venerdì 5 dicembre 2025

UN ALTROQUANDO - Un racconto per ricordare Salvatore Rizzuto Adelfio

 



Il 5 dicembre Salvatore Rizzuto Adelfio, fondatore della libreria Altroquando e mio compagno di vita, avrebbe compiuto 74 anni.
Per ricordarlo, stavolta lascio la parola a un amico scrittore, ex compagno di liceo, che ha conosciuto Salvatore e ha voluto omaggiare lui e il nostro rapporto con un breve racconto, scritto in occasione del mese del Pride, ma valido in qualunque momento. 
I personaggi di questa storia sono controfigure di chi ha vissuto realmente quei momenti. C'è molta fiction e una punta di paradosso, di questo va tenuto conto. Bisogna anche dire che, nella realtà, io e Salvo non abbiamo avuto impedimenti a stare vicini durante la sua malattia, e che il personale dell'ospedale è sempre stato molto accogliente con me.
Ma questa è una storia, e le storie, se vogliono parlare a tutti, devono essere universali. Quindi, in un momento in cui il clima culturale sembra voler guardare al passato, e ancora ci sono traguardi sociali da raggiungere, questo racconto fa la sua parte. E ci permette di ricordare Salvatore come uomo e attivista, regalando un momento romantico e fantasioso che rende mito quello che per alcuni è stato un momento amaro della vita. 

Grazie, Marco Castagna.



UN ALTROQUANDO

  di Marco Castagna


Non era stato facile. Niente era facile per uno della sua stazza. Però c’era riuscito. Aveva scavalcato la ringhiera e aveva rasentato il muro camminando sul cornicione. La pancia gli impediva di guardare in basso e questo, pensò, fosse un bene per lui che soffriva di vertigini.

La parte più impegnativa era stata trascinarsi dietro il borsone. Era pesantissimo! Pensò che tra il suo peso e quello del borsone aveva trasportato quasi 130 chili oltre la ringhiera.

Si sentiva strano lassù al quarto piano. Un caparbio venticello teso e fresco gli accarezzava il viso sudato. Era un classico settembre palermitano e lui non si sentiva adatto a tutto quel movimento. Però era così fiero! Il suo piano era andato esattamente come da progetto.

Aveva prenotato la visita cardiologica intra moenia. Non poteva permettersi di aspettare i tempi della sanità pubblica. Aveva pagato il ticket e si era seduto in sala d’attesa. Tre persone erano già a turno prima di lui, ma non gli importava. D’altronde non aveva bisogno di alcuna visita cardiologica. D’accordo: il cuore era a pezzi, ma nessun medico avrebbe potuto ripararlo.

Quando l’ultimo paziente fu ricevuto, afferrò il borsone per i manici e si affacciò al balcone. Adesso era al di là della ringhiera, sul cornicione: lui, la sua pancia e il borsone.

L’edificio dall’altra parte del viale alberato distava meno di una dozzina di metri. Era Il padiglione che tutti chiamavano “il paradiso”: il plesso dove venivano ricoverati i malati terminali. La stanza di Gaetano era proprio lì, davanti a lui.

Era venuto ogni giorno ed era stato parecchie ore seduto su una panchina a studiare la situazione: gli orari, le distanze, chi entrava e chi usciva. Aveva visto arrivare il pasto di mezzogiorno e quello serale contenuti nelle buste ermetiche dentro le scatole di polistirolo.
A un inserviente aveva domandato cosa ci fosse per cena.

«Fesa di tacchino» aveva risposto.

Gaetano odiava il tacchino. Quel giorno Federico avrebbe voluto comprare delle arancine per lanciarle come granate contro la finestra al quarto piano del paradiso.

In quei giorni li aveva visti tutti quelli che andavano a trovare Gaetano. Tutti quelli che avevano diritto di farlo.

La sua ex moglie, suo fratello, sua sorella… Loro – quelli da cui Gaetano era fuggito – avevano diritto.

