sabato 9 novembre 2019

Two Sisters


Ho finalmente recuperato "Two sisters" (A tale of Two Sisters"), film coreano del 2003 diretto da Kim Ji-woon.
Mai ritardo fu più colpevole. Ci si sente sempre colpevoli davanti alla bellezza. Soprattutto quando ci si accorge di averla ignorata (non si sa bene perché). "Two Sisters" conferma a mio avviso che le migliori ghost story sono quelle allegoriche, in grado di dimostrare che i fantasmi (aimé) esistono. E non infestano case o oggetti. Ma le persone. Le menti, le anime. E nessun racconto di spavento è più efficace di quello che ti confonde, e alla fine ti lascia incerto tra l'orrore e le lacrime. Sì, perché il film di Kim Ji-woon, oltre a inquietare fa piangere. E ti impone di tenere il cervello sveglio, nonostante il ritmo elegantemente lento, ma tagliente come un bisturi. Un'ambientazione fotografata in modo superbo, attori pazzeschi e una colonna sonora che non si dimentica più. Che altro dire? No, meglio non dire altro. Se non lo si è visto, è meglio non sapere nulla. E dopo averlo visto, vederlo di nuovo. Peccato non averlo scoperto e apprezzato prima. Sì, mi sento un po' in colpa.

mercoledì 6 novembre 2019

The Hole in the ground


Che strana sensazione vedere "The Hole in the ground", film irlandese del 2019 diretto da Lee Cronin, credo al suo primo film, dopo avere visto "Us" di Jordan Peele. Il confronto, infatti, è quasi inevitabile, visto il tema centrale. Ma quello che salta agli occhi (e alla mente) è la grande differenza di approccio alla materia nel tradurre in chiave horror quello che è un racconto metaforico che parla di ricerca del proprio ruolo, di emancipazione, della scoperta di sé e della generale indifferenza, spesso complice di tutto ciò che frustra queste esigenze.

Sarah sta fuggendo da una vita presumibilmente fatta di violenze familiari, e le cicatrici sul suo corpo, e che traspaiono dalla sua anima sono gli unici indizi che avremo per definire un quadro che sarà affidato solo alla nostra fantasia. Con sé ha portato Chris, il figlioletto, con cui ha un rapporto molto forte, e progetta di ricostruire la propria vita da zero in una zona della campagna irlandese, lontana da tutto quello che l'ha ferita. Nel bosco vicino alla casa, però, esiste una misteriosa voragine nel terreno. Un abisso buio di cui, stranamente, nessuno parla, nero come un vuoto esistenziale. Una notte, Chris sembra uscire da solo di casa e avvicinarsi ai margini del buco nel terreno. Sarah lo ritrova immediatamente, illeso e tranquillo, ma c'è qualcosa che non va. Da quel momento guarderà il suo bambino con occhi diversi, pensando che in lui c'è qualcosa di tremendamente sbagliato...
"The Hole in the ground" non brillerà per originalità. Come dicevo in apertura, andare con la memoria a "Us" (ma ancora di più a "L'invasione degli Ultracorpi" di Don Siegel) è facilissimo. Com'è facile intuire la matrice folklorica del racconto, che si basa su una notissima leggenda irlandese nota in tutta Europa, cui persino Luigi Pirandello si è ispirato per uno dei suoi celeberrimi lavori teatrali. Il punto interessante, e la profonda differenza formale di "The Hole in the ground" rispetto a "Us" è l'assoluta avarizia del primo nel voler fornire spiegazioni delucidanti rispetto al secondo, forse fin troppo indulgente a motivare ogni dettaglio, finendo in parte col disinnescare l'atmosfera inquietante del film e la valenza ancestrale e terrifica del concetto di Doppelgänger. Nel film di Lee Cronin tutto è affidato alle immagini, splendidamente fotografate, e all'interpretazione di attori poco noti ma di straordinaria espressività (su tutti Seána Kerslak e il piccolo James Quinn Markey, capace di passare dall'essere il ritratto dell'innocenza a un'ambiguità da cardiopalma). Il tema centrale qui è l'emancipazione di una donna da una vita di abusi, il superamento dei traumi nonostante una società distratta, che tende a non accorgersi di nulla e a negare persino l'evidenza pur di accoccolarsi in un confortevole status quo. Ma anche l'affermazione di una famiglia monogenitoriale, incrollabile nonostante le apparenze grazie non solo a un forte rapporto affettivo, ma a soprattutto a un'irriducibile autodeterminazione. Il non detto fortifica il simbolismo e permette alla metafora sociale di emergere a tutto tondo. Cosa non scontata in un quotidiano omologante come il nostro, dove influenze costanti non ci rendono più più sicuri di conoscere davvero chi ci è vicino e di avere il controllo, se si è genitori, della maturazione dei propri figli. Un film da vedere, in definitiva. E da confrontare, per riflettere su forma e sostanza. In un mondo in cui tutto è riflesso di qualcos'altro, c'è bisogno di una visione... laterale.

