lunedì 11 marzo 2019

Gli Amori di Altroquando: Capitani Meravigliosi


Seguiamo le tracce dei “capitani meravigliosi” che hanno fatto storia nei fumetti fino ad arrivare a Carol Danvers, attuale detentrice di questo nome e ora protagonista anche di un film. Dalla parola magica Shazam e alle fantasie robotiche di Carl Burgos alle disparate incarnazioni targate Marvel Comics. Gli intrighi degli alieni Kree, i tradimenti, il lascito e gli emuli.

mercoledì 6 marzo 2019

Captain Marvel: il nome (e nel nome) del Capitano



“Captain Marvel” è l'ultimo tassello del grande gioco cinematografico che dovrebbe vedere il suo punto d'arrivo in “Avengers: Endgame” (nomen omen), prima di una nuova (e a questo punto, direi, incerta) nuova fase. La quarta, nella quale molti fans sperano e proiettano (soprattutto nel fatidico numero) il ritorno in live action di un brand fumettistico finora al centro di letture insoddisfacenti.

Il film dedicato a Carol Danvers (questo il nome civile della protagonista) è a mio parere fortemente imparentato con il predecessore Ant-Man (il primo), e come questo si presenta al pubblico con la forma di una grande sintesi narrativa. Un gioco di specchi e rimandi (forse anche troppi) che cerca da un lato di accontentare i conoscitori della materia, da un altro di confezionare un prodotto commerciale che possa piacere un po' a tutti.

Ci riesce? Ni.

Già a proposito di “Ant-Man” la Marvel-Disney aveva scelto di puntare sull'identità più contemporanea del personaggio, e cioè Scott Lang, il ladro dal cuore d'oro, piuttosto che riscaldare la storia del brillante scienziato che sperimenta la sua scoperta su se stesso (Henry Pym). L'introduzione sullo schermo dell'Ant-Man originale con il ruolo di maturo mentore ha funzionato discretamente, e la vicenda del frastornato avventuriero catapultato in un complotto da fantascienza risultava più vendibile facendo sì che la sceneggiatura del film si scrivesse praticamente da sola, sfornando un prodotto fantastico per famiglie senza particolari lodi, ma più che digeribile.

In “Captain Marvel” l'intento è simile, ma la materia è ancora più complessa. Anche in questo caso il personaggio storico (l'alieno Mar-Vell, inviato come spia dall'impero Kree sulla terra per operare in segreto) aveva vissuto un arco narrativo lunghissimo e glorioso. Le sue gesta erano connesse a parecchi snodi delle saghe cosmico marvelliane. Era stato (Udite! Udite!) uno dei principali avversari dell'oggi popolarissimo Thanos, e alla fine aveva concluso la sua corsa morendo, a sorpresa, non tanto da eroe... quanto da essere umano, stroncato da una malattia che affligge tante persone comuni. Un'eredità narrativa pesante, quindi, per Carol, già Miss Marvel (controparte femminile dello storico eroe maschio), poi evoluta in Warbird (il nome Miss era e resta ridicolo) e poi in Binary, la stella umana, sulle pagine degli X-Men. Se Scott Lang, come Ant-Man, s'era già guadagnato una discreta fama nei fumetti, la lunga e contorta carriera di Carol non aveva aiutato a farla emergere presso il pubblico più vasto. Troppe identità, troppe ripartenze, fino alla scelta di assumere (appena nel 2012) il nome di battaglia dell'eroe al cui fianco si era battuta, esordendo nei lontani anni 60. Un codice palinsesto di personaggi, di riscritture, di caratterizzazioni e di diverse origini che si sovrapponevano.

Ma il problema non è neppure questo. Il film diretto da Anna Boden e Ryan Fleck è un giocattolone che presenta un gioco di specchi, in qualche caso barando anche un po'. E per quanto si sforzi (a tratti riuscendoci pure) di essere simpatico, presenta ormai la pesantezza di un ingranaggio di cui conosciamo troppo bene il funzionamento per sorprenderci davvero. Inoltre, cerca di reinventare la storia di origini affidandosi a un sistema di flashback, ma soprattutto di falsi indizi che potrebbero essere il punto di forza del film, ma nello stesso tempo rischiano di essere il suo tallone d'Achille.

