I serial televisivi (o streaming, ormai
non fa più differenza) sono diventati compagni di strada nel
quotidiano per molti di noi. Per me sono un rito serale, che in
genere non mi trattiene più di un'ora prima di abbandonarmi alla
lettura e quindi al sonno. L'offerta è vastissima e se in mezzo c'è
tanto materiale che a volte emerge con clamore, in altri casi rimane
più o meno sommerso.
Questo mio post si propone di elencare
alcune di quelle serie meritevoli di essere viste che per una ragione
o per l'altra non hanno goduto della stessa eco mediatica riservata a
prodotti più celebrati.
Quanto spesso sui social abbiamo letto
elogi di titoli come House of the Dragon?
Quante volte ci siamo imbattuti nell'isterismo di massa (di segni
opposti) a proposito della serie The Lord of the Rings: The Rings
of Power? Nel visibilio relativo a The Boys,
a Mercoledì e più recentemente a The Last of Us?
Insomma, esistono dei prodotti che più
di altri possono essere definiti mainstream, o se preferiamo...
popolari. Titoli in grado di catalizzare l'attenzione e monopolizzare
la ribalta, in qualche caso a discapito di prodotti seriali
interessanti che risultano spinti in una zona d'ombra dai riflettori
puntati sui serial più gettonati.
Vediamo di scoprire qualcosa di meno
dirompente, non per qualità, ma per riscontro mediatico. Una
serialità “altra”, che non punta su brand arcinoti e grosse
campagne promozionali pur avendo molto da dire, o semplicemente
rivelandosi un valido intrattenimento. Quella che segue non è da
intendere come una classifica, ma solo una casuale raccolta delle mie
più recenti visioni preferite. Quindi, fatene un uso consapevole.
Sono solo consigli.
Bad Sisters – Grace Garvey è
sposata con un uomo orribile. Un individuo insopportabile che non è
il classico marito violento, ma che ha un'influenza nefasta sulla
vita della moglie, stroncando in lei ogni minima gratificazione
personale. Grace ha anche quattro sorelle molto legate tra loro,
ciascuna delle quali ha subito una conseguenza negativa dalla
condotta dell'infame cognato. John Paul ora è morto, apparentemente
per cause fortuite. Ma se non fosse così? E come sono andate
esattamente le cose? Nel frattempo, un agente assicurativo sull'orlo
della bancarotta indaga per non essere costretto a pagare la cospicua
polizza sulla vita del defunto. Succederà di tutto in un crescendo
da cardiopalma.Bad Sisters è una serie
irlandese (basata su una produzione belga inedita da noi) prodotta da
Apple TV, una piattaforma che negli ultimi tempi ha sfornato diversi
titoli davvero interessanti. Ideata da Sharon Horgan, che nella serie
interpreta il personaggio di Eva, è una commedia nera come la pece e
frizzante come lo champagne. Seguendo le peripezie delle cinque
ineffabili sorelle Garvey si ride e si inorridisce nello stesso
tempo, in un balletto tra presente e passato che svela poco alla
volta i segreti di una famiglia tutt'altro che esemplare. Un thriller
al femminile appassionante, grottesco e divertentissimo.
Inside Man – Un detenuto nel
braccio della morte di un carcere statunitense riceve visite da
persone che gli sottopongono quesiti di vario genere. Grieff ha
ucciso la moglie in modo efferato e nessuno sa perché né dove abbia
nascosto la testa del cadavere. L'uomo, che è stato un criminologo
professionista, possiede qualità deduttive pari a quelle di Sherlock
Holmes, e si presta a risolvere enigmi dal chiuso della prigione
quasi fosse un modo per pareggiare i conti con il proprio senso
etico. Nel frattempo, in Inghilterra, un sacerdote protestante si
trova di fronte a un dilemma morale apparentemente insolubile. Le
vicende dei due uomini si intrecceranno a distanza in modo
imprevedibile.
