Trent'anni, sentirli tutti e andare comunque avanti. Potrebbe essere lo spirito giusto. Anche per Dylan Dog. Una veloce riflessione sulla festa di compleanno organizzata per l'indagatore dell'incubo da Roberto Recchioni e Gigi Cavenago: Mater Dolorosa (No Spoiler).
sabato 8 ottobre 2016
martedì 4 ottobre 2016
Rocket Balloon: Puntata Zero
Ed è fatta! La puntata Zero (possiamo anche definirla Prima puntata, visto che il progetto è ormai approvato e avrà seguito) di Rocket Balloon è andata. Si è parlato tanto anche di Salvatore Rizzuto Adelfio, fondatore di Altroquando, senza il quale questa avventura non sarebbe neppure cominciata. Ho preso nota delle sbavature che mi riguardano e prometto di impegnarmi a migliorare (del resto, in radio sono al debutto). Ora si passa alla produzione della seconda puntata. Ogni primo Martedì del mese su http://runtimeradio.it/. Intanto, eccovi il link al podcast su Spreaker. Sulla pagina trovate anche l'indirizzo email del programma. Se volete rivolgere domande a me o a Giuseppe Saso , se volete partecipare al giochetto nerd che ho proposto alla fine, ci trovate lì. L'avventura è iniziata, e contiamo di rodarci in fretta e fare sempre meglio. Ci sarà sempre un Altroquando.
giovedì 29 settembre 2016
Nasce Rocket Balloon su Runtime Radio
Sta per iniziare una nuova avventura. Diamo il benvenuto a Runtime Radio. Una web radio geek (ma non solo!) dove si apre (tra le altre) un'ulteriore realtà altroquandiana. Rocket Balloon sarà uno spazio in cui Peppe Saso e il sottoscritto parleranno di fumetti e argomenti nerd senza limiti (e magari oltre... verso l'infinito). Il logo ufficiale è stato realizzato da Roberta Miranda (che ringraziamo). Tra pochi giorni si parte su Runtime Radio. Vi invitiamo a bordo per questa nuova avventura. Ci sarà sempre un altroquando. Quindi vi aspettiamo per l'inizio di questa nuova esperienza.
martedì 27 settembre 2016
Le due vite di Frank Carter (Il Maestro di Cera e Prigioniero di Ares)
Frank Carter è tornato.
Due volte.
E per quanto lo storico Bond-Connery
abbia insegnato a tutti che “Si Vive Solo Due Volte”,
Frank sembra avere tutte le intenzioni di tornare anche per un terzo
round (anzi, lo ha già fatto), e magari perdurare finché le energie
degli autori e le attenzioni dei lettori lo supporteranno.
Un riassunto per i neofiti. Frank
Carter nasce come web comic su testi di Carlo Coratelli e per i
disegni di Fortunato Latella nel 2009 sul portale di Shockdom (realtà
editoriale ormai consolidata e fucina di artisti esordienti negli
spazi virtuali) e si “reincarna” in un primo volume cartaceo nel
2012 con il marchio Red Publishing. Le Avventure di una Spia per
caso, pubblicate per la prima volta online con cadenza
quindicinale, si ispirano dichiaratamente alla scuola del fumetto
franco-belga, sia per la scelta grafica della cosiddetta linea
chiara, sia per il tono avventuroso e vagamente retrò delle sue
storie. La matrice del racconto è da cercare nella tradizione della
spy-comedy hollywoodiana, dove un individuo qualunque, senza alcun
addestramento ma pieno di spontanea iniziativa, si trova coinvolto
suo malgrado in intrighi di portata (hitchockiana) internazionale.