Lui, che conosceva ogni centimetro quadrato della sua pelle, che conosceva ogni suo sospiro, che condivideva con lui ansie e tenerezze da oltre sette anni, lui no. Non aveva alcun diritto. Era nessuno. Nessuno sapeva neppure chi fosse. Nessuno lo conosceva e in questo, ora come ora, Gaetano non poteva aiutarlo. Il cancro aveva preso alcune zone del cervello che lo rendevano incapace di intendere. Anche se…

Anche se Federico lo aveva visto alla finestra più volte guardare il cielo e studiare la forma delle nuvole oppure seguire il volo di un uccello.

Si erano conosciuti nella libreria di Gaetano. Non proprio una comune libreria: più un presidio di libertà e di uguaglianza.

Gaetano era un attivista anarchico che conduceva una sua personale battaglia per i diritti delle persone LGBT. Gli “arrusi” come li chiamava lui e come amava definire se stesso.

Quando qualcuno gli domandava se fosse omosessuale, lui rispondeva «Io? Ma quando mai? Io sono arruso!»

Perché Gaetano era una persona speciale.

Si erano subito piaciuti: entrambi alla ricerca della libertà. Entrambi emancipati dai canoni stereotipati di bellezza. Entrambi amanti della vita e della poesia.

Gaetano era un orso. Non perché avesse un carattere schivo. Anzi! Era così comunicativo!

No, lui semplicemente si riconosceva in quella corrente della cultura gay definita bear: uomini dalla corporatura robusta, spesso pelosi e sovrappeso. 

Non ne faceva però una questione legata soltanto alla fisicità. Niente affatto! Il concetto fondamentale per lui stava nella rielaborazione e nel rifiuto degli elementi e degli stereotipi dell’immaginario gay maggioritario.

Per Federico fu un’illuminazione. Quell’uomo e il suo mondo lo affascinavano. Per la prima volta in vita sua, si sentì libero, sereno, alleggerito. Si sentì… bello!

Si trovarono e si riconobbero come due anime gemelle e cominciarono a frequentarsi sempre di più, ritagliandosi il tempo necessario.

Il retrobottega era diventata la loro bolla: un luogo ideale, quasi immaginario. Un “non luogo” che conteneva i pensieri, le idee, i sentimenti. Tutto il resto stava fuori. 

Vivevano il loro amore in un altro luogo e in un altro tempo. Altro, rispetto al mondo e ai suoi luoghi comuni.

Questo altro luogo e altro tempo, questa bolla che li proteggeva e conteneva le loro emozioni, Gaetano l’aveva battezzata “altroquando”.

«Ci sarà sempre un altroquando per noi» gli sussurrava quando stavano abbracciati sulla branda guardando il soffitto ingiallito dall’umidità, a saracinesche chiuse in libreria, durante la pausa pranzo.

Il fatto che Federico non avesse mai fatto coming out non era un problema per Gaetano e a Federico non era mai sembrato importante. Ma adesso…

Adesso, all’improvviso, il fatto che nessuno sapesse di loro due gli impediva, di fatto, di vedere Gaetano.

Con un po’ di impegno si tolse la maglietta. Larghe bretelle rosse campeggiavano tra la folta peluria del suo torace e facevano pendent con il cappellino da baseball. Quello era il marchio di Gaetano: bretelle e cappellino rossi.

Adesso la parte più difficile. Ci volle tutta la concentrazione per mantenere l’equilibrio mentre tirava fuori dal borsone l’amplificatore. Era uno di quelli a batterie che usano i musicisti di strada. Infatti era a un chitarrista che Federico aveva dato 50 euro per farselo prestare. Lo conosceva bene perché si incontravano tutti i giorni. Il musicista si piazzava sempre a pochi passi dalla libreria e Federico era uno dei pochi che gli dava una moneta ogni volta.

«Quanto vuoi per prestarmelo per un paio d’ore?» gli aveva domandato.

«Se mi dai 50 euro lo puoi tenere per tutto il giorno».

Tirò fuori un mangianastri, lo collegò all’amplificatore e lo accese. Si sentì un fruscio. Inserì una musicassetta, prese un grosso respiro e premette il tasto play.

