo.
La scomparsa di Gino rappresenta un pezzo in meno per l'anima della comunità, ma ora va a costituirne uno in più per la memoria, per l'orgoglio, per la spinta ad andare avanti.
Un abbraccio sentito a Massimo.
Ciao, Gino. Non sarai dimenticato. Non sarebbe possibile.

sabato 17 maggio 2025

Giornata Internazionale contro l'omolesbobitransfobia


 
17 maggio: Giornata internazionale per il contrasto all'omolesbobitransfobia.

Chi si aspettava qualcosa di diverso dal nuovo pontefice Leone XIV, è rimasto deluso. Ma questo non sposta niente. Il Papa è il capo della chiesa cattolica. I diritti riguardano tutti e tutte, appartenenti (o estranei) a qualunque fede. La politica dovrebbe... no: DEVE tutelare i diritti di chiunque. E questo è il primo punto.

Neppure, però, è possibile nascondersi dietro un dito, e negare che gli atteggiamenti papali abbiano influenze culturali di un certo rilievo. Ma sotto il sole, di nuovo non c'è nulla.

Anche gli atteggiamenti di Papa Bergoglio, peraltro blandissimi, rimanevano qualcosa di confinato alla sua persona, tra l'altro criticata dalla parte più conservatrice della sua stessa chiesa.

Il Papa, chiunque sia, non può modificare sostanzialmente la dottrina. Non è un monarca, ma risponde a meccanismi millenari. Non è una giustificazione. Questa consapevolezza deve spingerci a collocarlo nel suo giusto spazio, e a fare il nostro cammino in modo indipendente.

E poi, Papa Francesco, con le sue timide aperture, non faceva che riprendere paro paro passaggi dei Vangeli. Sull'accoglienza, sulla tolleranza, sulla carità. Ripeto: i Vangeli. La cosa più "woke" della storia umana, prima che questa parola del cavolo fosse inventata. Anche se molti fingono di non accorgersene.



domenica 4 maggio 2025

L'Eternauta di Netflix


L'Eternauta, la serie Netflix, molto probabilmente dividerà il pubblico italiano. Personalmente, l'ho trovata un adattamento molto interessante. Anche coraggioso. E ce ne voleva!

Coraggioso perché confrontarsi con un'opera della forza, narrativa e politica, di quella realizzata da Hector Oesterheld e Francisco Solano Lopez, è un'impresa da far tremare le vene ai polsi.
Coraggioso perché l'opera necessitava comunque di un forte adattamento. E' pur sempre un romanzo a fumetti uscito dagli anni 50 del secolo scorso, e per quanto tenga ottimamente botta, conserva al suo interno degli elementi che trasposti così come sono striderebbero.
Coraggioso perché azzarda nuovi parallelismi politici, tenendo conto della memoria storica argentina.
Coraggioso perché rinuncia (per adesso!) al gancio metanarrativo e scaraventa subito nel cuore del discorso. Coraggioso perché si prende il suo tempo, e adotta un ritmo lento, che a molti farà storcere il naso, ma che a mio parere è consono allo spirito della narrazione.
Coraggioso perché per una volta i protagonisti non sono giovanissimi. Anzi, sono quasi tutti agée. A partire dal protagonista, Ricardo Darìn, una star in patria, ma poco noto dalle nostre parti. Elemento che quasi sicuramente lo farà aborrire al pubblico della generazione Z.


Per rispondere alla domanda che mi sento porre: "E' all'altezza del fumetto"? Direi... no, e non intende esserlo.
E' come sfogliare I promessi sposi mentre si guarda uno dei tanti adattamenti, cercare le cose che ci convincono meno e decidere in base a quelle.
Per me non ha senso. L'Eternauta di Oesterheld rimane là. Con il suo valore, la sua poesia, il suo fortissimo impatto culturale.