Dopo i primi due archi narrativi
(“Equivoco a Casablanca” e “La formula Zolta”)
già raccolti nel primo volume cartaceo, Frank Carter è ancora una
spia, anche se quel “per caso” ormai si è un po' perso per
strada. Infatti, secondo l'antica, ingenua tradizione delle strip
avventurose della golden age, i servizi segreti hanno riconosciuto il
potenziale del nostro uomo qualunque, che adesso può essere
richiamato a collaborare con il governo per operazioni pericolose in
qualunque momento. Ed è questo lo scenario che ci presenta la
seconda trasferta cartacea di Frank Carter nel volume che raccoglie
“Il Maestro di Cera” e “Prigioniero di Ares”.
Lo spirito del fumetto di Coratelli e
Latella (cui subentra Marco Performato nella seconda metà del
volume) rimane invariato. Avventura spensierata e atmosfere
leggerissime che ammiccano alla cultura popolare di un tempo andato,
partendo dal cinema e attraversando i punti cardine della gloriosa
storia delle strisce syndacate. Storie semplici, basate su twist
narrativi calibrati e scanditi appositamente per colpire la fantasia
del lettore con brevi sequenze disegnate che suscitino l'attesa per
il seguito. Avevamo lasciato la coppia di protagonisti con la notizia
della gravidanza di Jill che in questo volume renderà padre Frank di
un bambino che non potrà (feticisticamente) ricevere un nome diverso
da quello della stessa “spia per caso”, con una venatura di amour
fou che insinua un impalpabile sottotesto inquietante nel rapporto,
cartoonesco e spensierato, di questa coppia felice. Felice di
trovarsi in costante pericolo, in quanto dipendenti dall'adrenalina e
geneticamente insofferenti a una vita di banale quotidianità.
Scherzi a parte, l'elementarità delle storie è da dare per scontata
e non può essere intesa come un difetto della serie, a meno che non
s'ignori del tutto il valore di omaggio e l'esercizio di stile
vintage che è carburante dell'intero progetto. Un progetto (che è
anche una sorta di gioco artistico) nato per riproporre stilemi
antichi (vecchio, ormai, è parola dispregiativa) adattandoli
ai mezzi di comunicazione attuali. E nella fattispecie, soprattutto
il web.
Il Maestro di Cera, il primo
ciclo che compone questa seconda escursione di Frank Carter
nell'universo dell'avventura senza frontiere, parte ancora una volta
come spy-comedy, ma attinge soprattutto ad archetipi del cinema
horror della Hollywood più classica (dovrebbe essere inutile citare
“La Maschera di Cera” e i suoi infiniti remake). E
introduce un nuovo villain che sicuramente darà filo da torcere al
protagonista anche in futuro. I riferimenti ai tratti somatici
dell'attore Vincent Price parlano abbastanza chiaro. Frank Carter
potrà anche essere una spia per caso, ma è un cocktail di cultura
pop organizzato e fortemente voluto. Rigorosamente analcolico, per
essere alla portata di chiunque. Da consumare in bicchieri piccoli e
da buttare giù d'un fiato, godendo di quel velocissimo brivido che
un salto nel passato (e tra diversi mondi dell'immaginario legato
all'intrattenimento) riesce a suscitare, specialmente a chi ancora
possiede il senso della storia.
Nel secondo ciclo qui presentato in
cartaceo, “Prigioniero di Ares”, assistiamo al passaggio
di testimone da Fortunato Latella a Marco Perforato. La cifra
artistica resta omogenea, e il lavoro di Perforato non produce nessun
trauma, restando perfettamente aderente allo spirito del racconto e
alla scelta di stile che fa da base al progetto. Qui assistiamo a un
nuovo scontro diretto dell'ormai rodata spia-non-più-tanto-per-caso
e quella che si è già connotata come la sua nemesi, e cioè
l'organizzazione criminale che si fa chiamare Ares. Se nel capitolo
precedente, Coratelli e Latella si sono divertiti a giocare con gli
archetipi dell'horror classico, qui abbiamo un'escursione nel
territorio immarcescibile delle “escape adventures”, le storie di
evasione. La ricetta non cambia. Un'iniezione di leggerezza (e un
ritmo sostenuto) permettono di narrare anche episodi di violenza e
risvolti drammatici senza che il lettore sia costretto a prenderli
necessariamente sul serio. Riducendo il tutto all'osso della
narrazione avventurosa, dove il sangue, le lacrime, la morte, non
sono reali shock, ma semplici passi di una danza che per essere
eseguita ed essere piacevole non possono essere esclusi. Quel che
conta è l'intrattenimento e la confezione globale. L'origami
completo alla fine di un certosino lavoro di piegatura.