“Captain Marvel” è un film fatto di nomi. Nomi che non vengono pronunciati (o mi sono distratto io?) se non quando il racconto è avanzato. Di nomi di battaglia che non esistono se non nel titolo della pellicola (nessuno pronuncerà frasi come «Io sono...» ed è meglio così). E di trabocchetti narrativi nascosti in bella vista, che se chiamati per nome, appunto, sarebbero rivelatori sin dall'inizio per i “veri credenti” (espressione coniata da Stan Lee e nel film apertamente citata, in quello che è il primo dei camei postumi del grande architetto della Marvel). L'apparizione inattesa (io non sapevo neanche che sarebbe stata presente nel film) di Annette Bening in un doppio ruolo, fa parte di questo gioco di specchi ed è uno degli elementi che probabilmente farà più discutere i fans. Quasi sicuramente per le ragioni sbagliate.

Il problema vero di questo “Captain Marvel” è il tentativo di riassumere tanto lavorando sottotraccia, con il risultato che il film decolla davvero solo quando il racconto ha cominciato a scoprire le sue carte, dando una sensazione di cesura forse troppo netta. Come se si stesse assistendo a due film in uno. La prima parte risulta confusa e soffre di una schematicità che rischia di far sembrare il primo tempo l'episodio pilota di una serie televisiva arrivata fuori tempo massimo. La seconda parte si giova della spinta avuta dai vari twist, ma la ricetta Marvel è tiranna, e la formula matematica che ormai sappiamo a memoria non regalerà nessuna ulteriore sorpresa. La protagonista è carismatica, ma il suo carattere è più descritto che realmente mostrato, e vederla trasfigurarsi nelle sue varie incarnazioni fumettistiche non basta a soddisfare lo spettatore Marvel della primissima ora. Non quelli più stanchi, almeno, e ormai assetati di un linguaggio cinematografico che sia sempre più cinema e meno fumetto, a prescindere dai tributi alle letture passate. E i buchi di trama, le trovate cacciate dentro a forza (una su tutte bella ingombrante) si accettano più per compiacenza con la festa cartoonistica in corso che per suggestione.


Per questo, “Captain Marvel”, pur essendo nel complesso un film gradevole, risulta solo un trait d'union con l'imminente “Avengers: Endgame”, che completerà il puzzle già in parte composto da “Infinity War”. Un interludio, un riscaldamento, in attesa dell'atto finale dello spettacolo generale. Per questo i film Marvel (il termine cinecomic è troppo generico) vanno considerati film molto particolari, e non sono (non possono essere) omologabili con altro cinema. Non si tratta nemmeno di etichettare cinema vero e cinema finto. Si tratta di generi, di regole di gioco e di attitudine a un tipo di intrattenimento (assolutamente non obbligatorio) sotto certi aspetti inedito. Per questo, concluso il grande giocattolo composto da pezzi che si incastrano (più o meno) bene tra loro, e l'arazzo cinematografico che rilegge un media diverso, si potrà fare un passo indietro e contemplare l'opera nel suo insieme. E allora, a mente fredda, magari a distanza di anni e lontani da inutili tifoserie da stadio, dire in che misura lo spettacolo multiplo ha funzionato. I film della fase successiva avranno bisogno di parecchia inventiva e di una discreta capacità di osare, o essere benevoli con questo trend commerciale diventerà davvero difficile.

Se lo consiglio? Diciamo che non lo sconsiglio. E lo faccio per partito preso. Una blogger cinefila che stimo molto ha recensito positivamente “Aquaman” definendo il film di James Wan uno dei più stupidi che abbia mai visto, ma affermando che l'ha tanto divertita proprio grazie alla regia kitsch dello stesso Wan. Personalmente, non ho condivido il suo divertimento, ma riconosco che i motivi per apprezzare un film possono essere vari. E soprattutto nell'ambito dei film “sciocchi” non è neppure il caso di starci a pensare troppo. L'importante è non dimostrarsi più sciocchi dei film facendo partire inutili zuffe o gare di competenze che non esistono. E “Captain Marvel” nel suo marasma, nella sua prevedibilità, un paio di cosette le azzecca. Almeno per i fans Marvel di vecchia data. Per il pubblico generalista, onestamente, non saprei.

