Sosteniamo con piacere il progetto "Nessun perdono per i vivi" e la campagna Kickstarter volta alla sua realizzazione.Daniele Misischia, regista della sorpresa horror italiana della scorsa stagione "The End? L'Inferno Fuori", qui nelle vesti di sceneggiatore, propone un fumetto che parte da uno spunto crime per deflagrare nell'orrore. Alle matite, il bravo Stefano Cardoselli. Un progetto mediatico composito, che vede il volume al fumetti come primo step di un cammino artistico che culminerà in un film per il grande schermo, sempre diretto da Daniele Misischia. Invitiamo tutti a seguire e sostenere il crowdfunding, forti della riuscita esperienza cinematografica dello scorso anno. Abbiamo autori che meritano attenzione. Coltiviamoli. Come fiori in serra.
mercoledì 8 maggio 2019
Nessun perdono per i vivi - Campagna Kickstarter
Sosteniamo con piacere il progetto "Nessun perdono per i vivi" e la campagna Kickstarter volta alla sua realizzazione.Daniele Misischia, regista della sorpresa horror italiana della scorsa stagione "The End? L'Inferno Fuori", qui nelle vesti di sceneggiatore, propone un fumetto che parte da uno spunto crime per deflagrare nell'orrore. Alle matite, il bravo Stefano Cardoselli. Un progetto mediatico composito, che vede il volume al fumetti come primo step di un cammino artistico che culminerà in un film per il grande schermo, sempre diretto da Daniele Misischia. Invitiamo tutti a seguire e sostenere il crowdfunding, forti della riuscita esperienza cinematografica dello scorso anno. Abbiamo autori che meritano attenzione. Coltiviamoli. Come fiori in serra.
venerdì 3 maggio 2019
Doom Patrol, la serie TV
Mi
sto finalmente mettendo in pari con "Doom Patrol", seconda
serie TV a uscire dopo "Titans" per piattaforma streaming
DC Universe.
Per
cominciare, direi che si conferma l'attitudine della DC a centrare il
bersaglio con produzioni seriali televisive, fallendo invece al
cinema, nel seguire frettolosamente i passi della Marvel-Disney.
"Doom Patrol" si presenta ufficialmente come uno spin off
del già interessante "Titans", per quanto questa
definizione gli venga stretta. I personaggi sono stati introdotti in
una sola puntata del serial madre e oggi sono sdoganati in una serie
autonoma che segue uno stile tutto suo e modifica il cast,
aggiungendo un sempre carismatico Timothy Dalton nel ruolo di Niles
Caulder e Brendan Fraser come Cliff Steele. In comune con "Titans"
resta quel suggerimento di avventure ai margini di un mondo più
vasto, dove i supereroi celebri sono nominati, ma restano invisibili.
Una retrovia in cui i protagonisti, qui ancora più che in "Titans"
devono sgomitare per trovare un loro ruolo. Se con i Titani si era
scelta un'atmosfera ibrida tra il crime e l'horror, in "Doom
Patrol" il registro è più ironico e a tratti (giustamente)
demenziale. Senza escludere espliciti riferimenti al ciclo scritto da
Grant Morrison, che rilanciò a suo tempo la serie a fumetti
introducendo più di un personaggio che qui la fa da padrone. Il
villain Mr. Nobody, interpretato dal "josswehdiano" Alan
Tudyk è sicuramente uno dei punti di forza della serie, usato in
modo metanarrativo, a volte come io narrante e commentatore degli
eventi (anche se forse la sua resa farà storcere il naso a chi ama
fare le pulci agli effetti visivi).