L'atteggiamento più corretto è spogliarsi da questo sentimento inquisitorio e lasciarsi trasportare dal racconto. Quindi... niente sarà mai all'altezza. Ma può essere interessante, piacevole, e a tratti anche commovente, osservare come una narrazione che ci è cara è stata trasposta secondo un nuovo linguaggio, un sentire contemporaneo.


Io ho apprezzato questa prima stagione. Imperfetta, ma a mio parere amabile. E sono stracontento che, al di là delle stroncature che leggo in Italia, sia già stata confermata per una seconda, che a quanto pare punterà più in alto della prima. E dopo quello che si intravede nel finale, sarebbe stato un peccato mortale non andare avanti.
Ci sono numerosi semi che possono germogliare in corso d'opera. Alcuni dei quali riguardano il cammino, la natura e il destino del protagonista. Le variazioni sono accettabili, gli inciampi prevedibili.
Nel complesso, promuovo El Eternauta di Netflix. Me ne frego se non è all'altezza del capolavoro da cui è tratto. E' una storia che mi piace sentirmi ancora raccontare. E la voce che me la sta raccontando, ha un tono tutto sommato carezzevole.

Poi lo so, io appartengo a un'altra generazione. Da ragazzino, mi emozionavo davanti a Il libro della giungla di Zoltan Korda del 1942 (molto precedente al classico Disney). Anche quello presentava tante varianti. Eppure Sabu era Mogwly e c'era il duello con Shere Khan. Quello delle trasposizioni in live action è un piacere infantile, che ha tutto il diritto di essere conservato.
Questo Eternauta, vista la sua natura, forse ha qualcosa in più. Pertanto, direi, dategli una possibilità. E se le leggi spietate dello streaming non lo buttano giù, vediamo cosa riesce a dire nella sua completezza.

giovedì 13 febbraio 2025

Captain America Brave New World: Bene, ma non benissimo



 Captain America: Brave New World...

Allora, che dire?
Mettiamola così. Un film non brutto. Non noioso. Anche perché misericordiosamente breve rispetto a certi suoi predecessori. Un compito svolto con diligenza che merita una sufficienza. Sì, perché a mio avviso i problemi sono altri.
Il film di Julius Onah non è un dito in un occhio. Non è quell'agonia di "Quantomania" e neppure il brodino annacquato di "The Marvels". Il guaio è che se non disturba, neppure appassiona. O almeno non è riuscito a farlo con il sottoscritto.
C'è da dire che dopo anni e anni di film Marvel, sorprendere, emozionare, è diventato difficilissimo. Inoltre, ormai tutto è telefonato. Quelli che dovrebbero essere colpi di scena, li abbiamo tutti visti nei trailer. O peggio ancora, sono stati annunciati con mesi di anticipo. L'effetto finale, dunque, è come vedere un film giallo in cui i personaggi non conoscono l'identità dell'assassino, ma il pubblico sì. Non c'è il piacere della scoperta, ma soltanto l'attesa di vedere entrare in scena l'annunciato divo di turno.
Come può quindi un film d'avventura intrattenere davvero e funzionare alla luce di questi elementi. In un meccanismo produttivo in cui il film finito è solo il punto d'arrivo di un crescendo onanistico che alla fine ottunde l'orgasmo e conclude con una sensazione di liberazione più che di appagamento.
Non pollice verso (pare non sia vero che i romani lo facessero al Colosseo), ma neppure applausi. E la scena post credits, tanto attesa, non dice niente che non ci fosse già stato annunciato a gran voce un sacco di tempo fa.
Bisogna cambiare il meccanismo. Ma questa, diciamocelo, è un'utopia. Il giocattolo ha funzionato, ma siamo noi che siamo cambiato. Perché dopo una tempesta di stimoli arriva l'abitudine.
E addio.
Non escludo, comunque, che mantenendo le pretese basse possa intrattenere. Io stesso non l'ho odiato. Però...
Lo ammetto. Ora ho bisogno di altro.