Già dalle prime note qualcuno alzò lo sguardo e lo vide lì a torso nudo sul cornicione. In pochi secondi si creò un drappello di curiosi.

La canzone era Vita di Lucio Dalla. La loro canzone. In pochissimi minuti era già al ritornello.

“Siamo angeli con le rughe un po’ feroci sugli zigomi. Forse un po’ più stanchi ma più liberi. Urgenti di un amore che raggiunge chi lo vuole respirare”.

Federico vide il volto di Gaetano attaccato al vetro della finestra della sua camera.

Era il momento.

Tirò fuori lo striscione e lo srotolò in tutta la sua lunghezza reggendolo da un’estremità.

Era alto sei metri: due piani.

Le lettere erano iridescenti, colorate di rosso, arancio, giallo, verde, blu e viola su fondo bianco.

Tutti potevano leggere. C’era scritto: “ci sarà sempre un altroquando”.

Sotto la scritta,  un cuore rosso.

Federico avrebbe giurato di avere visto sul volto atono di Gaetano prendere forma un sorriso.



martedì 4 novembre 2025

Un senso al tutto? Non è mica facile!



Ed eccolo qua. Il mio bambino, il mio libro, il mio ritorno alla narrativa dopo lunghi anni di separazione. 
Posso dirlo? Mi mancava. Perché avevo smesso? Non lo so. Mi ero messo in testa di non sapere scrivere. Il che ci può pure stare, non è cosa per tutti. Ma si può imparare, si può studiare. E soprattutto, le passioni, anche se a volte muoiono, possono risorgere più forti di prima.

Per me è stato così, e il risultato è questo libro di racconti. Racconti nati tempo fa, sepolti in un cassetto, poi riletti, stracciati e riscritti da zero, secondo la mia sensibilità attuale. 
È un esordio. Non avevo mai stampato niente in forma narrativa, a meno che non vogliamo mettere nel novero i siti amatoriali che praticavo all'inizio del nuovo millennio.

"Il senso del tutto", per esempio, era già apparso su uno di questi portali che ospitavano narrazioni spontanee. In una forma ridotta, meno curata e decisamente diversa da quella attuale. In passato si è intitolato "Solidum", poi è diventato "Una cosa sola". Ora è "Il senso del tutto" e dà il titolo all'intera raccolta. 


Un senso che va cercato nelle singole parti che compongono l'insieme. Reinventare questi spunti, scelti tra quelli che mi sono sembrati più presentabili, ha comportato anche immaginare un quadro generale. Oggi so di amare il realismo magico, un'atmosfera fantastica, ambigua, a volte percepibile, altre volte sfuggente. 

Sono storie mirabolanti, basate su eventi bizzarri, ma anche romantiche — a volte — e beffarde. Tanto beffarde. La commedia, soprattutto se nera, è la mia passione.

Poi ci sono i cinghiali, per me adorabili. Simbolo di sensualità, di vita e libertà. Ma anche di fragilità e di legame intimo con la terra.

In "Il senso del tutto" troverete storie di fantasmi che in realtà sono storie d'amicizia, forse d'amore. Avventure fantasy scurrili e grottesche. Mockumentary sorprendenti tra leggenda e cronaca storica. E una fantascienza di provincia (mi diverte chiamarla così), dove gli eroi non esistono e a documentare i fatti ci sono gli ultimi.

Mi sono divertito a scrivere queste storie. E ringrazio Davide Mana, il cui lavoro, la cui ironia e vitalità mi ha ispirato a ricominciare. Un peccato ci abbia lasciato così presto.

Adesso tocca ai lettori. La campanella suona. Il sipario sta per aprirsi. Se vorrete sedervi in sala, lo spettacolo comincia adesso.

Buon divertimento.