C'è da chiedersi se, a prescindere
dalle intenzioni di partenza, Frank Carter non abbia finito con lo
sconfinare, e da iniziativa volta a recuperare atmosfere ed emozioni
deliziosamente vintage, non si stia progressivamente trasformando in
un esperimento di minimalismo fumettistico, che attinge e sintetizza
in forma essenziale un po' tutti i topos dell'immaginario legato
all'intrattenimento. Una chiave di lettura interessante, che ci fa
chiedere come evolverà ulteriormente la serie.
Se il primo volume cartaceo, con il
marchio Red Publishing, era il risultato di un crowdfunding riuscito,
questo secondo avvento odoroso di tipografia ha avuto un parto più
travagliato ed è reperibile direttamente su ebay. Cosa che fa porre
qualche domanda. Nel frattempo, la spia-non-più-per-caso continua a
correre e a rischiare la pelle sul web, ed è lecito chiedersi se la
somministrazione periodica delle sue avventure in modiche quantità,
concise e accattivanti come caramelle dal sapore proustiano, non
rimanga il suo format per eccellenza. La professionalità è
indubbia, la qualità della confezione anche. Ma il passaggio su
carta e la lettura d'un fiato potrebbe (e il condizionale qui è
d'obbligo) smorzare nel corso del tempo una parte del suo carisma
gioviale e scattante, così legato al revival di un piacere che fu. A
meno che qualcosa nella formula non cambi rotta, e Frank Carter (che
ormai è un avventuriero a tutti gli effetti) non osi di più. Magari
rischiando il collo sul serio (sul piano artistico e commerciale) con
una progressiva maturazione che possa portarlo a un livello
successivo, in grado da reggere la strada ancora da percorrere tanto
sul web che sulla carta stampata. Ricordiamo che serie televisive
diventate di culto, come Buffy del non ancora famosissimo Josh
Whedon, hanno iniziato in termini di grande leggerezza per poi
evolvere in saghe più complesse, dai dialoghi densi e dai colpi di
scena devastanti. Pertanto, chi può dire cosa ne sarà di Frank e
Jill Carter?
lunedì 26 settembre 2016
Altroquando vende i suoi cd musicali
Altroquando vende i suoi cd musicali. Questa è una prima infornata. Tutti i cd sono i condizioni perfette. Le condizioni delle singole confezioni sono tra il buono e l'ottimo. I prezzi tra i 5 e i 10 euro. Rivolgersi a Filippo Messina: altroquandopalermo@gmail.com
99 Posse - Curre Curre Guagliò (CD Doppio, Album) € 7 (+ Spedizione eventuale)
99 Posse - Cerco Tiempo (CD, Album) € 10 (+ Spedizione eventuale)
99 Posse – La Vida Que Vendrà (CD, Album) € 8 (+ Spedizione eventuale)
99 Posse – Corto Circuito (CD, Album) € 7 (+ Spedizione eventuale)
Bisca99Posse – Guai A Chi Ci Tocca (CD, Album) € 8 (+ Spedizione eventuale)
Bisca99Posse – Incredibile Opposizione Tour (CD, Album) € 10 (+ Spedizione eventuale)
Bisca – Altrove (CD, Album) € 7 (+ Spedizione eventuale)
Almamegretta – Fattallà (CD, album) € 5 (+ Spedizione eventuale)
Almamegretta – Indubb (CD, Album) € 7 (+ Spedizione eventuale)
Agricantus – Tuareg (CD, Album) € 7 (+ Spedizione eventuale)
Agricantus – Kaleidos (CD, Album) € 7 (+ Spedizione eventuale)
