True Blood: sono davvero cose così cattive?
Sarebbe facile sottovalutare una serie televisiva come True Blood.
I vampiri, ormai, sono personaggi di casa in ogni immaginario, compreso
quello più infantile. Spremuti come spugne al pari delle loro vittime
dissanguate e ridotti a marionette dalle imprese prevedibili. Difficile
credere che abbiano ancora qualcosa da dire. Se consideriamo, poi, il
fatto che difficilmente in Italia potremo vedere questa serie trasmessa
dalle tv in chiaro, è quasi scontato che il telefilm ideato da Alan Ball
(autore di Six Feet Under) sia destinato a restare un prodotto di nicchia. Le cose sembrano andare diversamente negli Stati Uniti, dove True Blood
sta facendo incetta di premi, e dove gli ascolti delle prime puntate
della seconda stagione hanno fatto sì che ne venisse annunciata una
terza a tamburo battente. In verità, True Blood è un telefilm dalle potenzialità notevoli, che riesce a miscelare in modo intelligente ingredienti abbastanza diversi tra loro.
Alla base di tutto c’è il Ciclo di Sookie Stackhouse, serie di romanzi firmati dalla scrittrice Charlaine Harris ed editi in Italia dalla Delos Books.
L’azione si svolge nella paludosa Louisiana, in un mondo dove i vampiri
sono finalmente usciti allo scoperto dopo che un’industria farmaceutica
giapponese ha creato e diffuso sul mercato il True Blood, uno speciale sangue sintetico in grado di soddisfare ogni loro esigenza nutrizionale. I vampiri possono quindi abb
andonare
il loro tradizionale ruolo di predatori, e lasciare che la razionalità e
la voglia di integrazione prevalgano. Naturalmente, dopo secoli di
inimicizia, la nuova convivenza con gli esseri umani non è proprio
semplice. Le creature della notte continuano a essere temute e odiate.
Tanto più che qualcuno ha scoperto le potenzialità allucinogene del loro
sangue, la più seduecente delle droghe, mettendo su un commercio
clandestino che causa un fatale ribaltamento dei ruoli. Ago della
bilancia in questa delicata situazione, è Sookie, la giovane cameriera
di un grill dotata di poteri telepatici. Sentire costantemente i
pensieri disordinati e volgari delle persone intorno a sé non è
piacevole per Sookie. Per questo tende a essere affascinata dai vampiri,
le uniche creature a cui non riesce a leggere la mente. E l’arrivo di
Bill, vampiro ultracentenario dai modi gentili, la coinvolgerà in una
spirale vertiginosa di amore e violenza. Intorno a Bill e Sookie si
muove una piccola folla di comprimari pittoreschi e ben caratterizzati.
Jason, il fratello di Sookie. Un ragazzo fondamentalmente buono, ma
impulsivo, tossico ed erotomane, pronto a seguire chiunque ci sappia
fare con le parole. Sam, il proprietario del bar dove Sookie lavora.
Gentile e innamorato, ma custode di un segreto inquietante. Tara,
irascibile e bella afroamericana, che riveste il ruolo di migliore amica
di Sookie a dispetto delle non poche tragedie con cui si trova a dover
fare i conti. E mentre tra Sookie e Bill divampa un amore proibito, una
catena di delitti insanguina la piccola città immaginaria di Bon Temps.
Un assassino senza volto sta uccidendo tutte le donne umane colpevoli di
aver avuto rapporti sessuali con un vampiro. E Sookie potrebbe essere
la prossima.