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sabato 27 settembre 2025

Quarant'anni dopo: esce in Italia "L'uovo dell'angelo"

 



A dicembre, per un periodo limitato di tempo, esce al cinema in Italia "L'uovo dell'angelo" (Tenshi no Tamago) di Mamoru Oshii del 1985 (quarant'anni fa), precedente al celebre "Gosth in the Shell" che lo stesso regista realizzò nel 1995. Il film è finora inedito nel nostro paese, con l'eccezione di qualche proiezione clandestina. Mi sembra ieri di averlo proiettato alla Biblitoteca del TMO a Palermo, per un pubblico ridottissimo.

Immaginifico, incantevole, quasi muto, criptico, spettacolare, Tenshi no Tamago è definito da alcuni cinefili il "2001 Odissea nello spazio dei film d'animazione". Al di là di questi paragoni retorici, è un titolo che dovreste assolutamente recuperare. Soprattutto ora, se avrete la possibilità di vederlo sul grande schermo.
Dalle mie parti, mi aspetto le solite programmazioni in periferia a orari impossibili.

lunedì 1 settembre 2025

12 anni... per ricordare

 



E sono già 12 anni che te ne sei andato.
Impressionante a dirsi. Assurdo a pensarlo. Eppure è così.
Il tempo è passato, e io ancora qui, rimasto aggrappato alla zattera, nel tentativo donchisciottesco di tenere alta la memoria di famiglia.
Per la legge non eravamo niente. Per noi eravamo tutto.
Ricordo le nostre complicità e anche le nostre liti, le nostre affinità e le nostre grandi differenze.
Alla luce di quell'esperienza indimenticabile, andiamo avanti come si può, in qualche modo ancora insieme. Con la cultura, con l'estro, con la tenacia e le nuove sfide. Nel nostro piccolo grande modo, a dispetto di tutti. Per il tuo, il nostro Altroquando, che portiamo con noi. E come Papillon ripetiamo: Sono ancora vivo, maledetti bastardi! Sono ancora vivo!

Salvatore Rizzuto Adelfio - dicembre 1951 - agosto 2013

giovedì 12 giugno 2025

Addio a Gino Campanella

 


Apprendo con dolore della scomparsa di Gino Campanella.

Un pioniere, un'istituzione cittadina, un esempio di resistenza assieme a Massimo Milani, il compagno di una vita. Gino e Massimo sono stati, e resteranno, un simbolo per la nostra Palermo e il movimento LGBTQ+ tutto. Senza il loro coraggio, le loro sfide, la loro presenza costante, i traguardi raggiunti in questi anni non esisterebbero. Quir, il loro negozio, aperto anche al confronto umano, è parte integrante della nostra storia. Una testimonianza viva nel cuore di Palermo.
La scomparsa di Gino rappresenta un pezzo in meno per l'anima della comunità, ma ora va a costituirne uno in più per la memoria, per l'orgoglio, per la spinta ad andare avanti.
Un abbraccio sentito a Massimo.
Ciao, Gino. Non sarai dimenticato. Non sarebbe possibile.

sabato 17 maggio 2025

Giornata Internazionale contro l'omolesbobitransfobia


 
17 maggio: Giornata internazionale per il contrasto all'omolesbobitransfobia.

Chi si aspettava qualcosa di diverso dal nuovo pontefice Leone XIV, è rimasto deluso. Ma questo non sposta niente. Il Papa è il capo della chiesa cattolica. I diritti riguardano tutti e tutte, appartenenti (o estranei) a qualunque fede. La politica dovrebbe... no: DEVE tutelare i diritti di chiunque. E questo è il primo punto.

Neppure, però, è possibile nascondersi dietro un dito, e negare che gli atteggiamenti papali abbiano influenze culturali di un certo rilievo. Ma sotto il sole, di nuovo non c'è nulla.

Anche gli atteggiamenti di Papa Bergoglio, peraltro blandissimi, rimanevano qualcosa di confinato alla sua persona, tra l'altro criticata dalla parte più conservatrice della sua stessa chiesa.

Il Papa, chiunque sia, non può modificare sostanzialmente la dottrina. Non è un monarca, ma risponde a meccanismi millenari. Non è una giustificazione. Questa consapevolezza deve spingerci a collocarlo nel suo giusto spazio, e a fare il nostro cammino in modo indipendente.