P. S. Stavolta nel cinema non è successo niente di insopportabile, in confronto ho affrontato visioni davvero apocalittiche. Rimane il fatto triste che il pubblico in sala si dimostra puntualmente di una maleducazione stratosferica. E il tormentone «Maledettiiiiiiii!» urlato, ha ormai rotto tre quarti di minchia.

giovedì 28 febbraio 2019

Una biblioteca del fumetto a Palermo




Una biblioteca, dedicata soprattutto al fumetto per di più, è un'idea con la quale Palermo ha forse poca confidenza. Eppure oggi esiste, e porta il nome di Salvatore Rizzuto Adelfio, libraio e attivista che ha lasciato un'impronta non indifferente nella storia cittadina. La biblioteca è sorta presso il TMO – Teatro Mediterraneo Occupato, realtà autogestita divenuta in cinque anni di attività uno dei palcoscenici più vivi della nostra città e volta, con questo ulteriore esperimento, allo sviluppo di nuove iniziative culturali. E se il teatro ha bisogno sempre di nuovi spazi e nuova linfa, le biblioteche, magari propositrici di letture meno convenzionali, non meritano minore attenzione.


Qualcuno a Palermo forse ricorderà Altroquando, celebre fumetteria di via Vittorio Emanuele aperta nell'ormai lontano 1991 da Salvatore Rizzuto Adelfio, diventata per anni punto d'incontro di molti creativi, lettori e operatori culturali della città. E se non si ricorda, dovrebbe. Perché tra le mura di quella libreria, frequentata da personaggi del teatro locale come Umberto Cantone e Davide Enia, futuri artisti del fumetto come Sergio Algozzino e Marco Failla, dove si assemblavano collettivi politici che hanno dato vita a numerose associazioni e manifestazioni, tra cui il primo Pride palermitano, si sono scritte più pagine della storia di questa sonnolenta città. Una storia che non vuol saperne di vedere la parola fine, e non si arrende. Infatti, scomparso Salvatore Rizzuto Adelfio, è stato naturale per l'associazione culturale, in cui Altroquando si è evoluto, e il Teatro Mediterraneo Occupato, unire le forze per dare vita a una biblioteca che ne proseguisse idealmente il cammino. 


Due esperienze che si sono incontrate per comunione di intenti e visioni. Allestita nello spazio adiacente al Teatro, la biblioteca nasce da un patrimonio fumettistico e librario posseduto dallo stesso Salvatore e cresciuto in due anni grazie alle numerose donazioni pervenute da tutta Italia. Il progetto principale consiste nella condivisione gratuita delle letture che spaziano dal fumetto di ogni genere alla narrativa, alla saggistica, al teatro e alla poesia. Ma anche nel proporsi come spazio aperto a più iniziative culturali. In due anni, la biblioteca ha già ospitato performance teatrali, presentazioni di libri, laboratori di cinema, lezioni di storia del fumetto per gli studenti dell'Accademia delle Belle Arti e sessioni di casting per spettacoli e film prodotti a Palermo. Il progetto prevede anche la promozione di una forma di teatro di narrazione che trovi proprio nel media fumetto una nuova fucina di spunti, attingendo a opere variegate per produrre esperienze artistiche intermediali, attraverso l'uso del canale Youtube intitolato ad Altroquando e collaborazioni con le nuove generazioni di attori che frequentano i laboratori del Teatro Mediterraneo Occupato. Un'esperienza che apre un orizzonte inconsueto per Palermo, che mette insieme una biblioteca, un Teatro e la controversa passione per il media fumetto. Ma soprattutto la voglia di produrre cultura oltre gli argini stabiliti.  


La biblioteca è aperta tre pomeriggi la settimana, ma può essere visitata anche su appuntamento.

TMO – Teatro Mediterrano Occupato (Via Martin Luther King 6, Padiglione Fiera n. 1)
Pagina Facebook Biblioteca: https://www.facebook.com/biblioSRApalermo/
Sito web TMO – Teatro Mediterraneo Occupato: http://www.tmopalermo.it/



mercoledì 20 febbraio 2019

Biblioteca SRA: Ecco il catalogo online!


