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giovedì 28 ottobre 2021

DDL ZAN: Basta parlare di morte...

 Ora anche basta.

Parole come "Morte". "Addio". " "Requiescant". Non sono di nessun aiuto. Capisco il momento di sconforto. Il disgusto e la depressione. Ma parole come queste sottintendono una resa. No. Non mi sta bene. L'incazzatura ci sta tutta, ma è il momento di rimboccarsi le maniche e ricominciare. Da tre o da zero non importa. Neppure attendere i sei mesi formali previsti dal parlamento. Quello che alcuni non hanno compreso, è che ieri al Senato non si è votato per approvare la legge, ma per il suo rinvio. Cosa sicuramente grave, ma che non rappresenta un finale definitivo. Un finale che non può, non deve esserci, finché esistono in Italia persone che vogliono fortemente una legge contro l'omotransfobia, il sessismo e l'abilismo (quale il ddl Zan sarebbe stata a dispetto del pensiero dei dinosauri). Ieri, in Senato, la destra italiana ha soltanto dimostrato la sua vera natura, e il suo irrinunciabile dna fascista, oltre a un totale scollamento dalla realtà del paese. E' brutto. E' triste. Ma per favore, basta con i simboli da funerale.
E' il momento di riunirsi. Di manifestare. Di fare rumore e progettare nuove strategie politiche. A Palermo, il Pride (slittato per le restrizioni) avrà luogo tra un paio di giorni. Dovrebbe essere solo la prima delle occasioni affinché quella che spesso è vissuta come una festa, diventi un momento di lotta e di pertinace protesta. Parlo anche a chi ci rappresenta in parlamento. Non voglio pianti e vesti lacerate. Voglio programmi. Voglio che non sia data tregua a questo sistema ormai fradicio, che la società e le nuove generazioni stanno lasciando indietro. Voglio che non sia una fine. Voglio che sia un nuovo inizio.
Voglio che quelle risa e quegli applausi siano ricacciati in gola a chi li ha prodotti. Con i voti. Con i comportamenti. Con le legittime richieste. Con un'azione politica mirata. Basta parlare di morte, per favore. Voglio che assieme a Papillon, sulla sua zattera, noi tutti e tutte si possa gridare: «Sono ancora vivo, maledetti bastardi! Sono ancora vivo!» #ddlZan

mercoledì 30 ottobre 2019

Titans: Chella Man è Jericho


Titans. Siamo oltre metà stagione, ormai, ed è sempre più evidente come l'obiettivo della serie DC Universe sia focalizzarsi sui personaggi, e fare prevalere la loro caratterizzazione sull'andamento della trama principale, che in ogni caso procede e si fa sempre più intricata. Abbiamo infine fatto la conoscenza di Jericho. Personaggio creato nei fumetti da Marv Wolfman e George Perez, qui interpretato da Chella Man alla sua prima prova attoriale. Sì, perché Chella è principalmente uno youtuber, un modello e un artista figurativo, ma credo si possa dire che, in una manciata di episodi, la sua prova di esordio sia tutt'altro che da disprezzare. Sordo nella vita, così come il personaggio che interpreta nella serie è muto, Chella Man è oggi uno dei primi attori transgender a interpretare un ruolo dal sesso definito, aprendo una buona volta la porta al fatto che i performers dall'identità sessuale fluida o in transizione, in genere condannati da Hollywood a recitare sempre e soltanto se stessi, possano rivestire qualunque parte esattamente come gli interpreti cisgender. 
Così come il suo corrispettivo a fumetti, Jericho è un personaggio tragico, figlio del principale avversario della squadra di cui si trova a far parte. Ma "Titans", la serie, segue una cronologia alternata, e presenta tanti aspetti ingannevoli (soprattutto per chi conosce i retroscena dei comic book) e tante cose sono ancora da chiarire. Con i suoi alti e bassi, ad ogni modo, "Titans" si sta confermando una serie molto interessante. Abbastanza diversa dalle letture live action dei fumetti supereroistici cui siamo stati abituati. E propone innovazioni che spingono a tenere d'occhio ogni sviluppo.


venerdì 11 ottobre 2019

Coming Out Day 2019

Oggi è il coming out day. Personalmente, non ho avuto questo problema né in famiglia né sul lavoro. Semmai l'ho avuto con me stesso, con cui ho giocato a nascondino per lunghi anni prima di comprendermi e accettarmi. E scoprire che era tutto molto più facile di quanto pensassi. Lo celebro con questa (per me fantastica) foto di un attore e personaggio che amo molto (sì, anche in quel senso). Sembra che David Harbour sia del tutto consapevole di essere diventato un'icona sexy per gli orsi gay, e che abbia preso a giocare in rete ammiccando anche a questi ammiratori. A giudicare dalla terza stagione di "Stranger Things", direi che ne sono consapevoli anche sceneggiatori e registi (a buon intenditore...). Un augurio di vita migliore a chi continua a porsi problemi. Che magari a volte esistono, ma che hanno bisogno di essere affrontati per poter scomparire.




sabato 13 ottobre 2018

Strange Flesh: un gioco gay bear


Delirante, divertente, gayssimo.

