giovedì 27 maggio 2010

Don Zauker: Santo subito

Il Vernacoliere, celebre mensile satirico livornese, ha una lunga e gloriosa storia fatta di titoli paradossali, linguaggio irriverente e fiero anticlericalismo. Nota caratteristica del giornale è  anche il vezzo della satira capovolta, cioè l'abitudine di strillare nelle sue locandine fatti di cronaca  palesemente surreali che fungono da specchio deformante di una notizia attuale e ben più seria. Don Zauker, personaggio del duo Emiliano Pagani e Daniele Caluri, nasce come striscia da questo humus culturale, e si colloca fedelmente nel solco satirico del mensile che gli ha fatto da padrino. Il ruolo di don Zauker è il medesimo del giornale. Esibire una maschera mostruosa, per quanto risibile, che rimandi a eventi nevralgici del quotidiano, della politica e del contesto sociale. Urlare, tacendoli, nomi e cognomi di personaggi pubblici, e mitragliarne i malcostumi con una raffica di barzellette.

Dopo aver spadroneggiato per anni sul Vernacoliere, e aver goduto di un'edizione francese in volume, l'inquietante esorcista approda finalmente nelle fumetterie italiane grazie alla Planeta DeAgostini. Biglietto da visita: una sulfurea copertina firmata da Massimo Carnevale. Titolo: Don Zauker: Santo subito. Tutto un programma, insomma, che già dalle primissime tavole di Caluri scaraventa il lettore in un mondo sordido, dove la risata nasce dalla vergogna e dall'amarezza. Potremmo definire Don Zauker: Santo subito come la genesi della saga presentata sul mensile di Livorno. Un vero e proprio Don Zauker: Anno Uno, che fornisce dettagli (ovviamente più che piccanti) sull'origine del terribile pretastro. Nello stesso tempo, il volume è quasi un compendio di tutti gli elementi anticattolici e sboccati apparsi per anni sul Vernacoliere. Il linguaggio di Don Zauker farebbe arrossire anche il sergente dei marines di Full Metal Jacket, e alcune ironiche blasfemie darebbero dei punti ad altre note saghe sull’esorcismo dagli intenti meno comici. Non si tratta, dunque, di un fumetto per tutti. Del resto non lo ha mai preteso. La sua nascita su un giornale satirico, per di più con una forte connotazione regionale quale il Vernacoliere, imprime al DNA di Don Zauker alcune caratteristiche di cui è bene tenere conto al momento della lettura. Qualcuno potrà arricciare il naso davanti al turpiloquio torrenziale, all'impietoso dileggio del clero e alla faciloneria, quasi da novella popolare, di alcune soluzioni narrative. Ma non è il caso di sorprendersi o scandalizzarsi. Don Zauker è semplicemente quello che è. Una pernacchia, una boccaccia. Un dito medio alzato o un sonoro vaffanculo gridato in faccia ai poteri forti.

Zauker nasce come visione distorta della chiesa e di qualunque altra realtà istituzionale pretenda di parlare ex cathedra al suo popolo. Ma principale oggetto della satira di Pagani e Caluri (Paguri, il nome collettivo a volte usato dai due autori) è la credulità popolare. Lo è almeno in questo Don Zauker: Santo subito, dove l'ottusità generale è mostrata come un peccato imperdonabile che se non arginato può causare letteralmente l'inferno in terra. Laido, violento e disgustoso, l'uomo che si fa chiamare Don Zauker non sarebbe poi tanto pericoloso se non fosse reso onnipotente da un'idiozia trasversale che gli concede di compiere ogni nefandezza. La lingua sciolta del ciarlatano è in grado di rovesciare ogni vergognosa evidenza, confondere gli animi meno avvertiti e cavalcare trionfalmente l'ignoranza di una massa adorante, pronta a ingoiare ogni assurdità purché pronunziata con sufficiente sicumera. E' un carosello di orifizi anali esibiti come stigmate.  Mutande sporche e sangue emorroidale spacciati per reliquie sacre. Prediche oscene e pratiche orgiastiche. Il tutto affidato a una manciata di burattini caratterizzati con colori molto accesi. Politici corrotti, ecclesiastici ambigui, inafferrabili imbroglioni.
La vicenda prende spunto dalla missione di un alto prelato, Padre Mennellis, inviato dal Vaticano a investigare in un piccolo borgo italiano sui presunti miracoli di un religioso locale. Su due piani narrativi (e temporali) si sviluppano in parallelo le vicende di Mennellis e di Zauker, misterioso invasato in tonaca che predica, sputa, esorcizza, ruba e scopa - preferibilmente donne maritate –  alimentando un festino demenziale che getta il paesello nel caos. Come contrappunto, leggiamo tra le righe numerose frecciate alla chiesa cattolica e ai recenti scandali che l'hanno travolta, e altrettanti riferimenti alle collusioni tra politica e culto. Il racconto è in realtà abbastanza lineare, ma utilizza un espediente narrativo che gli conferisce una struttura ad orologeria purtroppo non del tutto calibrata (i lettori più scafati potrebbero anticipare la sorpresa finale), ma pur sempre godibile. E' difficile che Don Zauker: Santo subito possa suscitare malumori censori di entità rilevante. In Italia, il fumetto è considerato ancora un media minore, con un'incisività attenuata rispetto alle battute che un cabarettista di talento può pronunciare in televisione. Nonostante questo, qualche piccola critica il volume di Pagani e Caluri se l'è cuccata. Per la volgarità, definita peggiore di certo cinema italiano di serie Z. Per il suo essere satira senza  proporre alternative etiche (ma di satire che condannano una condotta, suggerendo semplicemente che certe cose non si dovrebbero fare, è piena l'alta letteratura). Come spesso succede, la verità va cercata nel mezzo. Don Zauker: Santo subito è da considerare come una festa caciarona. La consacrazione in volume di un personaggio che vive e respira meglio nelle brevi storie  che lo hanno sdoganato sul Vernacoliere, suo palcoscenico naturale. La trama risulta un tantino annacquata. Le articolazioni temporali, vero pezzo forte del racconto, non legano benissimo, e a tratti la lettura inciampa, facendo sorgere domande che rischiano di accendere troppo presto la luce in fondo al tunnel. L'ironia estrema, nutrita da volgarità martellanti sconfina spesso nella goliardia più che nell'umorismo vero e proprio. E la risata, alle volte è da caserma.

Ma va bene così. Don Zauker è Don Zauker. Non pretende di possedere la mordacità intellettuale di un Jonathan Swift, o la forza politica di un Mikhail Bulgakov. E non perché sia un fumetto. Ma perché nasce da un mensile satirico con una sua storia linguistica alle spalle, intrisa di genuino spirito goliardico e ironia di grana grossa. Insomma... è Don Zauker... Cristo!
La vera forza di questo fumetto consiste nel suo maledetto sottotesto. Nel grande male che denuncia senza pietà, senza farne mai il nome. E il popolo. Quella massa affamata di miracoli a buon mercato e di false promesse. Una calca tanto numerosa da annichilire i pochi ancora forniti di senso critico e di condurli alla follia.
La follia assoluta di sentirsi dire:
«Il verbo è tornato a farsi carne. Accoglietelo!»
E di rispondere.
«Sì, ma un po' più piano, padre.»

Non sarà il fumetto dell'anno. Ma mette a nudo una piaga purulenta tutta italiana.
E per questo diciamo: Amen.





Questa recensione è stata pubblicata anche su Fumettidicarta.



[Articolo di Filippo Messina]



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