Ricordiamo, inoltre, che nei
fumetti, Doom Patrol e X-Men nacquero insieme, influenzandosi su
parecchi punti (compresa una certa sedia a rotelle). Ma se i mutanti
Marvel hanno preso la strada della critica sociale e della metafora
della diversità che lotta per i suoi diritti alla vita, la Patrol è
forse ancora più inquietante. Simbolo di una diversità sì
mostruosa, ma che può alludere anche a un disadattamento
psicologico, uno scollamento dalla realtà che tende più alla crisi
esistenziale e a una lotta per restare in vita e in piedi in un mondo
privo di vero senso. Gli antieroi della Doom Patrol, nella serie TV
come nei fumetti, non sono supereroi reietti. Sono reietti con
superpoteri, presentati come una sorta di famiglia Addams chiamata
dal caso a occuparsi di faccende bizzarre che sono decisamente troppo
pazze, troppo oltre perché gli eroi canonici possano gestirle.
Mentre
la prima stagione marcia verso la conclusione, l'esperimento sembra
riuscito e ci da motivo di attendere il prossimo arrivo di "Swamp
Thing", per la stessa piattaforma streaming, che recupererà
(così pare) temi e atmosfere del celebre ciclo di Alan Moore.
Un
altro modo di intendere gli eroi super dei fumetti e un altro modo di
tradurli in live action. Curioso anzicheno. Peccato che di queste
serie, almeno finora, se ne parli così poco.
martedì 30 aprile 2019
Il Sipario di Cartone: Ultima serata
L'ultimo (per ora) appuntamento con Il
Sipario di Cartone è
per il 3 Maggio ore 19 presso la Biblioteca
Salvatore Rizzuto Adelfio.
Vedremo insieme "Heavy Metal", film d'animazione diretto da
Gerald Potterton nel 1981. Una narrazione fantascientifica a scatole
cinesi, in cui un racconto fa da cornice a più episodi, ambientati
su pianeti diversi e diverse epoche, ma in qualche modo tra loro
collegati. Una sarabanda di autori e storie che provengono
dall'esperienza della rivista Metal Hurlant e dai tanti artisti del
movimento de Les Humanoids. Prima della proiezione, la consueta
performance teatrale sarà affidata alla voce e alla grinta di Mario
Clames,
che reciterà un monologo da "Devilman" manga capolavoro di
Go Nagai. Per il fumetto, per il teatro, per il cinema e per una
condivisione delle arti... venite a trovarci. L'ingresso è gratuito.
Abbiamo deciso di intitolare questa
rassegna “Il Sipario di Cartone” con l'intento di presentare due
linguaggi, anzi tre, accomunati dalla componente dell'arte grafica.
Vedremo insieme tre film di animazione, scelti con un criterio che
potremmo definire... non dico anticommerciale, ma volto al recupero
di opere particolari, alcune vintage, ma in grado di fornire spunti
di riflessione che vadano oltre l'attuale trend di intrattenimento.
Ma prima di vedere il film, stasera, il
sipario di cartone di aprirà su una performance di stampo teatrale.
Un teatro applicato al media fumetto. Quindi, la viva voce
dell'attore e il suo gestire per passare poi alle immagini animate
sullo schermo.
Perché?
Noi di Altroquando abbiamo da sempre
fatto vivere i fumetti in contiguità con qualcosa che apparentemente
c'entrava poco. Quando avevamo la libreria, i fumetti erano accanto
alle produzioni underground, all'antiproibizionismo, alle battaglie
per i diritti LGBT e alle mostre di artisti con attitudini variegate.
Nella nostra nuova forma di associazione culturale, attraverso anche
l'attività sul canale Youtube, abbiamo recuperato l'interesse per il
teatro. Una delle poche forme d'arte che si possono veramente
definire viventi. Il teatro è arte viva perché raggiunge la sua
espressione massima durante la performance attoriale, davanti a un
pubblico che fruisce il lavoro di chi sta facendo spettacolo nel
momento stesso in cui questo si attua. Il fumetto, dal canto suo, è
una forma d'arte... la nona... tuttora ambigua e soggetta a
mutamenti. Da un lato è ancora fortemente sottovalutata da molti. Da
un altro, lo sdoganamento del mondo nerd sta dando vita a una nuova
forma di omologazione. E di casta. E sta portando a un generale
appiattimento, dove il potenziale creativo del linguaggio
fumettistico si arena nelle mode correnti e in dinamiche
autocelebrative che girano a vuoto, macinando soldi e poco altro.