Agricantus – Ethnosphere (CD doppio, Album) (+ Spedizione eventuale)
[VENDUTO] Avion Travel– Oppla' (CD, Album) € 7 (+ Spedizione eventuale)
[VENDUTO] Avion Travel – Selezione 1990/2000 (CD, Album) € 5 (+ Spedizione eventuale)
Laurie Anderson – Bright Red (CD, album) € 5 (+ Spedizione eventuale)
Kate Bush - The Sensual World (CD, Album) € 5 (+ Spedizione eventuale)
Kate Bush - Lionheart (CD, Album) € 5 (+ Spedizione eventuale)
99 Posse - Cerco Tiempo (CD, Album) € 10 (+ Spedizione eventuale)
99 Posse – La Vida Que Vendrà (CD, Album) € 8 (+ Spedizione eventuale)
99 Posse – Corto Circuito (CD, Album) € 7 (+ Spedizione eventuale)
Bisca99Posse – Guai A Chi Ci Tocca (CD, Album) € 8 (+ Spedizione eventuale)
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Bisca – Altrove (CD, Album) € 7 (+ Spedizione eventuale)
Almamegretta – Fattallà (CD, album) € 5 (+ Spedizione eventuale)
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Laurie Anderson – Bright Red (CD, album) € 5 (+ Spedizione eventuale)
Kate Bush - The Sensual World (CD, Album) € 5 (+ Spedizione eventuale)
Kate Bush - Lionheart (CD, Album) € 5 (+ Spedizione eventuale)
giovedì 22 settembre 2016
Fumetti in soffitta: «Jesus! Koko... ma sei un Coyote!»
Correva il 1976, e chi era adolescente
in quel periodo (come il sottoscritto) attraversava una
trasformazione che andava oltre la pubertà. Stiamo parlando di una
trasformazione “fumettistica”, che metteva in atto una
metamorfosi del gusto dell'intrattenimento (anche se si rivelò
essere una transizione solo temporanea), facendo “evolvere” i
bambocci affascinati dai supereroi (erano i primi, floridissimi anni
della Marvel in Italia grazie all'editoriale Corno) in appassionati
di più tradizionali (si fa per dire) avventure western. Insomma,
dalla Corno si passava alla Bonelli (che ancora si chiamava
editoriale Cepim). Il personaggio di Zagor risultava un
ottimo spartiacque. Offriva praticamente un effetto metadone, in
quanto era un eroe che agiva nel west, interagendo con pellerrossa e
pistoleri, ma era di fatto un supereroe. Un ibrido di Tarzan e
Phantom (ma noi lo conoscevamo ancora come “L'Uomo
Mascherato”) cui era stata shakerata altra roba. Aveva persino
un costume, e come tutti gli eroi super girava così conciato per le
strade senza che nessuno gli fischiasse dietro (anche perché se no
erano cazzottoni alla Bud Spencer... che però suonavano in modo
imbarazzante, con l'onomatopea SMACK). Poi arrivava l'immarcescibile
Tex, più canonico (e troppo serio già allora). La Collana
Rodeo, albo antologico che conteneva una vera cornucopia di
serie: Storia del West, La Pattuglia dei Bufali, I Tre Bill. I
recuperi d'annata per la stessa casa editrice, come Un ragazzo nel
Far West (una delle prime opere del giovane Bonelli-Nolitta), e il
Piccolo Ranger, il Comandante Mark... Mister No era arrivato
da pochissimo, non era un western e l'ambientazione amazzonica faceva
ancora strano. Non parliamo dei personaggi con l'allitterazione nel
nome (Martin Mystere, Dylan Dog, Nathan Never) che erano
ancora lontanissimi.