E poi, Papa Francesco, con le sue timide aperture, non faceva che riprendere paro paro passaggi dei Vangeli. Sull'accoglienza, sulla tolleranza, sulla carità. Ripeto: i Vangeli. La cosa più "woke" della storia umana, prima che questa parola del cavolo fosse inventata. Anche se molti fingono di non accorgersene.



domenica 4 maggio 2025

L'Eternauta di Netflix


L'Eternauta, la serie Netflix, molto probabilmente dividerà il pubblico italiano. Personalmente, l'ho trovata un adattamento molto interessante. Anche coraggioso. E ce ne voleva!

Coraggioso perché confrontarsi con un'opera della forza, narrativa e politica, di quella realizzata da Hector Oesterheld e Francisco Solano Lopez, è un'impresa da far tremare le vene ai polsi.
Coraggioso perché l'opera necessitava comunque di un forte adattamento. E' pur sempre un romanzo a fumetti uscito dagli anni 50 del secolo scorso, e per quanto tenga ottimamente botta, conserva al suo interno degli elementi che trasposti così come sono striderebbero.
Coraggioso perché azzarda nuovi parallelismi politici, tenendo conto della memoria storica argentina.
Coraggioso perché rinuncia (per adesso!) al gancio metanarrativo e scaraventa subito nel cuore del discorso. Coraggioso perché si prende il suo tempo, e adotta un ritmo lento, che a molti farà storcere il naso, ma che a mio parere è consono allo spirito della narrazione.
Coraggioso perché per una volta i protagonisti non sono giovanissimi. Anzi, sono quasi tutti agée. A partire dal protagonista, Ricardo Darìn, una star in patria, ma poco noto dalle nostre parti. Elemento che quasi sicuramente lo farà aborrire al pubblico della generazione Z.


Per rispondere alla domanda che mi sento porre: "E' all'altezza del fumetto"? Direi... no, e non intende esserlo.
E' come sfogliare I promessi sposi mentre si guarda uno dei tanti adattamenti, cercare le cose che ci convincono meno e decidere in base a quelle.
Per me non ha senso. L'Eternauta di Oesterheld rimane là. Con il suo valore, la sua poesia, il suo fortissimo impatto culturale.

L'atteggiamento più corretto è spogliarsi da questo sentimento inquisitorio e lasciarsi trasportare dal racconto. Quindi... niente sarà mai all'altezza. Ma può essere interessante, piacevole, e a tratti anche commovente, osservare come una narrazione che ci è cara è stata trasposta secondo un nuovo linguaggio, un sentire contemporaneo.


Io ho apprezzato questa prima stagione. Imperfetta, ma a mio parere amabile. E sono stracontento che, al di là delle stroncature che leggo in Italia, sia già stata confermata per una seconda, che a quanto pare punterà più in alto della prima. E dopo quello che si intravede nel finale, sarebbe stato un peccato mortale non andare avanti.
Ci sono numerosi semi che possono germogliare in corso d'opera. Alcuni dei quali riguardano il cammino, la natura e il destino del protagonista. Le variazioni sono accettabili, gli inciampi prevedibili.
Nel complesso, promuovo El Eternauta di Netflix. Me ne frego se non è all'altezza del capolavoro da cui è tratto. E' una storia che mi piace sentirmi ancora raccontare. E la voce che me la sta raccontando, ha un tono tutto sommato carezzevole.

Poi lo so, io appartengo a un'altra generazione. Da ragazzino, mi emozionavo davanti a Il libro della giungla di Zoltan Korda del 1942 (molto precedente al classico Disney). Anche quello presentava tante varianti. Eppure Sabu era Mogwly e c'era il duello con Shere Khan. Quello delle trasposizioni in live action è un piacere infantile, che ha tutto il diritto di essere conservato.
Questo Eternauta, vista la sua natura, forse ha qualcosa in più. Pertanto, direi, dategli una possibilità. E se le leggi spietate dello streaming non lo buttano giù, vediamo cosa riesce a dire nella sua completezza.