Scritto da Steven Moffat, autore di
Sherlock e per anni show runner di Doctor Who,
Inside Man si basa moltissimo sulle performance dei due attori
protagonisti: David Tennant e Stanley Tucci. Solo quattro puntate, ma
serratissime e dal ritmo indiavolato. Un senso di angoscia crescente
e un meccanismo a orologeria che funziona come una trappola.
Difficile non cedere alla tentazione del binge watching e divorarlo
in un'unica seduta. Si trova nel catalogo Netflix.
Severance – Scissione –
Altra serie prodotta da Apple TV e altro titolo di alto profilo del
quale, sia pure all'interno di una nicchia, si è parlato un po' di
più. Il paradosso con Scissione, serie ideata da Dan Erickson
e diretta tra gli altri dall'attore Ben Stiller, è che per
consigliarla sarebbe meglio parlarne il meno possibile. Il suo
incipit è fulminante e sarebbe un peccato rovinarlo ai neofiti.
Limitiamoci pertanto a dire che siamo nei territori di una
fantascienza sociale che sconfina nel thriller, dove le domande si
succedono l'una all'altra sia per lo spettatore che per i
protagonisti. Il contesto paranoico e claustrofobico, un vero e
proprio incubo, pur narrando una storia completamente diversa, ai più
anziani tra noi potrebbe ricordare alcune atmosfere del classico
serial inglese Il prigioniero. Un mondo del lavoro distopico,
dove l'essere umano è ridotto a un mero ingranaggio e le coscienze
non sono mai state così manipolabili. Un gioiello di cui si attende
con impazienza la seconda stagione.
Yellowjackets – L'aereo su cui
viaggia una squadra di calcio femminile cade in una remota zona
montuosa lontana dalla civiltà. Un pugno di superstiti sono
ritrovate molti mesi dopo. Ma non sono più le stesse. Venticinque
anni più tardi, oscuri segreti tornano a perseguitare le giovani
sportive ormai divenute donne ciascuna con la propria storia. Che
cosa è successo nel misterioso eremo in cui la squadra si era
trovata a sopravvivere, e chi sta giocando oggi con le loro
esistenze?
Tra passato e presente, gioventù e maturità,
Yellowjackets potrebbe essere definito un lontano parente del
leggendario Lost. Una vicenda enigmatica che si dipana come un
mosaico da formare un pezzo alla volta in base ai continui salti
temporali. Un po' mistery un po' teen drama, un po' crime e un po'
horror con pennellate di grottesco, lo show è arricchito da una
ciurma di attrici notevoli tra cui si distinguono Melanie Linksey,
Juliette Lewis e la sempre impagabile Christina Ricci. La prima
stagione (già confermata la seconda) presenta numerosi enigmi e non
è ancora chiaro in che misura il mistery centrale presenti venature
soprannaturali. Come che sia, Yellowjackets è uno spasso. Se
si ama farsi domande e giocare a indovinare le risposte (proprio come
facevamo con Lost), il divertimento è assicurato. La serie è
ideata da Ashley Lyle, Bart Nickerson e in Italia è andata in onda
su Sky.
The Afterparty – Il
giallo-rosa (un tempo li chiamavano così) è stato rilanciato di
recente da Only Murders in the building riscuotendo
un certo gradimento. La stessa etichetta sarebbe da
applicare a The Afterparty, serial di Apple TV scritto da
Christopher Miller. Gradevole nella sua visione di insieme, The
Afterparty presenta un approccio
specifico potenzialmente affascinante che però non ha il coraggio di
andare fino in fondo, risultando alla fine uno show simpatico, ma
anche lasciando una sensazione di possibilità sprecata. Almeno così
è stato per me. Una classe di ex studenti si incontrano per una
rimpatriata in cui emergono inevitabili i bilanci esistenziali di
ognuno, i vecchi amori e rancori. Alla fine ci scappa il morto ed è
subito millenial whodunnit,
come dicono oggi quelli bravi. Una commedia poliziesca, direbbero
altri senza troppi fronzoli, in cui ogni episodio è concentrato sul
differente punto di vista di un ospite della festa e potenziale
colpevole. L'intenzione era quella di proporre attraverso la
soggettiva dei vari protagonisti un tono narrativo diverso per ogni
puntata, passando dalla commedia sentimentale all'horror, all'action,
al musical e persino al cartone animato. L'idea è tanto carina e
intrattiene il giusto. Peccato, però, che l'atmosfera di base
rimanga sempre quella della commedia, smorzando un po' la trovata
sperimentale e riducendo il gioco a semplici allusioni parodistiche.