Be', noi ragazzetti di quel periodo
eravamo affamati di west e di avventura tradizionale. Per qualche
motivo (probabilmente legato agli ormoni) le calzamaglie dei
supereroi ci apparivano troppo infantili, e il nostro immaginario si
rifugiava in qualcosa di (apparentemente) serio e cazzuto come le
storie di frontiera dove fumavano le canne delle colt. Ancora meglio,
però, quando in queste sconfinavano elementi neogotici e fantastici
(si veda la saga di Zagor contro il vampiro o le escursioni di Tex nella stregonerie con Mefisto e tutta la sua progenie).
A parte i Bonelli (che, ricordiamo, non
si chiamavano così. Dal momento che la casa editrice cambiò nome
più volte. Daim, Cepim... ma tanto eravamo piccoli e all'epoca
nessuno ci faceva caso), iniziavano a sbucare nelle edicole tutta una
serie di prodotti epigoni di quelli che ai tempi erano considerati
pezzi da novanta. Titoli che oggi chiamiamo (pensa un po')
“bonellidi”. Giusto per dire che il formato (più del contenuto)
della casa editrice di Tex Willer aveva proprio fatto scuola
nell'industria di quella che all'epoca, nel nostro paese, non era
contata neppure nona tra le arti. Alcuni tra questi furono pubblicati
dal gruppo editoriale Geis, dove aveva le mani in pasta Renzo
Barbieri, il signore che ha legato il suo nome alla lunga stagione
del fumetto erotico italiano (ops! Ai tempi, noi sbarbati li
chiamavano “giornaletti di donne nude”), ma che ha dato molto
anche alle avventure di frontiera. Tra questi, un ricordo molto forte
lo ha sicuramente lasciato il Coyote, un oscuro personaggio
western, disegnato da Pietro Gamba. Oscuro perché (per i tempi, eh!)
le sue avventure erano toste assai e politicamente scorrettissime.
Mettiamola così. Il protagonista, chiamato con il nome di battaglia
(preso in prestito da un collega di oltreoceano) di Coyote e una
maschera ricavata da una pelle di lupo (come il marvelliano Red
Wolf prima di lui) era stato scotennato dagli indiani ed era
sopravvissuto.
Come? Non aveva importanza. La sua leggenda raccontava
che durante un assalto di pellerrossa lui si era finto morto, e aveva
continuato a farlo anche mentre gli strappavano il cuoio capelluto...
come si diceva facesse il vero coyote (e io mi sono sempre chiesto
chi si era preso la briga di scuoiare un canide selvatico per
verificare se in quell'occasione si fingeva morto). Ad ogni modo...
il signore ne esce vivo, ma calvo e affascinante come un giovane Yul
Brinner nei Magnifici Sette (non deturpato come avrebbe dovuto
essere, ma liscio e lucido come una palla di biliardo) e anche un
tantino incazzato. Insomma, da quel momento i nativi americani
(pardon, gli indiani, che ancora si chiamavano così) gli stanno sul
culo (sai, gli hanno rovinato la pettinatura!) e quindi ha giurato
che ne scotennerà almeno mille, perché tanto valeva il suo scalpo.
Insomma, un folle maniaco. Tra l'altro pistolero imbattibile. Un
serial killer di pellerrossa che casualmente si trova coinvolto anche
in intrighi di fuorilegge che poco c'entrano con la sua maniacale
vendetta. C'è anche una procace e tostissima donna bionda,
imparentata con gente che lui ha fatto fuori, che lo odia e fa di
tutto per ucciderlo. Insomma, dovrebbe essere la villain della
storia, ma i due si sbaciucchiano e ne viene fuori un rapporto simile
a quello tra Batman e Catwoman. Balordo, violento, e sotto molti
aspetti (non sono il primo a dirlo) antesignano di antieroi
psicopatici come The Punisher (ma il Punisher E' un
personaggio western, in fondo! Vogliamo capirlo?!), la serie del
Coyote durò una manciata di numeri (8 in tutto), ma rimasero
impressi nella memoria dei bimbetti del tempo. Ragazzotti che
cercavano di sfuggire alle spire dell'idea supereroistica, ma che ne
erano in realtà completamente soggiogati.