"Strange Flesh" è un gioco platform a 32 bit a tematica gay prodotto e distribuito da greatestbear.com. Scaricabile gratuitamente per Windows e Mac e giocabile  anche online. E' un gioco dichiaratamente dedicato all'estetica gay bear (quindi rivolto principalmente a un pubblico omosessuale che apprezza le taglie forti) e fa dell'estetica ursina e dei suoi feticci il suo principale punto di interesse. Il gioco è stato concepito da una crew di programmatori che hanno scelto di restare anonimi e in alcune interviste su siti americani appaiono sotto i nick di Blazingcheecks e Ursa Major. Blazingcheecks, in particolare, è un artista la cui cifra stilistica è nota soprattutto grazie al forum FurAffinity, e ha trasfuso molta della sua scoppiettante verve grafica in "Strange Flesh". Tutto inizia con la storia di Joe, ometto sovrappeso dalla vita monotona, annoiato e depresso, che una notte tenta di sfuggire al grigiore della sua esistenza rifugiandosi in un locale gay chiamato "Strange Flesh". Lì conversa con il monumentale barista, orsone baffuto dal perenne sigaro tra le labbra, confidente per elezione di tante anime tormentate del pub. Il Barista (Bartender) è però anche un maestro dell'ipnotismo e dotato di poteri mesmerici, il quale penetra nella mente di Joe e inizia una progressiva conquista della sua psiche, determinato a sedurlo, fargli superare ogni freno inibitore e condurlo a una nuova consapevolezza di sé attraverso le gioie di una sessualità liberata.


Il gioco consiste esattamente nel viaggio psichedelico (ed erotico) del Bartender nei vari livelli della mente repressa di Joe. Un microcosmo astrale dove dovrà scontrarsi con la personificazione di tabù culturali, ma anche anticorpi psichici perversi non proprio concilianti. Il tutto portando avanti la progressiva seduzione di Joe, sopravvivendo a  fantasiosi mostri sessuali e ai trabocchetti di una personalità nevrotica che non è ancora pronta a lasciarsi andare. Al confronto fisico (ma sempre sul piano astrale) si accompagnano forme di attacco più insinuanti, come il bacio del barista che soffia il fumo del suo sigaro direttamente in gola dei doppelganger bellicosi di Joe, rendendoli alleati nelle successive battaglie o addirittura portandoli a un livello di eccitazione tale da concedersi fisicamente. Qui il gioco mostra i suoi aspetti più hard, con scene di sesso gay abbastanza esplicite a seconda dell'energia erotica che il Bartender è riuscito ad accumulare nel corso delle missioni. L'orgasmo dei droni psichici, sottolineato da una vera e propria esplosione di sperma, gli fornirà bonus per nuove vite aiutandolo a proseguire la sua avventura, in un progressivo aumento di difficoltà mentre l'asticella del delirio erotico sale a ogni nuovo livello.


Il modello di "Strange Flesh" si rifà esplicitamente al classico "Streets of Rage", ma con una cifra omoerotica ovviamente accentuata, a tratti persino a luci rosse, e una scoppiettante psichedelia erotizzata. L'espediente  del viaggio telepatico genera uno scenario alla Alice in Wonderland in chiave omoerotica, con sottili influenze BDSM. La lotta è contro i freni inibitori che separano Joe dall'accettazione di se stesso e quindi dalla felicità, rendendolo nello stesso tempo nemico e premio del gioco stesso. Il Bartender è un supereroe un po' brutale, una forza della natura che marcia contro gli ostacoli culturali distruggendoli per la liberazione, in questo caso, di un principe peloso. La dinamica del sigaro (chiaro simbolo fallico) e del fumo soffiato nelle prede attraverso il bacio (ma non tutti i nemici sono così facili da sedurre), sono solo un paio delle tante divertenti simbologie omoerotiche di "Strange Flesh". Le inibizioni di Joe possono nascondere insidie impreviste, come misteriosi virus psichici pronti a scatenarsi subito dopo il piacere sessuale, e potenti resistenze in chiave sadomaso. Insomma, "Strange Flesh" è un gioco sfacciato, cattivello e davvero divertente. E se vi sembra troppo semplice o addirittura facile, aspettate di ritrovarvi all'inferno, davanti al temibile Punk God, sexy rock star demoniaca delle profondità perverse della mente deviata di Joe. Non basteranno un bacio e una boccata di fumo lì.