C'è voluto un po' di tempo, molto lavoro, alcune scelte pratiche (che possibilmente avranno bisogno di aggiustare il tiro nei tempi lunghi), ma finalmente ce l'abbiamo fatta. La Biblioteca del fumetto Salvatore Rizzuto Adelfio di Palermo ha finalmente un catalogo online che può essere consultato. Per cercare una voce all'interno dell'archivio è sufficiente il classico comando CTRL-F e digitare nella casella che si aprirà il titolo o il nome dell'autore da voi cercato. Il catalogo sarà aggiornato costantemente con i nuovi arrivi a mano a mano che il patrimonio librario andrà crescendo, e potrete consultarlo sulla pagina Facebook della biblioteca e sul sito del TMO - Teatro Mediterraneo Occupato. 


Un ennesimo, enorme grazie a tutti quelli che hanno reso e rendono possibile questo sogno di condivisione, affinché il ricordo di Salvatore Rizzuto Adelfio, e quanto ha fatto per la nostra città non scompaia, e il suo Altroquando, inteso come idea culturale e creativa, continui a esistere nella forma a lui più cara: come condivisione e resistenza culturale.


sabato 16 febbraio 2019

Bruno Ganz 1941 - 2019



Quando Mr. Ripley era Dennis Hopper. E Bruno Ganz... era Bruno Ganz.
L'amico americano
La marchesa Von O
Nosferatu
Il principe di Homburg (teatro televisivo da Henrich Von Kleist)
Il cielo sopra Berlino
Così lontano così vicino
Pane e tulipani
e tanto altro.

... ce ne vuole a ricordarselo solo per "La caduta".

martedì 12 febbraio 2019

Umbrella Academy [di Gerard Way e Gabriel Ba']


C'era una volta una scuola, anzi: un accademia. C'erano una volta i mutanti. Anzi, no: dei bambini nati per virtù di... non si sa bene cosa. C'era uno scienziato telepate... no, era un alieno miliardario in incognito. “Umbrella Academy” è un fumetto di supereroi che non è un fumetto di supereroi. Cioè... lo è. Ma nello stesso tempo no. E... insomma... un casino. Un casino fottutamente divertente. Dalla mente del cantante dei My Chemical Romance e dalla matita di Gabriel Bà, il surreale fumetto (vincitore del premio Eisner) che ha ispirato l'omonima serie Netflix.

lunedì 11 febbraio 2019

Amarcord: L'Isola degli Uomini Pesce (qualcuno ha detto Trench?)

"L'isola degli Uomini Pesce" è un film horror/fantasy italiano del 1978 diretto da Sergio Martino e interpretato, oltre che da Claudio Cassinelli, dal rottamato in terra italica Joseph Cotten, ormai alla fine della carriera, e da Barbara Bach, ancora fresca del successo di pubblico di "La spia che mi amava".
La pellicola è palesemente girata sull'onda del coevo (e fallimentare) "L'isola del dottor Moreau" di Don Taylor, remake poco ispirato del film del 1962 "Island of Lost Souls" diretto da Erle K. Kenton. Qui abbiamo una nave che sta trasportando dei detenuti alla Cayenna che affonda nei pressi di un'isola che non appare sulle mappe. I naufraghi sopravvissuti scoprono un misterioso maneggio che coinvolge un genetista scomparso, un avventuriero cacciatore di tesori nascosti, una macumba che pratica il voodoo, un'affascinante dark lady... e uomini pesce in stile "Il mostro della laguna nera" di Jack Arnold, ma forniti di affilatissimi artigli.
Sorpresa! I pesciuomini sono quel che resta della perduta civiltà di Atlantide mutati e coinvolti loro malgrado in un complotto volto a recuperare i tesori della leggendaria città sprofondata. Niente di nuovo sotto il sole. Praticamente sotto nessun punto di vista. Ma noi ragazzi degli anni 70 ce lo bevemmo al cinema senza troppi perché. Succede. Succedeva. Succede ancora.
Una cosa è sicura. Quentin Tarantino si farebbe la pipì addosso.