In Italia sono in pochi a ricordarsene, ma lo Spider-Man targato Marvel non fu il primo Uomo Ragno del quale i cinquantenni di oggi leggevano le avventure. C’è stato qualcuno, prima di Peter Parker. Qualcuno di meno giovane e insicuro. Per noi si chiamava già Spiderman (ma senza il trattino) molto prima che la Panini Comics (in seguito alla popolarità della trilogia cinematografica di Sam Raimi) decidesse di sopprimere la traduzione italiana della testata Marvel, presentata per decenni nel nostro paese con un confidenziale L’Uomo Ragno, che ancora sono in molti a rimpiangere. Lo Spiderman in bianco e nero, dal nome anglofono e dalle orecchie a punta, vestiva di nero già molto prima dell’incontro di Peter Parker con il simbionte alieno, e la sua personalità non era esente da zone d’ombra.
Stiamo parlando di un personaggio britannico, chiamato in realtà The Spider (e non fu l’unico, nella produzione pulp degli anni sessanta a fregiarsi di questo nome di battaglia), pubblicato brevemente in Italia da un editore ormai dimenticato (Bianconi), in un formato tascabile poco più grande di quello in cui già appariva il ben più noto Diabolik. I natali di The Spider (ricordiamo, in Italia Spiderman) si devono agli autori Ted Cowan e Reg Bunn, cui presto si sarebbe aggregato come sceneggiatore Jerry Siegel (sfortunato creatore di Superman insieme a Joe Shuster). The Spider fu uno dei numerosi supereroi inglesi usciti dalla fucina della IPC Magazines, pubblicati in patria su riviste antologiche come Lion, Eagle e Vulcan, tra i quali si annoverano altre icone del fantastico britannico come Kelly’sEye (in italiano L’Occhio di Zoltec, che finì in appendice alla rivista di gatto Silvestro) e L’Artiglio di Acciaio, pubblicato per qualche tempo anche da noi nel medesimo formato a libretto riservato al collega aracnide. Se l’Occhio e l’Artiglio sono stati di recente protagonisti di una rentrée italiana grazie alla Planeta DeAgostini, del primo Uomo Ragno conosciuto dai più maturi, nel nostro paese, non si è più avuta traccia.
Il vecchio Spiderman (continueremo a chiamarlo così per motivi nostalgici) nasceva come villain, una sorta di criminale inafferrabile, dotato di risorse tecnologiche sorprendenti e capacità imprevedibili. La maggior parte delle schede in rete dedicate al personaggio lo definiscono un uomo normale molto bene attrezzato. Ma dimenticano la sua capacità di scalare le pareti lisce (in effetti, però, glielo si vedeva fare di rado) e quella di contrarsi per insinuarsi attraverso passaggi impossibili ai comuni esseri umani. Spiderman volava grazie a degli ingombranti (ma spettacolari) jet posizionati sulla schiena, e sparava la sua temibile ragnatela con un’avveniristica pistola. A fiancheggiarlo c’erano due strampalati figuri, lo scienziato Pelham e lo scassinatore Roy. Dopo un inizio come criminale, lo Spiderman dalle orecchie a punta decideva di passare dalla parte della legge, trasformandosi in tutto e per tutto in un supereroe. Memorabile il suo scontro con il Re degli Scacchi, un folle individuo alla testa di un vero esercito di automi con le sembianze dei pezzi della scacchiera (in italiano, l’episodio si intitolava Scacco Matto, e mostrava il protagonista, pistola lanciaragnatela in pugno, emergere da una botola aperta proprio in mezzo a una gigantesca scacchiera).
Le avventure, essendo un prodotto degli anni sessanta, erano ingenue, ma volendo neppure tanto. La suspance non mancava, i personaggi erano ben caratterizzati, e l’Uomo Ragno britannico, con le sue orecchie aguzze e il cipiglio tutt’altro che benevolo, aveva carisma da vendere.
Poi... più niente. Il vuoto, il silenzio. Fino all’avvento dei supereroi Marvel e all’alba (italiana) di quello che oggi è considerato l’unico e vero Spider-Man (ma quelli della nostra generazione continueranno a chiamarlo L’Uomo Ragno, alla faccia di ogni legge commerciale).
In patria, The Spider è stato invece al centro di qualche revival. Nel 1992, un Mark Millar agli esordi firmò Vicious Games, storia scritta per uno speciale della rivista fantastica 2000AD, dove presentava una versione del personaggio un po’ particolare, facendolo tornare malvagio e attribuendogli abitudini alimentari antropofaghe (una cosa che non piacque proprio ai fans). Successivamente il personaggio apparve anche sulle pagine di Jack Staff (altro supereroe britannico) a opera di Paul Grist, che fornì finalmente al ragno un nome civile: Alfred Chinard (semplicemente perché i diritti del nome Spider erano ancora proprietà della IPC). In seguito, è toccato a Leah Moore (figlia di Alan) recuperare il ragno inglese nella celebrativa miniserie Wildstorm intitolata Albion (attualmente inedita in Italia), dove numerosi personaggi IPC fanno la loro nostalgica apparizione. Segno che gli inglesi sono affezionati ai loro supereroi, tanto differenti dagli standard cui la cifra americana, plasmata dai colossi Marvel e DC, ci ha abituato.
Con l’uscita di scena delle edizioni Planeta nel nostro paese (salvo inattese sorprese), temiamo che i titoli IPC torneranno nel dimenticatoio per i lettori italiani. Eppure, nelle memorie dei meno giovani, The Spider (Spiderman) rimane uno dei più amati, capace di bucare la pagina molto prima che Andrea Corno e Luciano Secchi iniziassero a spacciare Marvel nelle nostre edicole.
Non ci resta che confidare in una tardiva edizione italiana di Albion e in una nuova attenzione per queste glorie passate, cui possiamo riservare un posto d’onore tra i pionieri del genere supereroistico.
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