“Christmas Evil” (noto anche
con il precedente, più evocativo titolo di “You Better
Watch Out”), è un piccolo film del 1980, inedito e ignorato
dalle nostre parti, ma divenuto nel tempo oggetto di culto,
guadagnandosi il plauso di personaggi abituati a sguazzare nel weird
come il regista John Waters. Diretto da Lewis Jackson e interpretato
dall'eterno caratterista Brandon Maggart (qui alla sua unica prova da
attore protagonista, credo), “Christmas Evil” è la prima
pellicola a inaugurare il filone dei Santa Claus assassini, cui
sarebbe seguito il più celebre (e trascurabile) “Silent Night,
Deadly Night” (slasher che avrebbe dato inizio a una vera e
propria serie) e un nugulo di babbi rossovestiti impegnati a fare
mattanza in quel della vigilia. Solo che “Christmas Evil”
(“You Better Watch Out”) non è soltanto il capostipite.
E' diverso. E' qualcosa di particolare. E merita una riflessione in
più.
Il film prende spunto (così come
quelli successivi) dai fumetti dei mitici “Racconti delle
Cripta”, in cui la figura di Santa Claus fu più volte
dissacrata da celebri storie horror. Non un adattamento, ma solo uno
spunto, e per di più labile. Sì, perché sarebbe improprio definire
“Christmas Evil” un film horror, per quanto i momenti
disturbanti nella pellicola non manchino. Ci troviamo, in realtà,
davanti a un film drammatico, introspettivo, con escursioni
nell'orrore e nello splatter. Ma soprattutto davanti a una parabola
oscura che fa della pellicola diretta da Lewis Jackson qualcosa di
ambiguo e affascinante. Forse il film antinatalizio per antonomasia,
o forse la più crudele difesa dello spirito delle feste che sia mai
stata narrata.
Da bambino, Harry ha subito un trauma
durante le feste di Natale. Niente di così terribile, in realtà.
Dopo aver spiato l'arrivo in casa di Babbo Natale, impersonato dal
padre in uno spettacolo a beneficio dei due figlioletti, lo sorprende
a fare sesso con la madre con ancora addosso il costume rosso e
bianco rimanendone profondamente turbato. Certo, il suo trauma oggi
risulta eccessivo, ma il film per procedere non ha bisogno di questo.
All'evoluzione di Harry non serve un (unico?) trauma scatenante per
seguire il suo cammino di perdizione. Concluso il prologo, lo
ritroviamo dopo molti anni, adulto e palesemente disturbato. Ci viene
lasciata sottintendere una vita di solitudine e frustrazione,
all'ombra di un fratello maggiore che non gli ha mai mostrato
solidarietà e che lo percepisce solo con fastidio. Harry lavora in
una fabbrica di giocattoli ed è ossessionato dal Natale, ma
soprattutto dalla figura di Santa Claus, con la quale ha sviluppato
una forma di identificazione. Infatti trascorre il tempo spiando un
gruppo di bambini (in modo totalmente casto), annotando in due libri
i loro desideri, le loro attitudini e comportamenti. Le due liste dei
bambini buoni e cattivi del mito diventano reali nella pratica
annuale di Harry, che progetta di trasformarsi una volta per tutte in
Babbo Natale. In fabbrica il rapporto con gli altri operai è al
limite del bullismo. Harry non tollera che la festa più importante
dell'anno sia oltraggiata, e la produzione di giocattoli destinati ai
bambini per lui è sacra. La vigilia di Natale, Harry vestirà il
costume rosso e bianco dei suoi sogni per distribuire doni ai bambini
che ritiene meritevoli. Farà anche visita a un ospedale pediatrico
portando gioia e ricevendo simpatie. Ma il mondo adulto, che guarda
al Natale in modo prosaico e cinico, come sempre guasterà tutto.
L'incanto di un Babbo Natale altrimenti gentile e dolce si incrinerà.
E sarà un massacro.
“Christmas Evil” è
paragonato da qualcuno a “Taxy Driver” di Scorsese, e il
personaggio di Harry a una sorta di Travis Bickle natalizio. Paragone
forzato, in quanto sì, ci troviamo davanti a una discesa nella
follia dettata da un delirio moralista, ma le somiglianze si
esauriscono qui. “Christmas Evil” è un film che
possiamo definire antinatalizio in quanto porta in scena il lato più
materialista del Natale (la speculazione, il consumismo)
contrapponendolo al bisogno di magia di un'anima che tutto sommato è
rimasta candida. Anche quando sconfina nell'omicidio, utilizzando
giocattoli come armi letali, Harry dimostra una furia infantile, da
bambino deluso che non vuole disturbato il suo rituale festivo. E le
sue vittime, sono tutte pericolosamente antipatiche e irritanti. Il
mondo adulto, irrimediabilmente corrotto, percepisce il suo costume
da Babbo Natale come un giullare da schernire, laddove i bambini
conservano l'approccio tenero e incantato al personaggio che Harry
interpreta. Un mondo innocente al di là di ogni evidenza,
rappresentato nella scena (la più inquietante del film) in cui un
gruppo di bambini protegge il Babbo Natale assassino cui la città
sta ormai dando la caccia, facendogli scudo con i loro piccoli corpi
e persino disarmando gli adulti e consegnandogli le armi che questi
volevano usare contro di lui.
Il raccapriccio suscitato da “Christmas
Evil” va oltre il canonico splatter da film horror. E'
psicologico e insinuante. Gli atti criminali compiuti da Harry sono
realizzati con malinconia, in modo quasi candido. Intensa e
tristissima la sequenza in cui Harry tenta di entrare in una casa in
cui tutti dormono passando dal camino come farebbe Babbo Natale, ma
rimane incastrato nella canna fumaria e si tira fuori con molta
fatica, dolorante e sporco. L'archetipo del mostro di Frankenstein
(con allusioni al classico di James Whale) braccato dai villici
imbestialiti rivive in questa pellicola, dove il mostro (reietto,
incompreso e bisognoso di aiuto) veste i panni di Babbo Natale. In un
balletto etico in cui lo spettatore non è sicuro da che parte stare.
Il finale del film di Jackson ha fatto
discutere, spiazzando il pubblico per la sua natura surreale e
allegorica. Potremmo dire che è la chiusa perfetta alle buone
intenzioni (e ai crimini) di Harry. Harry forse è davvero
l'incarnazione di Babbo Natale. Non quello voluto dalla tradizione e
dai meccanismi commerciali, ma dall'immaginario infantile, dolce con
i buoni, severo con i cattivi, e comunque magico. Potremmo intendere
“Christmas Evil” come una
lettura metaforica e visionaria del monito evangelico: gli innocenti
non vanno scandalizzati, o guai a voi. E concludere che il Natale è
un sogno che appartiene all'infanzia, a dispetto della crudezza del
mondo reale, e che le illusioni (i sogni) di innocenti piccoli e
grandi andrebbero comunque rispettate, nella peggiore delle ipotesi
come un atto di pietà, volto a concedere una tregua incantata dalla
crudeltà della vita quotidiana.
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