lunedì 4 novembre 2019

I Trapped the Devil


" I Trapped the devil" è un film horror che più indipendente non si può, diretto nel 2019 dall'esordiente Josh Lobo.
Matt e Karen si recano in visita per le feste natalizie a casa di Steve, fratello di Matt, che ha vissuto una dramma personale del quale non sappiamo niente, e che da sempre - pare - ha dato segni di instabilità. La visita di cortesia si trasforma molto presto in un incubo, quando Steve afferma di essere riuscito a catturare il diavolo in persona, che adesso si trova rinchiuso nella sua cantina. Il delirio di un folle paranoico? O dietro quella porta sprangata con più lucchetti e bloccata da una croce di legno si nasconde davvero qualcosa di strano e terribile?
Il film è tutto qui. Liberamente ispirato a un episodio della serie classica di "Ai confini della realtà" ("Ululati nella notte"), il racconto si basa per gran parte del tempo sull'ambiguità della situazione e poggia tutto sulle spalle di tre (tre!) interpreti, coadiuvati solo da qualche comparsa. Un film breve e poverissimo, che deve molto all'interpretazione inquietante del televisivo Scott Poythress. Un horror di situazione lontano dall'essere perfetto, che dilata uno spunto difficile da far reggere nella canonica tempistica di un lungometraggio. Ma funzionante di sicuro in tutta la prima parte, quando il clima di paranoia è crescente, e tutto si affida al non visto e a alla voce implorante di qualcuno prigioniero dietro una porta che diventa la vera protagonista del racconto. Avvolta da una spettrale luce cremisi, e che in qualche momento sembra addirittura respirare.
Nel complesso, un piccolo esperimento gradevole, per chi ama il cinema indipendente fatto di suggestioni. Gli altri, forse è meglio che ne stiano alla larga.

domenica 3 novembre 2019

Go Home - A casa loro


Finalmente visto "Go Home - A casa loro" di Luna Gualano.

Punto fermo: lo zombi cannibale canonizzato da George Romero è una metafora politica. Emiliano Rubbi, autore della sceneggiatura, e Luna Gualano, regista, questo lo sanno benissimo. E traspare da ogni singola inquadratura di questo film indipendentissimo, realizzato grazie a un crowdfunding, girato in economia e proiettato nelle sale italiane per soli tre giorni.


L'innesco è semplice e molto forte. A Roma, un centro d'accoglienza profughi è oggetto di una manifestazione organizzata da gruppi di estrema destra che ne richiede lo sgombero. Scoppiano delle risse e nella mischia qualcuno lancia un candelotto di... qualcosa. Come da manuale, le cause che scatenano l'apocalisse zombi sono vaghe e ininfluenti. Quello che conta è la presenta dei morti antropofaghi e la loro insensata, famelica violenza (non troppo diversa da quella dei vivi) che assedieranno il centro in cui Enrico, un militante di destra xenofobo, troverà rifugio per non finire sbranato.


