Frank Castle è morto, ucciso e fatto a pezzi da Daken che ha poi gettato le membra martoriate giù da un palazzo. Tuttavia non è questa la fine del vigilante più tosto al mondo. Qualcuno si è premurato di raccoglierne ogni pezzo, di cucirli e ricorrere alla scienza oscura per riportare in vita l'irriducibile Punisher in una nuova, spaventosa forma...
La notizia dell'acquisizione della Marvel da parte della Disney, qualche mese fa, ha suscitato una serie di speculazioni sui possibili sviluppi formali e commerciali che la fabbrica di supereroi americana avrebbe potuto vivere nel futuro prossimo. Tra le tante supposizioni e timori, più o meno infondati, emergevano un eventuale abbassamento del target e scherzose ibridazioni con personaggi iconici della ditta acquirente, come i celeberrimi paperi. Ovviamente era tutto una burla, ma pensandoci bene... neppure tanto. La battuta era semplicemente intempestiva, giacché la Marvel pratica da tempo esperimenti commerciali che si avvicinano molto alla tradizione parodistica di casa Disney. Chi conosce bene il mondo di Paperino e Topolino sa quanto spazio occupino nella produzione disneyana le riscritture di classici della letteratura (I Promessi Sposi, Il Conte di Montecristo), ma anche del cinema e di altri media. Il mondo di Walt Disney è come i Borg di Star Trek. Tende ad assimilare personaggi, storie e generi, riplasmandoli secondo il proprio registro e presentandoli sotto forma di parodie e citazioni più o meno riuscite. Qualcosa di simile la Marvel ha preso a farlo negli ultimi decenni, anche nel suo caso con esiti altalenanti. Il meccanismo citazionista è più sfumato rispetto alle dichiarate parodie della Disney, eppure gli obiettivi commerciali sono esattamente gli stessi. Prendere personaggi noti e riconoscibili e trasfigurarli secondo un trend vincente presso certo pubblico. Ne sono un esempio i popolarissimi Marvel Zombi, personaggi nati per riciclare secondo l'estetica supereroistica un mito del cinema horror che attualmente va per la maggiore.
Il discorso non è diverso per questo FrankenCastle, ciclo del Punisher particolarmente mediocre, proprio perché troppo evidentemente progettato con intenti consumistici senza che se ne sentisse la minima necessità narrativa. Il personaggio di Frank Castle, nato molto tempo fa come comprimario dell'Uomo Ragno e successivamente promosso a protagonista, ha avuto una vita editoriale travagliata che ha finito con lo straziare l'eroe più delle sue tragedie personali. Più volte soggetto a restyling, narrato secondo codici spesso molto diversi tra loro, il Punitore non conosce pace. E il lettore con lui.
Scisso sostanzialmente in due doppelganger virtuali, Punisher agisce attualmente in quelli che potremmo definire due universi separati da una specifica griglia editoriale. Quello della linea Marvel Max, destinata a un pubblico maturo, dove vive avventure dalle atmosfere noir e dai toni realistici, e quello dell'universo Marvel canonico, dove vediamo Castle interagire con supereroi e supercriminali della continuity tradizionale. Ed è in questo secondo universo che si colloca la vicenda di FrankenCastle. Non è il caso di dissertare in questa sede sulla provvisorietà della morte per gli eroi dei fumetti, non è il vero tema dello story arc in esame. Funzione di FrankenCastle, anzi, funzione della morte del Punisher per mano del selvaggio figlio di Wolverine, è semplicemente quella di alzare il sipario su un Frank Castle trasformato nella più classica delle versioni del mostro di Frankenstein, e imbastire intorno a lui una fiera del kitsch che di imprevedibile o divertente ha davvero poco.
Lo sceneggiatore Rick Remender si prende il discutibile disturbo di riesumare una quantità di personaggi e motivi legati al versante magico-orrorifico marvelliano (Morbius, la Mummia N'Kantu, Licantropus) e confezionare un villain horror che sfoggia le medesime caratteristiche sadiche che siamo abituati a vedere nei gangster del Punisher in chiave pulp. Altri ingredienti: una scontatissima persecuzione nei confronti delle creature mostruose (perifrasi della condizione mutante), la ricerca (ricostruzione) di un ineffabile pistolero che possa fungere da deus ex machina a difesa dei deboli e conseguente bagno di sangue con sfida finale. Tony Moore, bravissimo disegnatore noto (neanche a farlo apposta) per il suo lavoro su The Walking Dead e The Exterminators, se la cava con il mestiere che gli è proprio, ma non riesce a salvare un prodotto dalle irrecuperabili valenze alimentari. Quel che rende irritante FrankenCastle è anche la sua incapacità di definirsi, caracollando perniciosamente tra ironia, spesso involontaria, e virulenta tragedia senza riuscire a darsi un ritmo definito. Il Punisher rimane sostanzialmente quel che è, e vedergli perdere pezzi o spuntare elettrodi dal collo non basta a intrattenere il lettore più esigente. La passerella di personaggi mostruosi riesumati dal catalogo horrrorifico marvelliano risulta mirata ad accumulare quante più comparse è possibile più che a sviluppare una trama. La superficialità dell’operazione finisce pertanto col presentare caratterizzazioni infelici, come il vampiro Morbius, qui trasformato in una patetica caricatura di Nosferatu, e mostri che parlano (pur negandolo) come se fossero homo sapiens superior solo un po’ meno “cool”. Il racconto si risolve in una circoscritta (e del tutto evitabile) digressione dai binari (già schizofrenici) su cui viaggia il personaggio, volta a giocare con cliché che gli sono (e restano) del tutto estranei, e che sul finire della storia lasciano intravedere l'espediente destinato a ristabilire lo status quo. Non vedremo, quindi, il Punitore-Frankenstein ancora a lungo. Presto Frank sarà di nuovo per strada vivo, intero e vispo come prima. Ma portando in eredità dall'avventura tra i mostri un elemento magico che influenzerà ulteriormente la sua caratterizzazione futura (elemento che già fa tremare chi ricorda la demenziale fase “angelica” del personaggio).
FrankenCastle è una lettura consigliabile ai fans irriducibili dell'angolo oscuro del Marvel universe, quello dove albergano mostri, vampiri e lupi mannari. I disegni di Tony Moore (qui coadiuvato in alcune tavole dagli artisti ospiti Mike Hawthorne, Dan Brereton e Roland Boschi) possono intrattenere chi non ripone troppe aspettative nella trama e può essere divertito da un carosello di smembramenti funambolici. In definitiva, FrankenCastle è un prodotto Marvel spaventosamente freddo nella sua logica commerciale, che difficilmente lascerà un segno nella memoria dei lettori che hanno superato l'adolescenza.
Questa recensione è stata pubblicata anche su Fantasymagazine.
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