giovedì 11 ottobre 2018

Coming Out Day

Per la giornata del coming out: ancora una volta lo diciamo con i fumetti, ricordando Ralf Konig. Il celebre autore tedesco che nelle sue opere ha sdoganato la vita LGBT e i suoi naturali parallelismi (similitudini, sovrapposizioni, omologhi) con l'eterosessualità. La vita di coppia di Konrad e Paul, la lotta del commissario Mackeroni contro il Condom Assassino, i dibattiti tra i cani Roy e Al e i loro padroni, la scoperta della sessualità del primo essere umano e gli esperimenti del creatore in Prototipo, gli orsi e le drag Queen... e un arcobaleno di caratteri che trascende gli orientamenti, coinvolgendo tutto e tutti in un carosello agrodolce, dove la vita è sia commedia che dramma. Ma soprattutto dove ognuno è se stesso. Nella sua complessità. Nella sua umanità.





mercoledì 28 marzo 2018

Otouto No Otto - Il marito di mio fratello: la miniserie

"Otouto No Otto" ("Il marito di mio fratello") dal manga di Gengoroh Tagame a una deliziosa miniserie in live action. Per un lavoro a basso budget (ma non necessitava di niente di più), una delle opere ispirate a un fumetto che sto apprezzando di più, con buona pace di superpoteri e tute colorate.
Un solo problema. Mi sta facendo piangere come una fontana.





venerdì 9 febbraio 2018

Prevenzione HIV: Uno storytelling a fumetti



Oggi, 9 Febbraio 2018 alla Biblioteca Salvatore Rizzuto Adelfio presso il TMO - Teatro Mediterraneo Occupato di Palermo si è svolto l'evento "Prenzione HIV: uno storytelling a fumetti". AltroQuando ha aperto parlando dei Conigli Bianchi. Se non ci siete stati... pentitevi. Forse in futuro... replicheremo.















giovedì 26 ottobre 2017

Il marito di mio fratello [di Gengoroh Tagame]


Planet Manga porta in Italia un Gengoroh Tagame inedito sotto tutti i punti di vista. Con "Il marito di mio fratello" (Otouto no otto) il maestro del bara manga sadomaso più estremo, stavolta dà vita a un tenerissimo racconto istruttivo sull'accoglienza dell'estraneo, sulla caduta dei pregiudizi e sul ruolo chiave che in questo possono (o dovrebbero) avere le nuove generazioni, soprattutto i bambini. Occhi innocenti in grado di vedere oltre le sovrastrutture, capaci di mostrare ai propri genitori la forma più spontanea di rispetto e amore. Forse un po' di miele che cola. Ma ci sporca tanto volentieri.




venerdì 15 settembre 2017

Sul Coming Out di Willwoosh


In queste ore il Coming Out di Willwoosh, il popolare Guglielmo Scilla, giovane astro del web che ha contribuito a dare forma allo strumento Youtube come mezzo di intrattenimento, è – com'era prevedibile – oggetto di discussione.

In alcuni casi, i commenti dovrebbero essere superflui. Dovrebbero, insomma, essere dati per scontati. Ma viviamo nell'era dei social, dove a ogni singolo starnuto fa eco non un convenzionale “Salute”, ma qualcosa di spesso farraginoso e imponderabile. In altre parole, non necessario.

Ed è questo il punto di cui parlerò. Di cosa è necessario e di cosa non lo è.

Il commento in primo piano è: «Lo sapevano tutti. Non era necessario.»

Un commento che si palesa non soltanto tra il pubblico “generalista”, ma anche nell'ambito del mondo LGBT, non nuovo a divisioni interne e ad atteggiamenti variegati.

Il mio commento personale, invece, è: «Anche se fosse?»

Personalmente, sarò ingenuo, ma non lo sapevo. Non ci pensavo. Non mi interessava saperlo. Anzi, in verità da qualche parte del mio cervello immaginavo il contrario, ma senza dare all'argomento una particolare rilevanza. Quello che invece mi chiedo è: perché avrebbe dovuto essere scontato?
Forse per la caratteristica di Willwoosh, comune a tanti altri comici più anziani di lui, di essersi fatto conoscere presentando spesso ruoli “in drag”? O perché qualcuno ritiene che emanasse gaytà nel gestire (io non l'ho mai notata)? Ma la domanda rimane quella: che cosa dovrebbe cambiare?