Il film di Gualano e Rubbi merita tantissimo dal punto di vista delle intenzioni, e della fantasia (volta a fare di necessità virtù) con cui porta in scena l'orrore. Anzi, diversi tipi di orrore. Magari pecca di un eccessivo didascalismo, e finisce col predicare ai convertiti, tuttavia ha molte cartucce da sparare. A differenza dei personaggi assediati del film, che in questo caso sono completamente disarmati. Il climax angosciante del dramma della costrizione, in cui tutti i feticci dello zombi movie si presentano puntualmente, è scandito anche dalle differenze e dalle divisioni interne. La solidarietà non si può mai dare per scontata, neppure tra chi condivide disgrazie amarissime. Neppure davanti a una catastrofe che mette in pericolo tutti azzerando ruoli che a quel punto sarebbero marginali. Anche questo un punto nevralgico tenuto a battesimo dal grande Romero. Gli zombi sono una massa brutale mossa solo da una fame mostruosa, ma sono le divisioni interne il reale pericolo e la miccia che farà esplodere tutto. Il ruolo emblematico di Enrico, il giovane razzista messosi in salvo grazie all'aiuto della gente che odia e che vorrebbe vedere sgombrata, non è da dare per scontato. Chi si aspetta un comune racconto di redenzione potrebbe trovarsi davanti a qualcosa di inatteso. E pessimista, in perfetta chiave romeriana. Una parabola nerissima, dove gli effetti splatter, per forza maggiore, glissano spesso sul versante visivo e si affidano soprattutto a un validissimo comparto sonoro. Girato in due centri sociali della capitale, il film si avvale anche del commento musicale di band della scena romana tra cui Il Muro del Canto. Per i mezzi a disposizione, nel complesso, un film da applaudire. E davanti al quale rabbrividire per numerosi motivi. Perché ormai lo sappiamo. Quando gli zombi sono tanti e premono contro le porte, prima o poi entreranno. E allora... sarà un bagno di sangue.


mercoledì 30 ottobre 2019

Watchmen - La serie TV: prime sensazioni...


Watchmen 1x02. Non sono ancora sicuro di aver capito dove Damon Lindelof abbia intenzione di andare a parare. Ma la narrazione carbura, e dopo l'impressione di disorientamento suscitata dal primo episodio, posso dire di essere entrato nel racconto quanto basta per voler scoprire che cosa succederà in seguito. Confermo la mia sensazione iniziale. E cioè che (almeno finora) questa serie TV sembra voler giocare con ambientazione e temi dell'opera di Alan Moore e Dave Gibbons per prendere una direzione completamente autonoma. E se questo dovesse essere confermato, sarebbero solo buone notizie. Più che un vero seguito si direbbe una storia che prende spunto da un determinato scenario. Un contesto fortemente riscritto (e del resto è passato tempo dal finale del graphic novel) e desideroso di giocare con le aspettative per parlare d'altro. Ammiccando ai feticci noti, ma lasciandoli a margine, mentre personaggi e situazioni prendono piede. Le atmosfere sono inquietanti e di fumettistico, nonostante tutto, per adesso c'è ben poco. E anche questo, direi, non è affatto un male. Non resta che da dire: vedremo, vedremo...

Titans: Chella Man è Jericho


Titans. Siamo oltre metà stagione, ormai, ed è sempre più evidente come l'obiettivo della serie DC Universe sia focalizzarsi sui personaggi, e fare prevalere la loro caratterizzazione sull'andamento della trama principale, che in ogni caso procede e si fa sempre più intricata. Abbiamo infine fatto la conoscenza di Jericho. Personaggio creato nei fumetti da Marv Wolfman e George Perez, qui interpretato da Chella Man alla sua prima prova attoriale. Sì, perché Chella è principalmente uno youtuber, un modello e un artista figurativo, ma credo si possa dire che, in una manciata di episodi, la sua prova di esordio sia tutt'altro che da disprezzare. Sordo nella vita, così come il personaggio che interpreta nella serie è muto, Chella Man è oggi uno dei primi attori transgender a interpretare un ruolo dal sesso definito, aprendo una buona volta la porta al fatto che i performers dall'identità sessuale fluida o in transizione, in genere condannati da Hollywood a recitare sempre e soltanto se stessi, possano rivestire qualunque parte esattamente come gli interpreti cisgender. 
Così come il suo corrispettivo a fumetti, Jericho è un personaggio tragico, figlio del principale avversario della squadra di cui si trova a far parte. Ma "Titans", la serie, segue una cronologia alternata, e presenta tanti aspetti ingannevoli (soprattutto per chi conosce i retroscena dei comic book) e tante cose sono ancora da chiarire. Con i suoi alti e bassi, ad ogni modo, "Titans" si sta confermando una serie molto interessante. Abbastanza diversa dalle letture live action dei fumetti supereroistici cui siamo stati abituati. E propone innovazioni che spingono a tenere d'occhio ogni sviluppo.