Se ogni episodio, oltre al genere avesse mutato anche chiave e tono
narrativo, avremmo potuto trovarci davanti a un evento. Ciò non
toglie che The Afterparty
sia un giallo simpatico, che se non altro prova a essere diverso
dagli altri e merita la visione.
The
Devil's Hour – Prodotto
da Steven Moffat e scritto da Tom Moran come original su Amazon Prime
Video, The Devil's Hour
è una piccola (grande) sorpresa. Lucy si sveglia ogni notte alla
stessa ora, tra le 3 e le 4 antimeridiane, reduce sempre dallo stesso
incubo. Non un minuto prima né dopo. L'orario è implacabilmente
preciso. La sua vita non è certo un letto di fiori. Ha ripreso da
poco a frequentarsi con il marito da cui è separata, ma il loro
rapporto continua a non convincerla. L'uomo non riesce proprio a
relazionarsi affettivamente con il figlioletto. Isaac, un bambino
strano che appare indifferente a qualunque stimolo, che non ride, non
piange e a tratti appare simile a un guscio vuoto inclassificabile
anche per la scienza medica. Intorno a Lucy, intanto, si verificano
una serie di brutali omicidi e fenomeni indecifrabili che la
porteranno a incrociare il cammino di un misterioso serial killer.
The Devil's Hour
è un oggetto enigmatico e di fruizione non proprio facilissima.
Trama labirintica, dinamiche narrative sfuggenti che confondono lo
spettatore fino alla conclusione risolutiva nella sua complessità.
Un horror mistery britannico che invita a comporre un nuovo mosaico
dalle tessere tremendamente ambigue. Narrazione tesa, tenebrosa
eppure affascinante grazie ai numerosi colpi di scena, all'ottimo
ritmo e alle interpretazioni di Peter Capaldi e Jessica Raine.
Disorientante e proprio per questo appassionante nella sua
spietatezza.
Servant
– Ormai giunta alla
conclusiva quarta stagione, la serie ideata da Tony Bassgallop,
prodotta da M. Night Shyamalan, che ha pure diretto alcuni episodi,
non è sicuramente roba per tutti. Eppure, tra le tante serie
proposte da Apple TV (che sembra averne imbroccata una dietro
l'altra), fa bella mostra di sé per originalità e il modo personale
con cui affronta temi abusatissimi.
Sì,
perché Servant è
praticamente una storia supereroistica, di quelle in chiave dark e
decostruzioniste. Può suonare strano, ma di questo si tratta,
considerato che il personaggio centrale ha molti punti di contatto
con quello marvelliano di Scarlet Witch, o perlomeno con la sua
versione a fumetti più classica. Aggiungere altri dettagli
sconfinerebbe nello spoiler.
Una famiglia
americana formata da uno chef specializzato in cucina molecolare e da
una giornalista televisiva rampante perde il figlioletto appena nato
in circostanze drammatiche che non saranno subito chiarite. Per
aiutare Dorothy, la madre, psicologicamente provata dal lutto, il
marito accetta di ricorrere a un trattamento terapeutico sperimentale
che prevede l'uso di una bambola che riproduce le fattezze del
neonato defunto. Dorothy però sta varcando la soglia della follia, e
mette sul giornale un'inserzione alla ricerca di una tata per il
figlio artificiale. All'annuncio risponde Leanne, una misteriosa
ragazza dal passato oscuro che viene subito assunta per assecondare
le illusioni della madre confusa. Da quel momento, nella casa gli
eventi sembrano non seguire più le leggi della natura, ma
distorcersi in modo imponderabile.
