lunedì 26 agosto 2024

Alien: Romulus



Una volta, parlando di cinema, un amico mi disse: «Non capisco i sequel! Sono una ripetizione degli eventi visti nel film precedente. Tanto vale rivedersi l'originale.»

C'era del vero, anche se non in modo assoluto. Io risposi che, al di là dell'opinione rispettabile, credevo di capire il senso commerciale dei sequel.
«Per lo spettatore che ha apprezzato il primo capitolo,» dicevo, «è come tornare a visitare un luogo vacanziero in cui l'ultima volta si è trovato bene. Incontrare di nuovo le persone che si sono conosciute la volta prima e che avevevi trovato simpatiche. Riscoprire le sensazioni già vissute e cercarne di nuove respirando la stessa aria.»

Lo penso ancora. Almeno per quanto riguarda una certa modalità di sequel.

Poi vengono i franchise, quelli belli lunghi, e lì la cosa si complica.

Un brand come quello di Alien è sempre stato caratteristico e imprevedibile nello stesso tempo. Dal prototipo di Ridley Scott, che ha dato nome e forma a uno spunto horror classicissimo trasformandolo in mito, a una serie di seguiti dagli stili tutti diversi. Action, dark, grottesco, per poi tornare in mano al suo demiurgo Scott, che ha voluto reinventare la materia originale dandogli un'ipronta autoriale talmente libera dai condizionamenti del brand da risultare indigesta a molti. Due escursioni (Prometheus e Alien: Covenant) che se ne infischiano della verosimiglianza e si concentrano su una riflessione allucinata dell'esistenza, della genesi umana e del suo diritto alla vita.

La serie cinefumettistica-videoludica di Predator vs Alien fa storia a sé. Ed è meglio lasciarla dove sta, senza troppi pensieri. Alien: Romulus, sbanca al botteghino e spacca in due il pubblico come Mosé con il Mar Rosso. Capolavoro o zozzeria?
Naturalmente, la risposta si colloca in mezzo. Alien: Romulus è un onesto e piacevole film d'intrattenimento. Azzecca le caratterizzazioni dei suoi protagonisti, ha un ritmo forsennato e riesce persino a mettere ansia (ma che paura i facehuggers!). La vera domanda è: dove finisce la normale dinamica da sequel (il ritorno nei luoghi ameni di cui cianciavo all'inizio) e dove inizia il dar di gomito allo spettatore abituale, quello che ormai siamo abituati a definire "fanservice"? E forse dobbiamo sottolineare il fatto che il fanservice, specie se insistito, ha acquisito nel tempo una connotazione piuttosto negativa. Beh, io credo che in larga parte, in questo caso, le due cose si trovino a coincidere. Il regista Fede Alvarez, che non è un genio, ma neppure uno sprovveduto, fa un lavoro diligente, recuperando feticci dai film precedenti e sfruttandoli come innesco per il suo spettacolo. In un certo senso, Alien: Romulus si può considerare un sequel diretto del primo film diretto da Ridley Scott. Si colloca proprio tra il primo e secondo capitolo della saga e riesce furbescamente a plasmare un nuovo episodio, ancora differente dagli altri. Dinamica da sequel e fanservice si sovrappongono, dicevo, in modo (per me) indolore, generando un effetto che alla fine della fiera è abbastanza canonico. Quando si torna a visitare una meta turistica dove si è già stati, ripeto, è normale aspettarsi di rincontrare facce già viste e sentire gli stessi profumi (di mare, di monti... fate voi).


Certo, qualcosa di gridato c'è. Senza fare spoiler (che fuori contesto, parlando di xenomorfi famelici,
significa tutto e niente), quel «Stai lontano da lei, maledetta!» magari Alvarez se lo poteva pure risparmiare. Stessa battuta, circostanza un tantino diversa (mica tanto, in verità, ma è un sequel, quindi... ). Ammetto che risentire questa frase mi ha dato un leggero fastidio, giusto perché scopre fin troppo le carte del citazionismo.

Tutto il resto, gli echi di dinamiche passate, situazioni che ricicciano fuori... ne dobbiamo davvero parlare? Sono i sequel, bellezza!
(cit.) Declinazioni di una storia già narrata. Cambiano le maschere, forse anche i fondali, ma la fabula è sostanzialmente quella. A meno che il suo autore originale non decida di prendere una direzione diversa scontentando una larga fetta di pubblico. Ma non è questo il caso. Ci sono le astronavi, i viandanti dello spazio che chiedono solo vivere le loro vite, c'è lo xenomorfo con le sue nefande caratteristiche e... "nello spazio nessuno può sentirti urlare". Sappiamo benissimo a cosa andiamo incontro.
Inoltre, parliamo di un franchise vecchio di quasi mezzo secolo, che conta al suo attivo sette film più le contaminazioni con il suo quasi gemello, il brand di Predator. Possiamo chiamarlo come vogliamo, ma scoprire all'interno del nuovo capitolo una lunga serie di references è addirittura fisiologico.

Rimane la domanda: il fanservice di Alien: Romulus è davvero così irritante? A mio parere no. Non più di tanti altri sequel di film seriali blasonati. Forse qualche citazione troppo urlata, ma sono peccati veniali. Il film di Fede Alvarez è divertente, riesce a inquietare e fa intravedere un cuore pulsante dietro a tutto il fracasso, il sangue e la sequela di orrori fantascientifici che ormai lo spettatore scafato conosce a menadito. Non è neppure troppo lungo, ti fa affezionare ai protagonisti. Ti fa temere per la loro sorte. E da
un film del genere non mi aspetto niente di più.

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