Un'altra creatura della Geis che
riprendeva il formato bonelliano e i temi di frontiera che fecero la
fortuna della casa editrice milanese, fu il personaggio creato da Ennio
e Vladimiro Missaglia (fratelli, sceneggiatore e disegnatore
nell'ordine) chiamato Jesus. Sì, avete capito bene. In
teoria, suppongo, che il nome andrebbe pronunciato alla spagnola e
quindi Heeesùs... (che poi è un nome maschile
di uso comune in Messico, solo che il personaggio era più biondo di
Ursula Andress) o all'inglese Giiiiisus. Ma noi pischelli dei
70 lo chiamavamo semplicemente “Ièsus”. La caratteristica
di questo avventuriero molto bravo con le pistole era un look che
c'entrava con il vecchio west (Pirandello insegna) come Pilato nel
Credo. Infatti portava una fluente capigliatura biondo oro sciolta
sulle spalle, indossava un gilet a frange sul torso nudo, collane,
bracciali e persino pantaloni a zampa di elefante (sic!). Insomma,
era un freakettone che girava per il west, aveva un rapporto di
vecchia amicizia con gli indiani Arrapaho (che ancora non avevano
subito lo sputtanamento mediatica degli Squallor) e flirtava
con una bella squaw chiamata Occhio d'Anitra (nome normalissimo per
una donna nativa americana, ma che all'epoca a noi faceva un po'
ridere). Questo Jesus (che in una successiva ristampa fu
ribattezzato con un più laico Colt, forse per paura di un
boicottaggio da parte dell'autorità cattolica non proprio incline a
porgere l'altra guancia, o forse solo per una perdita della capacità
di osare) iniziava la sua storia come una sorta di Conte di
Montecristo di frontiera. Era stato condannato ingiustamente al
carcere duro a seguito di un complotto, e una volta evaso inizia la
sua regolare vendetta. Jesus era un western per certi versi
canonico, per altri spiazzante dal punto di vista estetico,
soprattutto per lo strampalato protagonista, che comunque aveva
carisma da vendere. Anche la sua corsa durò poco. Oddio (e qui ci
sta) volendo più di altri, visto che riuscì a superare la ventina
di uscite. Un vero record per i suoi tempi. E il suo effimero ritorno
negli anni 90 (un'apparizione molto più breve dell'edizione
originale) fu sotto il più scontato dei nomi che un fumetto western
potesse avere.
Che dire al riguardo? Un pistolero
vestito come un hippy che si chiama Jesus? Be', erano gli anni
settanta, in fondo, e si potevano fare cose oggi impensabili.
Compreso vivere il kitsch come innovazione. Se nel film fotocopia (ma
in realtà visivamente molto più trasgressivo) de L'Esorcista
di William Friedkin, intitolato L'Anticristo (diretto da
Alberto De Martino) veniva mostrata un'allucinazione della posseduta
Carla Gravina che vede un santino raffigurante un Cristo che le
mostra un'enorme erezione senza che la cosa scatenasse neanche la
metà del finimondo innescato da L'ultima tentazione di Cristo
di Martin Scorsese... i fumetti popolari godevano di una parallela,
relativa libertà trash. Pellicole come Soldato Blu di Ralph
Nelson erano vietate ai minori, e avevano per i più giovani la
stessa aura maledetta di certi horror interdetti ai piccoli
spettatori. Tempo per capire che i nativi americani erano un popolo
vessato e violato dall'uomo bianco, ne sarebbe dovuto passare ancora
parecchio. E il Coyote, con la sua zucca pelata ma fascinosa,
poteva sventrare (e scotennare) i “musi rossi” come se fossero
stati un mucchio di anonimi vaganti in The Walking Dead senza
che la cosa suscitasse nel lettore nessun dubbio di natura etica,
storica e politica. Eravamo ingenui, ma anche più disponibili al
divertimento e alla meraviglia.