Dire “tutti sapevano... è la scoperta dell'acqua calda”, che fosse vero o no, significa decentrare completamente il bersaglio e banalizzare il tutto. Svuotare il coming out del suo significato politico e sottovalutare l'effetto mediatico del gesto quando a farlo è un personaggio noto e popolare.

Per questo, io voglio ringraziare Guglielmo Scilla. Ha compiuto un gesto costruttivo. Sì, a prescindere che qualcuno lo sapesse già o no. E' di questa seconda istanza che non m'importa. Sì, francamente, miei cari, me ne infischio della vostra onniveggenza gaya.

Qualche anno fa, alla morte di Lucio Dalla, partì la consueta mascoliata social a base di celebrazioni e detrazioni. Di Dalla, infatti, si sapeva DAVVERO da tempo immemore della sua omosessualità, e qualcuno gli rimproverò aspramente di non aver mai fatto coming out. Da un estremo all'altro, in sostanza. Io stesso ci pensai su. Ricordai il mio vivere nel centro storico di Palermo con la mia immagine di gay dichiarato, ricevendo segni di rispetto o insulti a seconda dei casi, ma senza la protezione della fama e forse anche del benessere economico di cui disponeva il noto cantautore. Il coming out di un personaggio popolare contribuisce a lasciare una traccia nell'immaginario, a spezzare i pregiudizi attraverso la visione di una persona pubblica nella sua complessità di artista e di individuo. Insomma, è un gesto con una forte valenza sociale e non è mai il caso di minimizzarlo. Lucio Dalla scelse di non farlo, e una volta defunto fu oggetto di inutili recriminazioni postume. Inutili in quanto nessuno, nemmeno un vip, un personaggio di spettacolo, è obbligato a fare qualcosa che non vuole fare, e questo a prescindere che le sue ragioni siano condivisibili. E' invece apprezzabile quando lo fa. E ridurre tutto al banale “lo sapevamo già” è solo indice di miopia sociale. Quello “sticazzi” (pure legittimo) gratta solo la superficie di un discorso complesso che ha profonde radici storiche. Un discorso che culmina nei moti di Stonewall e che continua a crescere, tra conquiste e passi indietro, in un mondo che sotto questo aspetto non ha ancora raggiunto l'età matura. Fingere che il coming out non sia importante è a mio avviso sbagliato e controproducente. Una retromarcia verso quella mentalità ipocritamente normalizzante che tende in realtà a spazzare la polvere sotto il tappeto per non essere costretti a guardarla e ammettere che esiste un problema.
Certo, ormai siamo tutti uguali, abbiamo tutti gli stessi diritti, nessuno subisce discriminazioni, certe parole non sono più usate con l'intento di offendere, nessuno... nessuno ci fa più caso.
Beh, chi afferma questo o è in malafede o ha qualche problema.

Mi torna in mente quel fumetto di Zerocalcare sulla “Città del decoro” in cui, parlando d'altro, il fumettista romano dipinse un quadretto tipico del senso comune italiota.

«Io ho tanti amici così... che per primi schifano a questi. Loro sono bravi. Se ne stanno nascosti, come le Tartarughe Ninja nelle fogne. Non come questi che si fanno vedere!»

Quando l'ironia dice tutto. Non cadiamo nella trappola che la lotta per i diritti sia finita, che il coming out (di tutti, famosi e no) non sia necessario. Non banalizziamo episodi mediatici come questo, o avremo fatto l'ennesimo passo indietro. Uno dei tanti che l'Italia ha fatto e sta continuando a fare negli ultimi anni.


E per questo: Grazie, Guglielmo. Per la tua spontaneità, per la tua leggerezza, per il tuo essere da oggi una persona ancora più vera.

sabato 1 luglio 2017

Palermo Pride 2017


Quest'anno ero partito stanco... anche perché da quattro anni vado al Pride da solo. E dopo aver contribuito, nel nostro piccolissimo, a sdoganarlo nella città di Palermo, per me ha un gusto agrodolce. Però una volta sul posto sono stato contagiato dall'atmosfera di festa. E dal fatto che il Pride di Palermo fa parte della mia storia personale come di quella di tutti i fratelli e le sorelle, LGBT e non, con i quali ci raduniamo ogni anno per questa grande manifestazione. Alla
 signora palermitana che in via Roma ha mormorato alle mie spalle «Ma cosa vorrebbero comunicare?» rispondo con colpevole ritardo: «A lei niente, madame. Solo così si può commentare una domanda che pretende di avere già in sé una risposta. Perché la sua non è una domanda. E' un giudizio. E dei più ipocriti. Se proprio vuole una risposta circostanziata, se davvero ha voglia di comprendere, inizi studiando un po'. Informandosi da dove ha origine questa festa e questa voglia di uguaglianza senza aver più timore di nulla.»