E’ ine
vitabile accostare True Blood con la serie letteraria e cinematografica Twilight. Se non altro per l’elemento comune della storia d’amore tra una donna umana e un vampiro. Ma, considerando anche che Finché non cala il buio, primo romanzo dedicato a Sookie Stackhouse, fu pubblicato nel 2001, mentre Twilight di Stephenie Meyer vede le stampe solo nel 2005, la somiglianza si esaurisce qui. Se Twilight
pone l’accento sui conflitti amorosi di stampo adolescenziale
rivolgendosi a un pubblico molto giovane, il ciclo di Sookie Stackhouse,
e di conseguenza True Blood, è un racconto dalle tinte molto più
forti e dai densi sottotesti politici. Per alcuni aspetti, può
ricordare i racconti gotici di Angela Carter, scrittrice britannica le
cui novelle fantastiche erano veicolo di dichiarati contenuti
femministi. True Blood è un prodotto moderno dal taglio estremo,
che affonda la lama (o i canini?) nel ventre molle di un’America bigotta
e irta di pregiudizi. Non a caso, anche nel nostro paese, la serie ha
ricevuto il plauso della comunità gay per la capacità di mettere in
scena le diversità, la voglia di integrazione, l’odio razziale e la
complessità morale, spesso ambigua, che si trova a monte di tutti i
conflitti sociali. Il riferimento è esplicitato nel telefilm dal
frequente apparire della scritta “God hates fangs” (“Dio odia i dentoni”), palese variante dell’infame slogan omofobo americano “God hates fags” (“Dio odia i froci”). Ma ciò che rende True Blood
così interessante è la capacità di non banalizzare mai l’argomento che
intende affrontare. Tutte le personalità protagoniste della serie sono
frastagliate e persino contraddittorie. Non tutti i vampiri hanno voglia
di integrarsi, così come non tutti i diversi, nell’accezione più umana
del termine, sono pronti ad accettare i nuovi venuti. Quel che conta,
insomma, sono gli individui e la loro statura morale, al di là della
categoria di appartenenza. Altro aspetto affascinante è la visione
estremamente sfaccettata della sessualità. Da sempre, il vampiro è il
simbolo della tentazione erotica, pulsione distruttiva che dovrebbe
svilire l’essere umano trascinandolo all’inferno. True Blood, di
capitolo in capitolo, suggerisce che il demone del sesso in un certo
senso esiste, ma che alberga in ogni essere vivente, umano o vampiro, e
che le perversioni da questo ispirate possono essere ben più mostruose
di chi per vivere deve nutrirsi di sangue. Il telefilm si affida a
un’estetica di corpi nudi, sangue che schizza e sesso esplicito ai
limiti del softcore. Una sinfonia di carne e sangue, dove l’amore tra
Sookie e Bill è l’unico valore identificabile come inequivocabilmente
puro. Per i continui riferimenti sessuali, più che per la violenza,
possiamo dubitare che vedremo questo telefilm al di fuori del circuito
satellitare.
Anna Paquin, premio Oscar da bambina per Lezioni di piano,
e in seguito tra i protagonisti della trilogia dedicata agli X-Men, è
Sookie. Una figura sì dolce e coraggiosa, ma non esente da dubbi e
momenti di smarrimento. Stephen Moyer, attore inglese emergente, sembra
nato per interpretare Bill. Enigmatico e sfuggente, tratteggia un
personaggio dagli sviluppi tutt’altro che scontati. Ryan Kwanten e
Rutina Wesley sono entrambi credibili nei ruoli rispettivamente di Jason
e Tara, mentre Nalsan Ellis, nella parte del cuoco-pusher omosessuale
Lafayette, cugino di Tara, è forse un po’ sopra le righe, ma comunque
godibile. Sam Trammel recita la parte di Sam Merlott, proprietario del
bar e capo di Sookie, con l’ambiguità richiesta al personaggio. Di
grande presenza scenica Alexander Skarsgard, figlio dell’attore svedese
Stellan Skarsgard, nella parte di Eric, antichissimo vampiro gestore di
un locale equivoco che anche molti esseri umani sono tentati di
visitare. Figura imponente e carismatica, interpellato e in seguito
scartato da Hollywood per il prossimo progetto cinematografico sul dio
Thor della Marvel. Il cast di True Blood se ne gioverà.
In
definitiva, una serie da vedere, che si presta a più letture e che ha
le carte in regola per riuscire gradita a palati differenti. True Blood
piacerà a chi apprezza lo scrittore texano Joe R. Lansdale e i suoi
mistery estremi e sboccati. Ma anche a chi ha amato la serie di Buffy,
con la quale ha in comune un universo soprannaturale in continua
espansione. Potrà interessare gli amanti del racconto giallo, e sarà
gradito infine a chi cerca in un telefilm non solo mero intrattenimento,
ma seri spunti di riflessione. Divertente e azzeccata la scelta del
tema musicale di apertura, il brano country di Jace Everett Bad Things,
preesistente alla serie, che sintetizza ottimamente le atmosfere
paludose e sensuali del telefilm. E mentre l’assassino misterioso miete
le sue vittime, ree di essersi lasciate toccare dal diverso, e i vampiri
sono combattuti tra la ricerca di una pacifica convivenza con gli umani
e la loro furiosa voglia di libertà, queste note, queste parole evocano
il fantasma di una pulsione né buona né cattiva, ma spesso
sconvolgente. Una tentazione che livella tutti gli animi, siano buoni o
maligni. Che può portare felicità come distruzione. “...before the night is through/ I wanna do bad things with you”.
Prima che la notte sia finita, voglio fare cose cattive con te.
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