Nello stesso periodo, sempre dalle
edizioni Geis, esce Koko (ebbene sì, faceva ridere anche
allora. Provate oggi ad andare dall'edicolante e chiedere “E'
uscito Koko?”). Stavolta non si trattava di un western, ma di un
avventuroso esotico. Gli stilemi di casa Bonelli (che... uff... non
si chiamava ancora così) la facevano anche qui da padroni. Stesso
formato, stessa foliazione, stesso bianco e nero. La matrice,
stavolta, era in parte zagoriana. Koko era ambientato nel continente
nero, e il personaggio era una sorta di protettore del patrimonio
ecologico (l'eroe era rigorosamente di razza bianca, eh!). Ai testi
c'era Rubino Ventura (che si era fatto le ossa sui fumetti
sporcaccioni accanto a Leone Frollo) e ai disegni nientemeno che
Stelio Fenzo, vecchio leone del Vittorioso, collaboratore e
continuatore di opere di Hugo Pratt e anche lui a bordo della
corazzata di Renzo Barbieri come creatore assoluto di Jungla
(e si parlava sempre di donnine e donnone nudine). Koko era un
eroe ecologista con una patina alla Zagor, ma l'atteggiamento
paternalistico nei confronti dei nativi del luogo era molto smorzato
rispetto a quello del più celebre Spirito con la Scure. Inoltre non
si fingeva una divinità. Era più buffo (anche fisicamente), più
cialtrone, e aveva come compagna di avventure una buonissima leonessa
di nome Ly, ovviamente ingelosita dalla fidanzatina esploratrice di
turno. Un punto debole delle avventure, comunque godibili di Koko,
era l'invereconda ripetitività di certi meccanismi narrativi.
Per
ben due episodi di seguito, il protagonista si sottrae a una trappola
mortale che sotto alcuni aspetti anticipa quella di Indiana Jones ne
I Predatori dell'Arca Perduta. La prima volta è una fossa
piena di scolopendre velenose, la seconda è una caverna gremita
proprio di aspidi. In entrambi i casi, l'espediente di fuga era lo
stesso. Nel primo, si cosparge di una lozione contro le punture delle
zanzare che puzza come cento diavoli (gliel'aveva donata la sua
amorosa Vanessa... che evidentemente non ne aveva mai fatto uso) per
allontanare le bestiacce. Nel secondo, scopre da solo una pozza di
guano di pipistrello e ci si fa letteralmente il bagno (così noi
pischelli imparammo che per non farsi mordere dai serpenti bisognava
fare un bagno nella merda). Insomma, l'arma principale di Koko era la
puzza (ditemi voi se un fumetto simile non è indimenticabile!). Koko
durò circa una decina di albi (il decorso di queste influenze
fumettistiche anni 70 era più o meno questo) e oggi è finito nel
dimenticatoio come tutti gli altri, salvo che per il settore dei
collezionisti.
Ricordare oggi questi piccoli passi
editoriali, che hanno lasciato un'impronta nei ricordi di alcuni di
noi, ci fa riflettere anche sul cinema di genere italiano, allora in
auge e oggi completamente scomparso a beneficio di cinepanettoni e
affini. Come al cinema, nel fumetto, esisteva una cultura bis, una
tradizione dell'imitazione che in qualche modo poteva generare anche
piccole gemme. Certo, erano altri tempi, e le esigenze erano diverse.
E suonerà pure come una bestemmia per molti... Ma io ricordo con
tanta nostalgia Jesus, tanto strampalato da essere ipnotico,
molto più dell'inossidabile Tex.
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C'è un procione che bolle in pentola. Ma tranquilli. Ne uscirà bello vispo e saltellante (almeno spero).
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