sabato 21 gennaio 2012

Il Nome del Forcone


Nomina nuda tenemus...

Mostrare il proprio volto, pronunciare apertamente il proprio nome, in alcuni casi non conviene affatto. Certa politica lo sa bene. Altri non se lo sognano neppure, si limitano a essere ciò che sono, in silenzio, oppure ululando alla luna. Il risultato non cambia.

Cos'è un nome? chiedeva Giulietta. Non è una mano, un piede o altra parte del corpo che se recisa lo lascia mutilato. La rosa, se la chiamassimo diversamente, non conserverebbe forse il suo profumo?

Sono giorni cupi per la Sicilia e l'Italia tutta. Ben più bui di quanto non sembri.

Il passaparola del social network, dopo i positivi esiti referendari, sta mostrando adesso uno dei suoi lati più oscuri. Cioè la nascita e il proliferare di un facile entusiasmo, basato su una percezione di pancia degli accadimenti, e quindi applicato in modo del tutto acritico.

Senza nulla togliere al malessere di fondo da cui nascono legittime rivendicazioni, affermare di non appartenere a nessuna area politica non modifica la caratura delle tue scelte, non cambia la natura dei tuoi strumenti di lotta, non fa deviare la direzione del tuo cammino. Affermare di non essere né di destra né di sinistra, non cambierà la natura di certi passi, così come rifiutarsi di chiamare le cose con il loro nome non fa loro smettere di essere ciò che sono.

Bloccare un'intera regione così a lungo colpisce duramente i soggetti più deboli. Più deboli ancora di chi ha scelto di manifestare usando uno strumento che di per sé (prima di qualsiasi altra adesione) è violento, rozzo e manifesta una visione egoistica da parte di determinate categoria che di fatto tengono in ostaggio cittadini innocenti. Questo modo di agire è già di sapore fascista, senza scomodare nomi, presenze, infiltrazioni che pure hanno avuto modo di farsi notare.
La questione non è dunque con chi ti accompagni, ma l'humus culturale in cui affondi le radici, e che dimostri con le scelte che stai puntualmente attuando.

E' scoraggiante vedere giovani dei centri sociali di sinistra, noti per un atteggiamento che spesso esclude soggetti politici della loro medesima area, marciare accanto a forze neonaziste, ricorrendo all'insensato slogan secondo il quale "la compresenza di due poli opposti è uno sgarbo al sistema".
Ecco! Sembra quasi l'ubriacatura per un generale happening più che una ponderata scelta politica.

Disturbanti sono le testimonianze di certi artisti locali, da sempre impegnati socialmente, ma accecati a loro volta dal grande polverone. Neanche fossero una nuova incarnazione di Victor Jara, voce verace del popolo cileno fino al golpe del 1973. Questi personaggi sono stati al porto, raccontano, e hanno visto soltanto gente umile, gente disperata. Esatto, come la mia mamma, vecchissima e malata, che oggi trovo difficoltà a curare a causa di un ottuso blocco che per ottenere visibilità e riscontro ha scelto di tagliare un orecchio ai propri corregionali. Di tenere in ostaggio me, la mia famiglia, e le mie ormai poche speranze di sopravvivenza. Gente umile, giustamente afflitta, facilmente manipolabile. Come te.

Allora, Victor? El derecho de vivir en paz... non era di tutti?

Siamo i nuovi briganti, dicono. La nostra è una protesta pacifica, dicono. Decidetevi! I briganti storici, al di là di qualunque analisi, non erano affatto pacifici. E quelle insensate parole? Quando dicono «Assicureremo le derrate alimentari, i carburanti ad ambulanze, alla polizia... faremo in modo di favorire mamme, bambini e anziani...»
Solo parole demagogiche e sterili, che dimostrano l'insensata rozzezza del tutto.

Eppure mamme, bambini e anziani, in larghissima parte, hanno necessità di lavorare, dipendono dalla vitalità del commercio, o come minimo da qualcuno che li sfami, li accudisca, li nutra, li curi. E che semplicemente, a causa di questa protesta dissennata, non può farlo. Anzi, è probabile che dovrà chiudere bottega. Con buona pace di mamme, bambini, anziani...


C'è chi ha parlato di snobismo di sinistra. C'è chi dice «Stanno inventando tutti i tipi di accuse.»
Io dico soltanto: «Guardate i metodi. Guardate i risultati.»
E per inciso, vedere studenti palermitani che bruciano il tricolore non mi dà grandi speranze. Non per un feticistico attaccamento alla bandiera italiana, ma per l'ottusa specularità che questo gesto ha con noti atteggiamenti leghisti.
Per questo non parlerò delle presunte infiltrazioni mafiose, o dei nomi scomodi presenti nel movimento, e neppure delle palesi adesioni di forze politiche in cui non mi riconosco.

Quel che voglio dire al... Victor Jara di turno (e mi perdoni il Victor storico, che da decenni giace sottoterra a causa della sua eroica coerenza)... Ti ho rimosso dai miei contatti di Facebook in un moto d'irritazione, ma non posso dirmi pentito. Leggere del tuo abbaglio mi delude e mi fa soffrire. Leggere del tuo viaggio nelle poblaciones occupate (e sia chiaro: il confronto è improbo, là vennero attaccati e molti morirono sotto i colpi dei carabineros) non è una luce di speranza. In esso vedo piuttosto il gorgo di un populismo fuori controllo, cui quella gente umile e disperata che nomini è affogata ancora prima di te. E' umile, è disperata, ha le sue ragioni... e sta sbagliando.

Trovo la tua narrazione di un'ingenuità pericolosa, il tuo testimoniare la presenza degli umili (e influenzabili) un gesto inutile che lascia emergere solo un cieco narcisismo. Il passaparola, senza riflessione, stavolta ha diffuso il caos e una miope, esaltata voglia di partecipazione. Eppure nessuno ha occupato il palazzo della Regione, o il Comune. No, sottrarre l'ossigeno a una cittadinanza già in agonia è certamente più comodo. Peccato che il suo protrarsi renda l'iniziativa sempre più simile a una minaccia, un'intimidazione di stampo mafioso in base alla quale o sei con me... o finirai col morire di fame. Io sono solo un disperato nato dal disagio della società, da uno stato disattento che è da considerare il vero responsabile. Non volermene se ti affondo un coltello nel cuore, se ti porto via il lavoro, l'ossigeno mentre stai soffocando. Non sono io. Io non sono per nessun partito.
ME L'HANNO FATTO FARE, CAPISCI! QUINDI UNISCITI E MARCIA!
Perché in alternativa schiatterai molto, molto prima di me.

Il medesimo caos sociale, l'identico delirio populista sul quale, un tempo, si basò la marcia su Roma.

Temo una metastasi culturale irreversibile. Qualcosa di tremendo che ci faccia sbattere dorolosamente il muso contro una verità agghiacciante. E cioè che il successo berlusconiano non era che un sintomo, il facile cavalcare l'onda di una deriva culturale che ci mette a rischio già da tempo, e oggi ci vede in corsa verso il precipizio.

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