Servant
è una serie strana, probabilmente non per tutti. Qualcuno potrebbe
trovarla ostica. Tuttavia mi sento di consigliarla, in quanto siamo
davanti a un fantastico esempio di narrativa non lineare, un efficace
thriller da camera e di un'ottima prova di attori. Nel cast, accanto
a Toby Kebbell (Black Mirror),
Lauren Ambrose (Six Feet Under)
e Nell Tiger Free (Games of Thrones),
troviamo anche Rupert Grint, l'ex Ron Wesley della saga di Harry
Potter, in un ruolo sfaccettato che lo fa svettare su tutto il cast.
The
Bear – Carmy è uno
chef stellato che ha appena ereditato dal fratello defunto una tavola
calda in un quartiere popolare di Chicago. Il locale è assediato dai
debiti, il personale fuori controllo e rimettere l'attività in
carreggiata sembra un'impresa impossibile. Carmy farà di tutto per
comunicare con i suoi nuovi collaboratori, aiutarli a dare il meglio
di sé e fare i conti con il rapporto mai del tutto risolto con il
fratello ormai scomparso. The Bear
è una serie che osa ignorare gli schemi più battuti e porta la
serialità in un territorio raramente esplorato. Gli episodi, tutti
molto brevi, sono ambientati in una cucina incasinatissima e
chiassosa. Una vera zona di guerra dove si urlano istruzioni cui
fanno eco proteste per tutto il tempo e ci si tuffa tra corpi che
sgobbano, ingredienti miscelati, fornelli accesi e pietanze cotte con
disperato senso di urgenza. La serie, scritta da Christopher Storer,
a tratti può ricordare alcune pellicole di Spike Lee per il taglio
realistico, la vicinanza ai personaggi e la narrazione ellittica in
cui alcuni eventi sono suggeriti più che mostrati. Qualcosa di
insolito che parla di umanità attraverso il rapporto con il cibo e
la sua preparazione. Un gioiellino imperfetto, ma lucente da
scoprire. Su Disney+ come Star Original.
Black Bird – Ispirato a una
storia vera, come specifica un tag a inizio di ogni episodio, Black
Bird è un thriller psicologico e nello stesso tempo una prova di
attori a lenta ebollizione.
James, ex campione di football figlio
di poliziotto in pensione, ricco, spavaldo e sicuro di sé, campa
facendo affari con la cocaina finché non lo incastrano con una
condanna durissima. Per avere un condono e potere stare vicino al
padre malato nei suoi ultimi giorni, gli viene proposta una missione
sotto copertura. Dovrà infiltrarsi in un carcere di massima
sicurezza riservato a criminali con turbe mentali e usare le sue
capacità di socializzazione per estorcere informazioni a Larry, un
uomo accusato di essere un presunto serial killer di ragazzine che
potrebbe essere presto liberato in appello data l'assenza di prove
schiaccianti. Larry è mentalmente disturbato, mitomane, bugiardo...
perverso. Jim dovrà trovare il modo di fare breccia nella psiche del
vicino di cella, carpirgli informazioni cruciali, e assicurarsi che
il mondo rimanga al sicuro dal suo delirio omicida...
Prodotto da Apple TV, scritto da Dennis
Lehane e basato sul saggio In with the Devil, Black Bird
non è un giallo in cui scoprire l'identità del colpevole, sebbene
alcuni elementi possano a tratti far sorgere qualche incertezza sul
reale andamento dei fatti. Tutto si basa sul confronto tra due
personalità complesse. Una lucida, potenzialmente redimibile, e
un'altra torbida, sfuggente, in cui bugie e verità possono diventare
indistinguibili. A entrambi i protagonisti, Taron Egerton (Kingsman)
e Paul Walter Hauser (Richard Jewell) sono stati candidati al
Golden Globe (poi vinto da Hauser) per le loro interpretazioni. Black
Bird è il crescendo ansiogeno di una partita a scacchi
psicologica che si dipana per sei puntate tese come corde di violino
mentre si sprofonda sempre più nella palude di una mente malata. Nel
cast vediamo per l'ultima volta Ray Liotta, scomparso poco dopo il
termine della serie, in una prova recitativa che ce lo farà
ulteriormente rimpiangere.