Decenni fa, i più maturi se lo
ricorderanno, i fumetti furono portati in televisione con un
esperimento rimasto isolato. Oggi noi cerchiamo di raccogliere quel
testimone e di usare le opere a fumetti come strumento per dimostrare
che la narrazione per immagini può essere veicolo di una forza
testuale che va oltre il mezzo. Non solo per la moda dilagante dei
cinecomics, ma come un immaginario comunicante con altre forme
espressive, altre discipline. Un crocevia mediatico che può aprire
porte impensate e condurre alla conoscenza e all'amore per altre arti
(o produrne di ibride e di nuove). Oggi cominceremo con la forma del
monologo. Domani, se l'esperimento susciterà risposte adeguate,
potremmo progettare uno spettacolo più complesso. Chissà.
lunedì 29 aprile 2019
Ripensando a "Avengers: Endgame"
A distanza di un anno da “Avengers: Infinity War”
torniamo a parlare di Marvel Cinematic Universe e del suo attesissimo
atto conclusivo della prima importante saga. Un'operazione
commerciale che porta sul grande schermo le logiche seriali del
fumetto popolare supereroistico, suscitando entusiasmi e detrazioni.
In ogni caso un grosso successo di pubblico. Solo un vlog, e qualche
riflessione sul cinecomic del momento.SPOILER presenti. Quindi solo per chi ha già visto il film, Ok? Senza estremismi, senza tecnicismi... Solo voglia di parlarne.
sabato 20 aprile 2019
lunedì 15 aprile 2019
mercoledì 10 aprile 2019
The Bridge... un addio
Anche "The Bridge" (la serie originale scandinava, andata avanti lasciando indietro ben due pallidi remake) è infine giunta al traguardo con una quarta stagione che raccoglie e intreccia tutti i fili lasciati in sospeso. E si dimostra una delle serie TV più sorprendenti e riuscite degli ultimi anni, distaccando di molte misure tanti gettonatissimi prodotti statunitensi. Un crime torbido, con una protagonista femminile indimenticabile e una schiera di comprimari (e partners) caratterizzati benissimo. I remake (uno americano, l'altro anglo-francese) non potevano realmente rendere le atmosfere di "Bron | Broen" (questo il titolo originale, sia in svedese che in danese, con le due parole separate da una linea verticale. Anzi un confine).
Infatti, in "The Bridge" c'è molto più di un intrigo poliziesco che coinvolge per ragioni diplomatiche le autorità di Svezia e Danimarca, costringendo le due forze di polizia a collaborare. Il ponte che unisce i due paesi è il simbolo di una difficile convivenza. Di una sofferta comunicazione tra due popoli gemelli, che hanno avuto un cammino storico parallelo e parlano due lingue derivate dalla stessa radice, ma che hanno compiuto scelte culturali e politiche a volte diverse, e tuttora vivono un rapporto quasi competitivo su determinate questioni etiche e amministrative. Peccato che il doppiaggio faccia perdere la particolarità delle due lingue e le loro sfumature ("Bron | Broen" è recitato sia in svedese che in danese, e nei due paesi i dialoghi sono sottotitolati in base al luogo in cui la serie è trasmessa). "The Bridge" è anche il simbolo della difficoltà a collaborare tra individui, a volte a dispetto degli obiettivi comuni. E la "diversità" della protagonista femminile, quella generica "patologia", mai nominata, ma soltanto accennata (mentre nel remake americano si fa esplicito riferimento alla sindrome di Asperger) è l'ulteriore metafora di un'umanità cui difetta l'empatia, ma che ha un disperato bisogno di avvicinare i suoi simili. "The Bridge" è un noir cupo, crudelissimo e machiavellico. Ordito e recitato benissimo. Una delle serie che conserverò per sempre nel cuore assieme alla canzone che le fa da colona sonora: "Hollow Talk".
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